Il sipario del ventunesimo libro dell’Iliade si alza su una scena spettacolare: Achille ha diviso in due l’esercito troiano e ne insegue la metà che sta fuggendo per la pianura, mentre l’altra si getta scompostamente nelle acque del fiume Xanto, come cavallette che saltano in acqua quando divampa un incendio. Achille ne fa strage e in un momento di pausa sceglie dodici giovani che fa prigionieri per sacrificarli in onore di Patroclo. Poi il poeta introduce la figura di Licaone, figlio di Priamo e fratello di Polidoro, per raccontarne la terribile sorte: il giovane infatti era già stato catturato in precedenza da Achille e da lui venduto nell’isola di Lemno, dove era stato riscattato da un amico del padre. Da pochissimi giorni era rientrato a Troia e – ahilui! – il destino poneva di nuovo sulla sua strada il figlio di Peleo! La scena si fa molto patetica e drammatica: Achille trova Licaone disarmato e questi gli si getta ai piedi, stringendogli le ginocchia in atto di supplice nel tentativo di muoverlo a pietà perché gli risparmi, per la seconda volta, la vita. Ma invano. Il giovane sottolinea il particolare di avere una madre diversa da quella di Ettore, pur avendo in comune con lui lo stesso padre, Achille però lo gela rispondendogli che dopo la morte di Patroclo non può conoscere pietà per nessun troiano: sono tutti ugualmente colpevoli della morte del suo amico e tutti pagheranno con la vita. Subito lo uccide a sangue freddo e poi lo trascina nel fiume, schernendolo ormai cadavere:
Giaci laggiù con i pesci
che tranquilli ti leccheranno il sangue dalla ferita.
E non ti piangerà tua madre, disteso sul letto di morte,
ma ti porterà via lo Scamandro vorticoso
fino alla vasta distesa del mare,
e con un salto balzerà fuori dalla schiuma di un’onda scura
un pesce che roderà il bianco grasso del corpo di Licaone(vv. 120-127).
Poi Achille sfida Asteropeo, figlio di Pelegone, e nipote di Assio “il più bel fiume della terra”. Uccide anche lui e anche lui deride ormai privo di vita, per poi passare alla strage dei suoi compagni venuti con lui dalla Peonia. Lo Scamandro però si adira con lui e gli chiede di allontanarsi dalle sue sponde se pur vuole continuare a uccidere i Troiani.
Poi gonfia le sue acque contro di lui e tenta di sommergerlo, provocando la tipica reazione di stizza di Achille che si lamenta con Zeus per la propria sorte di eroe destinato a un’imminente morte in cambio di una gloria che stenta ad arrivare. Poseidone e Atena assumono figure umane per rincuorarlo, rivelandosi subito come divinità.
Achille torna verso la pianura, tutta ricoperta delle acque del fiume che era straripato. Lo Scamandro chiama in suo aiuto il fratello Simoenta e di nuovo si gonfia minaccioso contro l’eroe, ma interviene Era che esorta Efesto a provocare un incendio che distrugga i Troiani. Il fuoco asciuga tutta la pianura e brucia i cadaveri dei caduti in guerra. I versi che seguono illuminano una scena apocalittica e sono i più belli del libro (li riporto dunque più sotto).
Lo Scamandro si arrende alla forza di Efesto e chiede pietà a Era che fa desistere il figlio, mentre gli altri dei si scontrano con veemenza tra loro. Ares ingiuria Atena e tenta di percuoterla, ma è lei a colpirlo alla gola facendolo cadere. Poi aggredisce Afrodite che stava portando in salvo il dio della guerra.
Dal canto suo Poseidone vuole attaccare lite con Apollo, ma questi mantiene un profilo basso e non gli dà soddisfazione “perché aveva paura di venire alle mani col fratello di suo padre”, beccandosi però gli improperi di sua sorella Artemide. Era però rimette quest’ultima al suo posto in modo molto spiccio, percuotendola sulle orecchie con il suo stesso arco.
Intanto Achille continua nella sua strage di Troiani, sotto lo sguardo di Priamo in cima alla torre di Troia. Apollo infonde coraggio ad Agenore che sfida il Pelide e ha il buon gusto di non lasciarlo alla sua mercé quando fallisce il colpo, ma lo nasconde in una fitta nebbia per sottrarlo alla morte certa. Poi ne prende le sembianze e si fa rincorrere per tutta la pianura da Achille, senza dargli la soddisfazione di raggiungerlo!
Saul Stucchi
I versi più belli:
Bruciavano gli olmi, i salici e le tamerici,
bruciavano il trifoglio, la menta e il giunco,
che nascevano folti accanto alle acque limpide del fiume,
morivano le anguille e i pesci
che guizzavano qua e là tra i vortici e le belle correnti del fiume,
soffocati dalla vampa dell’ingegnoso Efesto.
Il fiume stesso bruciava…(XXI, 350-356).
Didascalia:
Auguste Couder (1789-1873)
L’Acqua, o la Lotta di Achille contro lo Scamandro e il Simoenta (1819)
Museo del Louvre, Parigi
© Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons
L’immagine è presa da Wikipedia
Omero
ILIADE
Traduzione di Dora Marinari
Commento di Giulia Capo
Prefazione di Eva Cantarella
Con testo greco a piè di pagina
La Lepre Edizioni
2010, pp. 1074, 28 €
www.lalepreedizioni.com