La parola Egitto suscita immediatamente una serie di associazioni entrate da tempo nella cultura comune. Vengono alla mente le piramidi, il Nilo, il tesoro di Tutankhamon, il fascino di Cleopatra, i templi millenari eretti per il culto di una pletora di dei.
La religione egizia pare costituire un binomio inscindibile col politeismo, ma in realtà nella sua lunghissima storia c’è un’eccezione particolarmente importante. Al faraone che ha introdotto e imposto il monoteismo del disco solare, Aton, è dedicata la bella mostra in corso al Museo di Arte e Storia di Ginevra.
Protagonista dell’esposizione è Akhenaton, che prese la doppia corona dell’Alto e del Basso Egitto attorno al 1350 avanti Cristo, salendo al trono col nome di Amenofi IV.
Già nei primi anni di regno manifestò una predilezione per il culto di un dio in particolare, Re-Horakty, rappresentato sotto forma di falcone. Durante il quarto anno si registrò una svolta radicale, con l’introduzione di un unico dio, raffigurato come disco solare che emana raggi terminanti in mani apportatrici di vita. Ecco perché Akhenaton si è meritato la definizione di primo monoteista della storia e contemporaneamente di faraone eretico.
La sua riforma religiosa è stata fondamentale non tanto per la storia egiziana, dato che alla sua morte il potente clero tebano ha imposto l’immediato ritorno all’ortodossia politeistica, quanto piuttosto per la cultura europea (ma sarebbe più corretto dire mondiale).
Due giganti del calibro di Sigmund Freud e Thomas Mann hanno infatti individuato in Akhenaton una figura centrale per le loro rispettive ricerche. Freud è arrivato a proporre l’identificazione di Mosè con il faraone del disco solare, mentre Mann lo sceglie come interlocutore del giovane Giuseppe nella sua celebre tetralogia dedicata al figlio di Giacobbe.
Rileggiamone un passo (dalla traduzione di Bruno Arzeni per i Meridiani di Mondadori):
Nel descrivere il suo volto sotto la rotonda parrucca azzurra con il serpente regale che egli in quel giorno portava sopra la calotta di lino, non dobbiamo lasciarci sgomentare dai millenni e temere di paragonare il suo volto a quello di un giovane aristocratico inglese dei nostri tempi, di una schiatta ormai sfiorita: lungo, estenuato, altezzoso, il mento molto pronunciato, quindi per nulla sfuggente e tuttavia privo di forza, il naso dalla sella sottile e un po’ appiattita […] e gli occhi velati, profondamente sognanti, dai quali non poteva sollevare del tutto le palpebre, e il cui languore stava in impressionante contrasto con le labbra molto piene, rosse non per belletto ma morbosamente accese per natura.
Il fascino inquietante di questo faraone a cui i primi egittologi diedero un’identità femminile, tanto erano sgomenti di fronte alle sue fattezze tutt’altro che nascoste, anzi ben evidenziate dagli artisti sotto sue precise direttive. Un’altra rivoluzione, questa. Tutta artistica, ma non meno importante di quella religiosa. I reperti dell’epoca amarniana, così chiamata dal nome del villaggio moderno sorto nei pressi dell’antica capitale creata ex novo da Akhenaton, sono immediatamente riconoscibili per l’originale “verismo” con cui venivano rappresentati i particolari fisici delle persone, a cominciare proprio dai componenti della famiglia reale. Il faraone è raffigurato con il ventre flaccido, con il mento molto pronunciato e le labbra carnose.
La mostra non espone reperti particolarmente eclatanti: mancano per esempio il celeberrimo busto di Nefertiti (la “regina di Berlino”) o le grandi statue conservate al Museo Egizio del Cairo e al Louvre; tuttavia il materiale presente – proveniente da prestigiose collezioni, come il Museo dell’Antichità di Basilea e l’Egizio di Torino – fornisce un panorama interessante e completo di questo periodo della XVIII dinastia.
[codice-adsense-float]Il percorso si apre con il padre di Akhenaton, Amenofi III, per passare all’infanzia del futuro faraone che salirà al trono probabilmente per la prematura morte di un fratello maggiore.
Nelle teche pezzi di fattura molto elegante testimoniano il lusso e il fasto della vita di corte. Alcuni frammenti rivelano la bellezza della regina Nefertiti e il grado di intimità con il suo sposo e le sei figlie avute dalla loro unione. Una sezione è dedicata alla nuova capitale Akhetaton (Orizzonte di Aton), fatta costruire ex novo Akhenaton per prendere le distanze da Tebe.

In pochi anni sorsero numerosi edifici, pubblici e religiosi, grazie a una innovativa tecnica di costruzione basata sull’impiego di mattoni di dimensioni compatte, chiamati talatat. Ciascuno pesava circa 50 chilogrammi, ovvero il peso trasportabile da un singolo operaio. Per ironia della storia, gran parte di questo materiale edilizio venne riutilizzato qualche decennio dopo per costruire templi in onore degli dei tradizionali.
Come Akhenaton aveva imposto la cancellazione del nome degli antichi dei su monumenti e documenti ufficiali, così alla sua morte i successori lo condannarono a una severa damnatio memoriae che ha risparmiato pochissime testimonianze. Meritano una speciale segnalazione i due interessanti video trasmessi in una saletta che fa da cerniera tra due ali del museo.
Il primo mostra la tecnica di costruzione dei talatat, mentre il secondo è una ricostruzione con computer grafica della capitale Akhetaton, una sorta di “Città del Sole” ante litteram, un’utopia diventata, anche se per pochi anni, realtà. Chiude il percorso espositivo la sezione dedicata al turbolento periodo dei diretti successori di Akhenaton.
Saul Stucchi
Akhénaton et Néfertiti
Soleil et ombres des pharaons
Fino al primo febbraio 2009
Museo d’Arte e di Storia
Rue Charles-Galland 2
Ginevra (Svizzera)
Orari: tutti i giorni 10.00-17.00; lunedì chiuso
Ingresso mostra: intero 5,00 CHF; ridotto 3,00 CHF
Ingresso gratuito alle collezioni permanenti
Informazioni:
www.ville-ge.ch/mah
La mostra verrà allestita a Palazzo Bricherasio, a Torino, a partire dal 27 febbraio 2009
Didascalie:
- Modello di scultura: teste di Akhenaton e Nefertiti (?) e mani
Calcare; altezza 15,3 cm, larghezza 18,4 cm
Amarna, scavi 1891-1892 (antica collezione Amherst)
XVIII dinastia, regno di Akhenaton, 1350 a.C. ca
Bruxelles, Musées Royaux d’Art et d’Histoire
© Musées Royaux d’Art et d’Histoire, Bruxelles - Frammento di statuetta: ritratto del re Akhenaton con corona blu
Calcare policromo; altezza 10 cm
Provenienza sconosciuta (antica collezione Drovetti)
XVIII dinastia, regno di Akhenaton, 1350 a.C. ca
Torinon, Museo Egizio
© Fondazione Museo delle Antichità Egizie, Torino - Applique: profilo del re Akhenaton o della regina Nefertiti
Quarzite rossa, tracce di colori; altezza 11,8 cm
Provenienza: Amarna, tempio grande, scavi 1932
XVIII dinastia, regno di Akhenaton, 1350 a.C. ca
New York, Brooklyn Museum
© Brooklyn Museum - Stele frammentaria: Akhenaton e Nefertiti in intimità sotto i raggi solari
Calcare, tracce di policromia; altezza 12 cm
Provenienza sconosciuta, probabilmente Amarna
XVIII dinastia, regno di Akhenaton, 1350 a.C. ca
Berlino, Ägyptisches Museum und Papyrussammlung
© Staatliche Museen zu Berlin, Preußischer Kulturbesitz, photo: Jürgen Liepe - Talatat: scena naturalista raffigurante un contadino e una capra
Calcare; altezza 23,3 cm, lunghezza 54 cm
Provenienza sconosciuta, probabilmente dal sud di Amarna
XVIII dinastia, regno di Akhenaton, 1350 a.C. ca
New York, Brooklyn Museum
© Brooklyn Museum