C’è traffico lungo la Chaussée de Bruxelles, da e verso la capitale del Belgio. Le auto passano davanti al numero civico 147 senza che guidatori e passeggeri degnino l’edificio di un’occhiata. Eppure siamo a Waterloo e lì ha sede il Musée Wellington, intitolato all’uomo che il 18 giugno 1815 gettò le fondamenta per il successivo secolo della storia d’Europa, sconfiggendo definitivamente Napoleone (what if…). Erano trascorsi tre mesi dal rientro dell’imperatore a Parigi, il 20 marzo, e quel breve, ma intenso, periodo è passato agli annali come i Cento Giorni.
Nell’esilio a Sant’Elena, come sempre “adattando” (o deformando) la verità a suo vantaggio, Napoleone dettò al fedele de Las Cases la sua personalissima lettura della battaglia di Waterloo: “Singolare sconfitta, in cui, nonostante la più orribile catastrofe, la gloria del vinto non ha sofferto affatto, né quella del vincitore si è accresciuta. La memoria dell’uno sopravviverà alla sua distruzione, quella dell’altro resterà forse seppellita nel suo stesso trionfo!…”. Beh, a due secoli di distanza possiamo ammettere che Napoleone rimane ancora più celebre di Wellington, tuttavia quest’ultimo è tutt’altro che dimenticato. Anzi, in patria si stanno preparando a celebrarlo con tutti gli onori. La sua casa a Londra, Apsley House o più enfaticamente “Number One London”, è attualmente chiusa per ultimare i preparativi in vista della riapertura primaverile, mentre la National Gallery Portrait dedicherà al duca la mostra Wellington: Triumphs, Politics and Passions (visitabile dal 12 marzo al 7 giugno). Lo stesso Musée Wellington ha in programma una mostra, intitolata Shared Destinies, “Destini incrociati”, che aprirà i battenti il prossimo 21 marzo.
Ma torniamo al centro della cittadina di Waterloo. Di fronte al Museo sorge la chiesetta di San Giuseppe. È bene iniziare da qui la visita: un memento mori per non dimenticare che la guerra fa male, anche se può essere bella, con buona pace del Generale di Francesco De Gregori. Al suo interno sono conservate alcune lapidi; una, di forma triangolare, fu eretta dal colonnello sir Philip Belson in memoria dei compagni caduti nelle battaglie di Quatre Bras e Waterloo. Il testo si chiude con un verso dal VI libro dell’Eneide di Virgilio: Hic manus ob patriam pugnando vulnera passi, ovvero “qui, a schiera, coloro che patirono ferite combattendo per la patria”. Al di là della reminiscenza classica, il messaggio è chiaro: i caduti nelle guerre napoleoniche si meritano il paradiso per aver combattuto contro il Male, incarnato dall’usurpatore còrso.
Il Museo ha sede nell’edificio che ospitò il quartier generale di Wellington. Costruito all’inizio del XVIII secolo come abitazione di un ricco commerciante, era stato trasformato in albergo nel 1787. Dietro il cancello in ferro con la data del 1815 sta a guardia il cannone “la Suffisante”, fabbricato a Douai, in Francia, nel 1813. Probabilmente fece il suo dovere il giorno della battaglia, scagliando contro i nemici palle di quasi tre chilogrammi l’una, ma i Francesi dovettero abbandonarlo sul campo e il cannone andò a rimpinguare il bottino di guerra dei vincitori.
Le sale espongono documenti originali, reperti della battaglia, cartine e schemi che consentono di farsi un’idea (per quanto possibile!) della battaglia. Un foglio di carta ingiallita è la pagina del Times del 22 giugno 1815 che riporta – tre giorni dopo – il primo resoconto dello scontro: ai tempi non esisteva la CNN, figurarsi Twitter! Fornisce l’elenco dei morti e dei feriti, tra gli ufficiali di più alto grado, naturalmente. Su una parete è appesa una stampa d’epoca, colorata a mano, con la raffigurazione del trasferimento di Napoleone dal Bellerophon alla fregata HMS Northumberland che l’avrebbe deportato a Sant’Elena. Chi scrive ne ha una identica sulla scala di casa… Una sala ospita la scrivania seduto alla quale Wellington scrisse, ormai scesa la notte, il famoso annuncio della vittoria, mentre un planisfero rivela che in giro per il mondo ci sono più di un centinaio di altre Waterloo, semi sparsi dopo la vittoria alle porte di Bruxelles. Per scoprirne l’ubicazione basta premere un pulsante e osservare l’accensione di tante spie colorate. Per esempio se ne possono contare tredici soltanto in Australia, mentre in Africa occidentale ne sorge una a pochi chilometri da Freetown, capitale della Sierra Leone.
Nel piccolo giardino è invece sepolta la gamba del tenente generale Uxbridge, comandante in capo della cavalleria inglese, belga e olandese. Una placca in metallo ricorda in due lingue (inglese e francese) che con il suo eroismo contribuì alla vittoria della giusta causa del genere umano: niente di meno! E addio, per una volta, al British understatement! Si racconta che quando una scheggia di granata gli maciullò il ginocchio destro, Lord Uxbridge mantenne il sangue freddo, uscendosene con una lapalissiana constatazione “By God, sir, I’ve lost my leg!”, “Per Dio, signore, ho perso la gamba!”, al che il duca di Wellington rispose ancora più prosaicamente “Per Dio, signore, davvero!”. È grazie a loro che al di là della Manica guidano ancora dalla parte sbagliata della strada.
Saul Stucchi
INFO
Musée Wellington
Chaussée de Bruxelles 147
Waterloo
Belgio
www.museewellington.be
Waterloo 2015
www.waterloo2015.org
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Vallonia-Bruxelles
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