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Voi siete qui: Biblioteca » “La figlia dello straniero” di Joyce Carol Oates

11 Ottobre 2025

“La figlia dello straniero” di Joyce Carol Oates

Per molti l’America rimane un sogno infranto, sembra dire Joyce Carol Oates ne La figlia dello straniero (traduzione di Giuseppe Costigliola per La nave di Teseo, 2020). È così per i componenti della famiglia Schwarts, che giunge dalla Germania, negli anni Trenta.

Jacob, il capofamiglia, Anna, la sua moglie, e due figli, Herschel e Gus che finiscono per essere schiacciati dai propri sogni e dalle proprie speranze. L’America li accoglie, ma non riesce o non vuole integrarli. Joseph, un brillante insegnante e intellettuale tedesco d’origine ebraica pur non osservante. Lo stesso vale per sua moglie.

I due finiscono per logorare se stessi e cedere alle disillusioni, perché la fortuna e il riscatto che si aspettano non giunge. Joseph in America si trova a fare il becchino, a prostrarsi ai superiori che lo trattano con sufficienza, a vivere della benevolenza dell’Amministrazione di Milburn, minuscola cittadina dello Stato di New York.

Questo lo rende cattivo, violento e vittima della vergogna e della pietà verso se stesso, ormai in preda a manie di persecuzione molto spesso frutto della sua mente (Oates è abilissima nell’amplificare le ossessioni umani e confondere il reale con la percezione del singolo).

A sua moglie Anna le cose non vanno meglio: si sente perseguitata, derisa e finisce per isolarsi dal mondo. Herschel finisce per diventare un latitante. Solo Rebecca sembra essere destinata a una vita migliore, perché nata su una nave appena attraccata al porto di New York e di fatto americana. Anche lei, però, rimane una estranea in America. 

Rimasta sola, Rebecca viene assistita dalla comunità e dalle autorità locali. Presto, sposa Niles Tignor, un uomo che si rivela violento, che conduce una vita poco limpida e mostra nei confronti di Rebecca una certa diffidenza, perché straniera.

Una sera dopo una lite più violenta del solito, Rebecca capisce che deve fuggire. E lo fa fino a che non incontra Chet, che presto diventa per Rebecca il nuovo compagno. Con lui Rebecca trova una casa, una posizione e la stabilità che ha sempre cercato, ma non l’amore.

La parte finale − in cui Rebecca intraprende una corrispondenza con la cugina Freyda che crede morta, e che invece è diventata una famosa scrittrice con la sua autobiografia − è la parte più bella della storia: Rebecca parlando con lei, raccontando la ragazzina che è stata, rivive l’emozione di essere se stessa e non la menzogna che si è costruita e nella quale è vissuta per anni. Freyda è conforto, una sua simile con cui condividere il passato di migrante, che è stata rimandata in Germania e finita in un campo di concentramento.

Joyce Carol Oates ne La figlia dello straniero racconta la violenza invisibile che viene fuori dal mondo puritano e, alle volte bigotto dell’America. Racconta anche il bisogno di trovare le proprie radici, di fare i conti con il passato. E di come questo diventi l’inquietudine e il malessere di “coloro che vengono dopo”. Rebecca è il prodotto del dissidio che c’è tra la storia familiare, il peso della Storia e l’amarezza di chi non può vedere il proprio sogno realizzato.

Claudio Cherin

Joyce Carol Oates
La figlia dello straniero
Traduzione di Giuseppe Costigliola
La nave di Teseo
Collana I delfini. Best seller
2020, 784 pagine
22 €

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