Non è un bello spettacolo quello che vede Nestore quando si affaccia dalla sua tenda, all’inizio del quattordicesimo libro: davanti ai suoi occhi gli Achei sono messi in fuga dai Troiani “superbi”. Diviso in due tra gettarsi nella mischia o andare da Agamennone, il vecchio sceglie la seconda opzione e chissà perché non ne siamo meravigliati…
In compagnia del figlio di Atreo ritrova anche Diomede e Odisseo, tutti angosciati per l’andamento della battaglia. Agamennone propone di mettere in acqua le navi della prima fila; quando scenderà la notte e i Troiani dovranno arrestarsi, sarà possibile completare la messa in mare di tutte le imbarcazioni, “perché non è una colpa sottrarsi al pericolo, anche di notte, ed è preferibile fuggire da un pericolo piuttosto che rimanerne presi”.
Ma Odisseo lo rimprovera aspramente per queste parole ignominiose e l’Atride ripiega confessando che se gli venisse suggerito un consiglio migliore, ne sarebbe contento.
Allora prende la parola Diomede che parte da lontano, raccontando per filo e per segno la sua gloriosa genealogia (per il lettore moderno queste tirate retoriche sono involontariamente ma irresistibilmente spassose!) tutto per dire che se pure è giovane, sa proporre anche lui consigli assennati, come quello che ora pone: tornare in battaglia, ma non già in prima fila, col rischio di essere di nuovo feriti, bensì in una posizione defilata che permetta però di esortare i pavidi. Agamennone apprezza il suggerimento.

Intanto Era decide di farsi bella per circuire Zeus ed evitare che costui mandi in fumo lo sforzo di Poseidone. Va da Afrodite e si fa prestare la fascia ricamata in cui sono racchiusi tutti i suoi incantesimi (“l’amore, il desiderio, l’amplesso, il fascino che toglie la ragione anche ai saggi”…), poi si reca dal Sonno per convincerlo a far addormentare Zeus dopo che avrà fatto l’amore con lei. Ci riesce soltanto promettendogli in moglie una delle Grazie, Pasitea.
Fingendo di partire per ricomporre una lite tra Oceano e Tetide, Era getta l’esca d’amore a Zeus che abbocca appena la vede e subito le dice: “Ora stendiamoci a letto e facciamo l’amore”, salvo poi fare un lungo elenco di amanti con cui è giaciuto, che pure non risvegliarono in lui un desiderio così forte come quello che ora lo prende per la legittima consorte (sfido qualunque marito a tentare oggi la stessa mossa: ne ricaverebbe un sonoro due di picche!).
Compiuto il suo dovere coniugale, il padre degli dei sprofonda nel sonno, mentre il Sonno con la S maiuscola si reca da Poseidone per comunicargli la momentanea uscita di scena di Zeus, occasione imperdibile per spronare gli Achei alla resistenza. Il consiglio tattico del dio del mare è tanto semplice quanto efficace: i deboli prendano le armi più piccole e passino quelle più grandi ai più forti.
Con un masso gigantesco Aiace Telamonio colpisce Ettore e lo tramortisce, ma i capi troiani riescono a portarlo in salvo. E ancora una volta la battaglia prosegue in aspri duelli personali, nei quali le parole vengono scagliate per ferire come e più delle armi.
Saul Stucchi
I versi più belli:
“Non rimbomba così l’onda del mare,
quando si versa sulla terra spinta dal forte soffio di Borea;
non è così forte il rombo del fuoco che arde nelle gole di un monte
fino a bruciare un’intera selva;
non risuona così il vento
quando soffia adirato con la massima forza tra le alte querce,
come si alzò allora la voce dei Troiani e dei Greci,
che urlavano in modo terribile,
mentre si scagliavano gli uni contro gli altri”. (XIV, 394-401)
Omero
ILIADE
Traduzione di Dora Marinari
Commento di Giulia Capo
Prefazione di Eva Cantarella
Con testo greco a piè di pagina
La Lepre Edizioni
2010, pp. 1074
28 €
www.lalepreedizioni.com