A Porto con Marco Grassano. Nella nona puntata ci parla di viottoli, libri e piatti.
La guida suggerisce di raggiungere Praça da Ribeira per poi risalire alla Cattedrale attraverso i vicoli: quel che volevamo fare ieri sera. Sfilando sul marciapiede davanti alla chiesa di San Nicolau, piastrellata a geometrie azzurre, notiamo diverse persone in attesa fuori dal portone: uomini, bambini vivaci, una donna robusta in un completo rosso. Forse per un matrimonio.
Contro il muro a ridosso della città, la Fonte da Praça da Ribeira (restaurada em 1940); a pochi metri verso il fiume, un’altra fontana nella quale l’acqua scaturisce copiosa da un grande cubo di bronzo. L’intera area è costipata di tavolini gastronomici: Francesinha, Bacalhau, Polvo, Alheira de Caça, Petiscos…
Ritroviamo gli scorci genovesi e il Terreirinho, ma da lì in poi la Liguria evocata è quella dell’interno, dei paesini aperti a ventaglio su un pendio, delle creuze (qui si chiamano azinhagas) in salita fra pareti di pietra, da cui si colgono scorci di costa. Incrociamo turisti, mentre il fiato ci si mozza per la fatica. Eppure, sulla parete di destra, di fianco a un cancelletto, una serie di cassette delle lettere e di campanelli indica che qualcuno ci abita, in questa terra di mezzo, e non ha altro modo per arrivarci che la ripida scalinata.
Attraversiamo il sagrato della Cattedrale senza essere attratti minimamente dal pelourinho (colonna anticamente usata come gogna) e dalla vicina torre merlata, cui del resto non avevamo fatto caso neppure ieri.
Camminiamo verso la stazione, sul largo marciapiede sovrastato da una bassa parete rocciosa crestata di verde. Le scale mobili per scendere nella metropolitana. Più in là si inabissa un’altra piccola scala – fissa, questa – accanto alla quale sono stati deposti due macigni, parzialmente plastificati con una specie di artistica tovaglietta dalle geometrie multicolori. Un’ampia e fitta griglia, presumibilmente destinata all’aerazione delle gallerie. Nel vasto atrio da cui si accede alle biglietterie e ai treni, azulejos raffigurano scene fluviali, agricole, belliche.
Eccoci tornati in Rua 31 de Dezembro, che stavolta percorriamo in salita, sempre fiancheggiando i binari. Forse, affrontato in questo modo, il pendio non è più tanto dolce quanto ci pareva scendendolo. Al termine, proprio a sinistra dello sbocco in Rua de Santa Catarina, la Livraria Latina.
Entro a comprarmi libri di Gonçalo M. Tavares e di “Mia” (Emílio) Couto, oltre a “Húmus”, di Raul Brandão, “libro geniale” – come lo definì Saramago – uscito esattamente un secolo fa. Begli scaffali di legno. Banchi con esposte novità e offerte. Un commesso e una commessa sorridenti e gentili. Ci regalano un asciugamano bianco fitto di esortazioni nere: “Legga pensieri, legga colori e sentimenti, legga da solo o in compagnia, legga in famiglia, legga con gli amici, legga con i figli e le figlie…”. Il bancomat ha qualche problema a connettersi, così passo la carta di credito: “È necessario verificare se io sono il padrone della carta!” dico in portoghese, scherzando ma porgendo il bilhete de identidade.
È l’una passata. Cerchiamo un posto in cui pranzare qui in Rua de S. Ildefonso, vicino a casa. Ci attirano la scritta “bistecca sulla pietra” (quindi, una cucina non unta) e l’insegna Taparikas, parola fintamente greca (il gioco è infatti tutto iberico, fra tapas e ricas – “gustose”, “succulente”) che nasconde un simpatico locale dai tavolini, seggiole e sgabelli di varia foggia, ma per lo più di legno bianco e di ferro nero, come nero è il pavimento.
Ancora pochi gli avventori. Musica rock a un volume accettabile. Le pareti (nella parte in cui ci accomodiamo noi) sono di grandi pietre a vista, dorate, con appese foto a colori. Simpatici anche i prezzi: calamari con verdure saltate, pataniscas (bocconcini fritti in pastella) di baccalà su un letto di insalata verde, accompagnati da riso giallo con uvetta, un litro e mezzo di acqua – per complessivi 15,50 euro. Le porzioni non sono scarse, e il sapore è più che soddisfacente.
Saliamo in camera per lasciare il pacco dei libri e lavarci i denti. Accendo la TV. Sono le due: il Jornal da tarde è appena terminato; ora ha inizio la maratona televisiva del sabato (si protrarrà infatti fino al TG delle 20), Aqui Portugal. Ogni puntata la dedicano a un villaggio e alle sue peculiarità (dando anche spazio a rapidi interventi del pubblico presente in strada, che spesso dice delle gran fesserie: mi chiedo come la RTP possa trasmettere, senza soluzione di continuità, un telegiornale così ben fatto e programmi così insulsi).
Su un palco si esibiscono, a intervalli, cantanti di musica dozzinale: curiosamente, quasi tutti brasiliani, che sembrano però godere di una certa popolarità. Oggi il paese ospite è Avintes (sobborgo di Vila Nova da Gaia: a due passi da qui, pertanto), famoso per la broa, ossia il pane di mais e segale, la cui preparazione viene dettagliatamente illustrata da alcune donne del posto – ognuna delle quali si attiene, peraltro, a una propria ricetta.
Nona parte – Segue.
Marco Grassano
Foto di M. Ester Grassano
Didascalie:
- Dai carruggi liguri…
- …alle creuze (che a Porto si chiamano azinhagas)