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Voi siete qui: Biblioteca » Da SE torna “Il freddo e il crudele” di Gilles Deleuze

24 Ottobre 2025

Da SE torna “Il freddo e il crudele” di Gilles Deleuze

È trascorsa una sessantina di anni da quando Gilles Deleuze scrisse Il freddo e il crudele per smontare il paradigma unitario del sadomasochismo (ora in ristampa da SE editore, collana Testi e documenti).

Eppure, nell’immaginario diffuso la convinzione di un’entità organica fra i due poli persiste. Quando un luogo comune conta fra le sue matrici una firma prestigiosa – nello specifico, quella di Sigmund Freud – è ancor più duro a morire: questo accade con la superstizione che vuole l’incontro fra un sadico e un masochista come lo sbocco “naturale”, necessario, di una perversione, se tale vogliamo continuare a chiamarla.

Intanto, Deleuze tiene da parte il termine malattia e in un libro fra i suoi più stimolanti ha buon gioco a spiegare come no, il sadico non ha nessun piacere a infliggere dolore al masochista che lo cerca come proprio, peculiare piacere. Dove starebbe il gusto di far male a chi dal subire il male ricava il piacere?

Psicoanalisi, filosofia e soprattutto letteratura concorrono alla diversa teorizzazione di Deleuze a partire dall’opera di Sade e von Masoch – via analisi delle situazioni narrative e dei personaggi (meglio, Deleuze prende a spallate la psicoanalisi e riparte dai testi archetipi della questione).

A suo agio, il filosofo francese, con le categorie dell’eccesso, si muove surfando alla sua maniera per scavallare cliché, pregiudizi, idee ricevute per trovarne di nuove oltre il dato acquisito dei concetti inamovibili. Concetti – o meglio dire figure, quando si tratta di personaggi esemplari – cui pure ricorre per smontarle e ricomporle in nuove significazioni: il sadico legislatore, il freddo masochista, la vittima complice.

Da un lato, l’ossessionato dal dolore subìto è alla ricerca di un modo che trattenga l’immediatezza della pulsione, che la sospenda all’interno di un regime controllato, di un contratto che agisce attraverso il rito. Invece, la razionalità del sadico crudele è un’entità del tutto differente, niente affatto complementare, che ricorre alla dimostrazione, alla ripetizione inesausta della violenza.

Due logiche separate che corrispondono a pratiche testuali diverse, messe a verifica sui romanzi all’origine dei termini in causa. L’osceno in Sade ha la sfrontatezza di esibirsi per dettare legge, l’attacco all’ordine costituito è frontale, la trasgressione s’impone a forza di mazzate iperboliche che buttano giù ogni muro morale (e linguistico); laddove in Masoch, la scienza del dolore è calcolata, frutto di un progetto a freddo il cui protagonista impone alla donna la costruzione teatrale del rito.

La critica al padre della psicoanalisi è netta: quelli che per Freud erano poli di una stessa dinamica pulsionale, per Deleuze appartengono a logiche strutturalmente distinte, con codici propri e altrettali modalità espressive.

Il sadomaso come unità ontologica della versione psicoanalitica classica appare così da principio un bias cognitivo. Peraltro, Deleuze notava nel 1967 quanto fosse stato trascurata e perciò travisata l’opera del panslavista Masoch, a petto degli studi su Sade (Bataille, Klossowsky, Blanchot etc. – nell’orizzonte del miglior immaginario francese di quegli anni Sade non mancava mai, anche nella versione per alcuni dimidiata di Barthes, in cui la sovversione delle 120 Giornate è un esercizio ludico della scrittura, una retorica erotica che tenta la fondazione di una nuova lingua). L’esito di un ruolo complementare a quello dell’efferato marchese scaturiva da lì.

Deleuze evidenzia la diversa, non fortuita, strategia dei due scrittori: laddove in Masoch il lavoro si compie tramite la persuasione e l’educazione: (“la vittima cerca un carnefice per formarlo, persuaderlo e stabilire un patto con lui”), il sadico aborre qualsiasi contratto o alleanza, piuttosto nell’iterazione dimostrativa della violenza scrive letteralmente, imponendola, una Legge, che va oltre il dato contingente di un oltraggio disgustoso, di uno stupro, di una tortura per farsi impossibile ordine matematico, asintotico per destino, superiore (“l’Idea del Male”) che vorrebbe rovesciare quello presente.

In entrambi i casi, abbiamo da fare con una letteratura pornologica, non pornografica: “essa si propone innanzitutto di mettere il linguaggio in relazione con il proprio limite”. Risultato più frontale in Sade, che snobba le astuzie della dialettica, della suspense, dell’atmosfera che aleggia fra i non detti e le allusioni del freddo Masoch- non v’è scrupolo in Sade, “il crudele”, se non quello legato al timore di una sconfitta, perché nessun singolo atto violento può esaurire il caos metafisico del male.

Oltranza del linguaggio mimetica al più di un’impossibilità: la donna del masochista (benché le eroine di Masoch abbiano in comune “forme opulente e muscolose, un carattere altero, una volontà imperiosa”), non è propriamente una sadica, ma partecipa a un allestimento progettato dall’altro, “una certa ‘natura’ di donna – scrive Deleuze – difficile da incontrare”; mentre, se “non intendiamo dire che la vittima del sadico è anch’essa sadica” – ancora dal testo – di certo “il libertino sarebbe contrariato se la sua vittima provasse piacere”.

Insomma, l’assunzione teorica di due pulsioni basiche e complementari in un unico pacchetto appare, nell’ottica di Deleuze, assai superficiale: l’architettura del desiderio è più mobile, mediata, costruita e il lavoro sta intanto nel decostruire lo schema che da Sade rimanda a Masoch e viceversa.

Anche perché, nell’analisi di Deleuze, appare evidente come il tema del sadomaso sia solo un esempio di quanto lavoro occorrerebbe fare, ancor oggi, nella fabbrica dei concetti fabbricati sulle precarie basi del discorso clinico fra cortocircuiti diagnostici, semantici, in definitiva linguistici.

Michele Lupo

Gilles Deleuze
Il freddo e il crudele
Traduzione di Giuseppe De Col
SE
Collana Testi e documenti
2025, 176 pagine
22 €

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