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Voi siete qui: Teatro & Cinema » Recensione del film “Snack Bar Budapest” di Tinto Brass

25 Febbraio 2021

Recensione del film “Snack Bar Budapest” di Tinto Brass

Nella mia personalissima classifica dei registi meritevoli di attenzione, non posso dimenticare Tinto Brass. È vero che da più di trent’anni ha preso una strada a dir poco discutibile; ma è altrettanto vero che nel suo mestiere ha indubbie qualità e capacità.

Nato a Milano nel 1933 da famiglia veneziana, i suoi primi passi nella Settima Arte, dopo la laurea in Legge, li compie a Parigi nel 1957. Lì collabora con la “Cinémathèque française” e si inserisce nell’alveo della nascente “Nouvelle Vague” [vedi “La signora della porta accanto”].

“Mi confrontavo con Godard, Truffaut. Di Parigi conservo un ricordo bellissimo, respiravo grande libertà. Per me Parigi ha rappresentato grande gioia di vivere”.

Erotismo morboso e colto

Il primo lavoro come regista (“In capo al mondo”, 1963), è un film iconoclasta ed irriverente, che porta a nudo la crisi dei valori della generazione uscita dalla Resistenza. Alla Mostra di Venezia il lungometraggio ottiene una calorosa accoglienza, ma si scontra con la censura: primo esempio di quello che avverrà in seguito per quasi tutta la sua produzione.

Dopo altre opere anticonformiste, in cui mette in evidenza anche la sua grande attitudine per il montaggio (che curerà in seguito per tutti i suoi film), gira nel 1976 “Salon Kitty” e nel 1983 “La chiave”, un libero adattamento di un romanzo di Tanizaki Jun’ichiro. Il cinema di Tinto da qui prende una nuova direzione: erotismo morboso di ispirazione colta, gratificato, però, da un vasto successo da parte del pubblico.

Seguiranno “Miranda”, “Capriccio”, “Paprika” e tanti altri lavori tutti sulla stessa falsariga. In tutti la scoperta (mai termine fu più indovinato) o il rilancio di attrici sconosciute o in leggero declino (Stefania Sandrelli, Serena Grandi, Claudia Koll, Debora Caprioglio e altre).

Snack Bar Budapest

Ho trovato qualche difficoltà a trovare una pellicola che non fosse esplicitamente legata agli stereotipi che ho sopra esposto. Un buon compromesso mi sembra “Snack Bar Budapest”, un thriller dalle sfumature erotiche.

"Snack Bar Budapest" di Tinto Brass

“Forse, gente come quella è abituata a dormire con un occhio aperto, così come vive con un occhio chiuso…”

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Marco Lodoli e Silvia Bre e -contrariamente al solito – ottiene una buona accoglienza dalla critica, ma uno scarso successo commerciale.

La cosa che più colpisce nella vicenda è l’atmosfera particolare che Brass riesce a costruire intorno ai personaggi e alla storia. In teoria siamo sul lido (romagnolo?), fuori dalla stagione vacanziera, e ogni cosa è avvolta da una nebbia non soltanto fisica, ma anche morale. La presunta storia noir si attenua davanti al vuoto del protagonista o dei comprimari, mentre su tutto aleggia un’ironia dissacrante e beffarda tipica dell’autore veneziano.

Fa quasi tutto Tinto

In questa occasione Brass accetta di scendere a patti con “Thanatos”, unendo eros e morte: il sesso non è ludico, come negli altri suoi lavori, ma pestilenziale, perfino, a volte, stupido.

Contribuiscono non poco a rendere onirica la pellicola anche la musica di Zucchero Sugar Fornaciari e la fotografia di Alessio Gelsini Torresi: essendo il film ambientato quasi per intero di notte, le luci che rischiarano il buio sono al neon e donano agli ambienti un carattere estremamente decontestualizzato. Tutto il resto (sceneggiatura, regia, montaggio e anche qualche cameo) sono opera di Tinto Brass.

Chiudo con qualche notazione ancora sul regista veneziano. Il suo nome all’anagrafe è Giovanni, ma assunse quello di Tinto in omaggio al pittore Tintoretto, molto amato da sua nonna. E, per rimanere nell’ambito della pittura, posso ricordare che è nipote di Italico Brass (1870-1943), la cui produzione artistica ha notevolmente influenzato le ricerche estetiche del regista.

Nel gennaio di quest’anno Brass è uscito indenne (a quasi 88 anni) da un’ischemia: in precedenza era stato colpito da un’emorragia cerebrale, un ictus e un’altra ischemia. Ad un giornalista dell’Adnkronos che gli chiedeva come volesse essere ricordato, Brass ha risposto: “Non voglio che ricordino me, ma i miei film. Vorrei che i miei film continuassero a far parlare la gente, a farla discutere e litigare. Anche fra cento anni”.

Note e curiosità

Più su, riguardo alla location del film, ho messo un punto interrogativo. A me faceva pensare alle dune dell’Adriatico (probabilmente per influenza felliniana); però ho letto che avrebbe dovuto essere un lido toscano. Per mettere tutti d’accordo, il film è stato girato al Lido di Ostia sul litorale romano. La curiosità è che tutte le auto hanno come targa TB (Tinto Brass): viva la modestia.

Sempre a proposito del regista veneziano, dicevo dei suoi camei nel film: Tinto interpreta il ruolo di un giudice, di un avventore e, nella sequenza del cinema a luci rosse, sullo schermo si sta proiettando “La chiave”.

L S D

Snack Bar Budapest

Regia: Tinto Brass
Soggetto: Marco Lodoli e Silvia Bre
Sceneggiatura: Tinto Brass
Interpreti: Giancarlo Giannini, Philippe Léotard, François Negret, Raffaella Baracchi, Sylvie Orcier, Giorgio Tirabassi

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