In “Sguardi sul teatro contemporaneo”, pubblicato da Libri Scheiwiller, Fabio Francione raccoglie sedici interviste a protagonisti del teatro d’oggi e di ieri, viste le carriere pluridecennali di molti di loro. Il lettore si trova tra le mani uno strumento versatile: insieme archivio di memorie, mappa per interpretare il presente, blocco di appunti con i desiderata per il futuro a corto e medio raggio. In quarta di copertina incrociamo gli occhi degli intervistati (si può anche giocare all’indovinello Who’s who, tentando di abbinare a ogni foto il rispettivo personaggio), ma è dalle pagine che emergono gli sguardi – e le voci – di chi il teatro lo vive in prima persona.
Il recentissimo passato è stato segnato dalla pandemia che, se ha sconvolto i piani di tutti noi, ha particolarmente colpito il settore dello spettacolo. Pandemia è infatti una delle parole chiave del libro e allo stesso tempo una delle sfide affrontate da chi vive e lavora con il teatro. Stefano Tè, per esempio, dice di essere in attesa di una reazione che al momento dell’intervista non aveva ancora osservato. Altre parole / temi ricorrono con frequenza, come maestri, progettualità e precarietà.

Ci sono punti in comune tra le sedici interviste, sia tra le domande (frequenti quelle sugli inizi della carriera e le origini dei progetti) che tra le risposte, ma non mancano le differenze: negli approcci, nelle esperienze, nelle considerazioni e nelle proposte (“opinioni, sentimenti, affezioni, idiosincrasie, riflessioni e aspirazioni”, per citare l’autore). Si nota anche una certa eterogeneità nella raccolta e nella trascrizione delle risposte. La maggior parte delle interviste sembrano realizzate in incontri di persona (si noti la resa del romanesco di Ascanio Celestini) o attraverso conversazioni telefoniche, mentre alcune altre hanno l’aria di essere il risultato di uno scambio di email, come l’intervista a Gianni Forte, le cui risposte sono piuttosto lunghe e particolarmente articolate.
Pagine ricche di spunti
Un’altra considerazione: non tutte le domande – né tutte le risposte – appaiono memorabili. A un certo punto, per esempio, Simone Derai di Anagoor risponde a un lungo intervento di Francione chiedendogli, senza giri di parole, “Dov’è la domanda? Questa è una premessa”. Tuttavia il materiale di idee e ricordi, esperienze e proposte è utilissimo al lettore, che immaginiamo appassionato di teatro e spettatore più o meno assiduo, per fare il punto sul teatro di oggi: in che situazione si trova e dove sta andando, tra problemi economici, la gabbia asfissiante della burocrazia e l’invecchiamento del pubblico. Tra l’altro nell’introduzione Francione denuncia l’urgenza di “un’ecologia del teatro”.
Personalmente mi sono segnato un ricco elenco di spunti per approfondimenti e riflessioni, tra Barthes e Herzog, Ronconi e Longhi – nel senso di Claudio -, Grotowski (alcune pagine le ho addirittura contrassegnate con l’indicazione “da studiare”), mescolando le mie esperienze a quelle – incomparabilmente più ampie e strutturate – di Francione.
Del resto io non sono un critico né un web critico teatrale: mi mancano le competenze. Sono invece un giornalista culturale, il che vuol dire – consentitemi la battuta – che la mia ignoranza abbraccia un panorama più vasto rispetto a quello, già sterminato, del teatro. Eppure ho provato anch’io, in più di un’occasione, la sensazione di essere un umarell dello spettacolo in scena e di quello, troppe volte più interessante, che si recita fuori dalla sala, quando si ha la fortuna (o la sfortuna) di conoscere la gente di teatro, nel senso più ampio possibile della definizione.
I protagonisti
Ecco l’elenco degli intervistati:
- Ascanio Celestini
- Massimo Popolizio
- Teatro delle Ariette: Stefano Pasquini e Paola Berselli
- Marta Cuscunà
- Romeo Castellucci
- Stefano Tè
- Armando Punzo
- Anagoor: Simone Derai e Marco Menegoni
- Gianni Forte
- Pascal Rambert
- Rafael Spregelburd
- Tiago Rodrigues
- Josep Maria Miró
- Lacasadargilla: Lisa Ferlazzo Natoli
- Archivio Zeta: Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti
- Eugenio Barba
Sempre nell’introduzione Francione fa un breve elenco di chi manca all’appello, per un motivo o per l’altro, come Emma Dante, Pippo Delbono, Alessandro Serra, Liv Ferracchiati, per fare solo qualche nome. Manca soprattutto – è il rincrescimento più forte dell’autore – la voce di Peter Brook, la cui scomparsa nel luglio dell’anno scorso “ha disintegrato la cornice che s’intendeva inchiodare intorno a tutte le interviste raccolte”.
Nei dialoghi con gli intervistati emergono anche ricordi ed emozioni dell’intervistatore che, qua e là, menziona spettacoli che gli sono piaciuti o che, al contrario, non l’hanno convinto. E poi ci sono i racconti d’incontri, come quello di Marta Cuscunà con Giuliana Musso. Naturalmente molti attori e registi si conoscono tra loro e numerose sono le dichiarazioni di stima incrociate. Quello di Romeo Castellucci è uno dei nomi pronunciati più spesso come punto di riferimento.
Sguardi e punti di vista
Diversi sono i punti di vista come diversi sono i teatri in cui lavorano e hanno lavorato o che addirittura hanno fondato gli intervistati (tra tutti è il caso di menzionare almeno il caso di Armando Punzo con il carcere di Volterra). I festival ritornano come occasioni di crescita e il teatro interagisce con altre forme di creatività ed espressione, come la scrittura, la fotografia (in particolare nell’intervista a Josep Maria Miró) e la poesia (peraltro Pascal Rambert definisce “poeti sul palco” i più grandi registi teatrali che ha avuto modo di vedere all’opera).
Gli sguardi sul teatro contemporaneo – declinato nelle sue molteplici versioni e definizioni (di comodo) di teatro civile, di figura, di parola… – non sono solo italiani, ma anzi si allargano all’Europa e ancora di più, con aperture, per esempio sull’Argentina. Ecco come ne parla Rafael Spregelburd:
L’Argentina diventa un Paese teatrale in ogni senso, non solo per il gusto per il teatro. I politici recitano, i cittadini recitano, i cani da noi recitano. È un Paese molto concentrato a creare una versione di se stesso. Allora l’esagerazione, l’abuso dell’aneddotica, la pluralità di voci sono cose assolutamente naturali nella configurazione immaginaria della nazione moderna”.
Spregelburd dice Argentina ma noi leggiamo Italia. E, nel caos che ci circonda, ci dà speranza la definizione di Tiago Rodrigues: “il teatro è un’arte del disagio”. Abbiamo tanto di quel materiale con cui fare arte!
Saul Stucchi
Sguardi sul teatro contemporaneo
Interviste di Fabio Francione
A cura di Fabio Francione
Libri Scheiwiller
Collana Interviews
2022, 176 pagine
22,90 €