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7 Aprile 2022 Scritto da Laura Baldo

Recensione di “Segreti di famiglia” di Ivana Šojat (Voland)

“Segreti di famiglia” di Ivana Šojat, pubblicato da Voland con la traduzione di Valentina Marconi, è una saga familiare che ripercorre quasi un secolo di storia croata ed europea, attraverso le voci di quattro generazioni di donne, accomunate non solo dalle loro origini, ma dalla forza di carattere e, soprattutto, dai molti segreti.

Katarina fa ritorno a Osijek, la sua città natale, dopo aver passato molti anni a Zagabria, tagliando i ponti con il passato e anche con la madre, unica rimasta della sua famiglia. Ma proprio mentre Katarina è sul treno, la madre muore. Al suo arrivo la giovane si troverà in una casa vuota, fredda e infestata di ricordi, e sarà costretta a fare i conti con quel passato che le è sempre stato nascosto.

Ivana Šojat, Segreti di famiglia, Voland

Solo attraverso una scatola di vecchie fotografie — che ritraggono i volti in bianco e nero di sconosciuti — e attraverso i racconti dell’anziana Jozefina, fedele amica di famiglia, Katarina risucirà a ritrovare le proprie radici. Ma il processo è tutt’altro che facile, perché con lo svelarsi dei segreti emerge anche la rabbia, la sensazione di aver vissuto per tutto quel tempo in una sorta di finzione.

«[…] ho sempre pensato di chiamarmi Pavković, e poi all’improvviso ho scoperto che quel cognome, che porto ancora oggi, era solo una protezione per evitare di essere perseguitati, e che in realtà, da qualche parte, nella memoria collettiva di gente morta da tempo e di cui nessuno mi ha mai parlato, il mio cognome è… dovrebbe essere Steiner… Chi sono io? Chi sono io, Jozefina?»”

I personaggi

La narrazione della presa di coscienza della protagonista è intervallata dalle voci che sembrano uscire direttamente da quelle fotografie sbiadite: la bisnonna Viktorija e il marito Rudolf, irrimediabilmente separati dalla Prima guerra mondiale, perché l’uomo che è tornato a casa era ormai un estraneo. La crescita difficoltosa dei loro figli: Klara, la nonna di Katarina, che suona il pianoforte e cerca in ogni modo di mettere pace tra i suoi fratelli, Greta, considerata la pecora nera, che nella Seconda guerra mondiale deciderà di unirsi ai partigiani, e Adolf, che invece sostiene le idee naziste e andrà a combattere per esse.

Nonostante i personaggi che si succedono siano molti, ognuno ha un carattere ben riconoscibile e un suo approfondimento psicologico, tanto che alla fine risultano tutti ben vivi, anche se il carattere di alcuni impiegherà più tempo ad emergere completamente, man mano che i molti misteri legati al passato si chiariscono.

La famiglia di Katarina fa parte della minoranza tedesca in Croazia, stabilitasi in quelle zone durante i tempi multiculturali dell’impero austro-ungarico, e ormai del tutto integrata nella tranquilla e vivace comunità di Osijek. Ma con le guerre terribili del ‘900 la loro situazione si fa sempre più critica, fino a ritrovarsi travolti da eventi su cui non hanno alcun controllo, e infine oggetto di una caccia spietata da parte dei seguaci di Tito, contro chiunque abbia la sfortuna di un cognome tedesco: ferrovieri, avvocati, artigiani, nonché le loro famiglie, perfino i bambini.

Le origini

Sull’intera famiglia di Katarina — così come su tutte le altre nelle stesse condizioni — cala una sorta di congiura del silenzio: vengono cambiati, o slavizzati, i cognomi (e spesso sono i titini a farlo) e di certe cose non si deve più parlare, perché troppo pericolose nel nuovo regime.

Katarina ha scoperto per caso le sue origini, tramite la crudeltà dei compagni di scuola, che a loro volta riportano, spesso in modo ingenuo, cose sentite dagli adulti. Non ha mai capito perché queste origini fossero sconvenienti: è cresciuta cantando i nuovi inni e lodando i nuovi idoli insieme ai suoi amici, e credendo fiduciosa nella storia insegnata a scuola.

I suoi familiari hanno cercato di proteggere sia lei che sé stessi nascondendo tutto, ma in questo modo hanno cresciuto una donna priva di radici e di certezze, che non li ha mai compresi né perdonati. Ai fatti storici che hanno plasmato, spesso in modo negativo, le vite delle sue antenate, si intrecciano poi segreti di altro tipo, più personali.

Donne e case

Le donne sono qui le grandi protagoniste, perché sono soprattutto loro a lottare per mantenere viva la fiamma del focolare, per tenere al sicuro i bambini, le case, il senso di comunità, un luogo in cui tornare, anche per i loro uomini, che però troppo spesso finiscono per perdersi nei tumulti politici e sociali che colpiscono la regione durante il ventesimo secolo.

E quello della casa è un altro tema importante del romanzo: vediamo generazioni di famiglie — generazioni di sogni e speranze spesso infranti, di riunioni della domenica e note di pianoforte, di difficoltà quotidiane e tragedie tutt’altro che quotidiane — succedersi nelle loro case, impegnate a ereditarle, ad abbellirle o a tentare di riprendersele dopo i sequestri, o anche solo a osservare mestamente da lontano la loro decadenza, gli stucchi e gli intonaci che si sgretolano insieme a un passato che non si può più recuperare ma neppure dimenticare. Fino ad arrivare a Katarina, che fa ormai parte di una storia nuova e con quelle case, affollate da troppi fantasmi, non vuole avere a che fare.

I discorsi tra Katarina e la vecchia amica di famiglia mettono in luce un conflitto insanabile tra passato e presente, tra chi ha vissuto determinati orrori e chi ne ha solo sentito parlare. Uno strappo storico e generazionale tanto profondo da rendere difficile il dialogo anche tra due donne che si conoscono da molto tempo.

«Ma Kati, allora anche tu sei colpevole, tesoro mio…» ha scrollato la spalle.
«Cosa vuoi dire?»
«Anche tu e tutti gli altri siete rimasti in silenzio, non avete detto nulla mentre i ladri e i farabutti rubavano, saccheggiavano e si arricchivano in quest’ultima guerra… Cos’hai fatto per evitare che succedesse? Eh?» mi ha lanciato un’occhiata quasi malevola.
«Niente… non si poteva fare niente… Cosa avrei dovuto fare? Scendere in piazza e mettermi a gridare?»
«Vedi…» ha di nuovo scrollato le spalle.”

Identità e senso di colpa

La vecchia Jozefina, che con la nonna Klara ha condiviso alcuni dei momenti più cupi, è ora l’unica custode di un passato scomodo che, seppure invisibile, grava ancora sul presente. Proprio come Klara ha salvato e custodito le fotografie di famiglia e un quadro della Madonna, che la nipote ha sempre amato, pur senza conoscerne la storia.

Anche se Katarina ha ormai una vita moderna come restauratrice a Zagabria, alla fine degli anni ‘90, conoscere il passato è tutt’altro che inutile, perché le permette di capire cose sui propri cari che aveva sempre ignorato o frainteso.

Non possiamo sapere con certezza chi siamo o dove vogliamo andare, se non sappiamo da dove veniamo. Questo è il messaggio importante che il romanzo trasmette.

Ma i temi trattati sono molti di più: non solo le radici e l’identità, ma anche gli effetti velenosi dell’odio, l’ingiustizia, il senso di colpa collettivo, la ricorrenza di certi comportamenti umani, che rimangono invariati nonostante il mutare degli scenari storici e politici.

Molti dei fatti e dei luoghi qui narrati sono rimasti fuori dai manuali di storia, ma non per questo sono meno importanti, specie per chi si è trovato a viverli.

Parafrasando la bella frase finale della postfazione: “Segreti di famiglia” è una storia universale su come i confini geografici e umani, così come quelli tra vincitori e vinti, tra carnefici e vittime, siano sempre mutevoli, e possano spostarsi anche all’improvviso.

Ho apprezzato molto sia l’interesse storico del romanzo che la bravura dell’autrice nel raccontare le vicende travagliate della sua terra attraverso un affresco familiare così vivido, complesso e coinvolgente.

Laura Baldo

Ivana Šojat
Segreti di famiglia
Traduzione di Valentina Marconi
Voland
Collana Amazzoni
2021, 400 pagine
20 €

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