Helmuth Duckadam, portiere della Steaua Bucarest, una sera del 7 maggio 1986 parò quattro rigori di fila al Barcellona. Era la finale dell’allora Coppa dei Campioni. La squadra rumena avrebbe inaugurato una breve ma intensa stagione internazionale, interrotta qualche anno dopo dal Milan di marziani che sarebbe diventato il club più grande della storia.
Tornando al bravo portiere rumeno, e calcolando la media dei rigori realizzati a livello internazionale, la probabilità che accadesse (che accada) una cosa come quella, era (è) di una su mille circa. Una curiosità come un’altra, diremmo, sommersi come siamo da fole sul pallone che, invasati a parte, annoiano anche gli appassionati.

Ecco, è da poco uscito un libro, “Rigore di testa” (Giunti editore), che invita, con tono divertente ma serissimo, a guardare ai numeri del calcio in maniera diversa. Non più mere statistiche lasciate a sé stesse ma teorie, domande stranianti, soluzioni impreviste per dare ai numeri non si vuol dire una logica ma un qualche senso sì. Lo ha scritto Marco Malvaldi, più noto come autore di gialli, assieme all’analista di dati sportivi Paolo Cintia.
Tre gol a partita
Il campo di calcio, lo spazio ludico-rituale più diffuso al mondo viene illuminato di aspetti nuovi, fra geometrie di gioco, calcoli, variabili, inferenze matematiche. La convinzione degli autori è presto detta: “Come nella vita, nel calcio gli eventi significativi e irreversibili succedono molto di rado” (il che di passaggio, a loro avviso, spiega perché esso sia lo spettacolo più seguito al mondo).
In media si fa gol ogni mezz’ora, quindi per lo più ciò che accade in una partita è irrilevante (almeno, dal punto di vista del tifoso cui interessa solo vincere), un po’ come nelle occupazioni quotidiane. In altri termini, la speranza in un risultato eccezionale, ossia irrazionale, assomiglia un po’ alla vita, nella quale possiamo segnare qualche tappa significativa ogni tanto ma per lo più ciò che accade tutti i giorni non cambia granché le cose. Aspettiamo, speriamo, tutto lì – come con un gol.
Se questo per Malvaldi e Cintia spiega la passione mondiale per il pallone, la statistica viene loro in soccorso per delinearne tratti significativi – una statistica che a loro avviso va temperata, ossia liberata dal mero, inutile collezionismo di dati. Perché i dati in sé non servono a nulla, e ciò che occorre è una loro modellazione, il “deep learning” dei loro meccanismi. Come con gli ingredienti di una torta, serve poi una ricetta per farla, così per fare un’analisi dei dati sportivi serve un manuale di istruzioni. Contestualizzarli intanto, per conoscerne “il processo che li ha generati” – cose che un bravo allenatore dovrebbe sapere.
Reti e numeri
Pensiamo a un altro portiere che ricordiamo meglio, Dino Zoff. Alle statistiche – e al loro uso intelligente – si abituò presto: all’esordio, con la maglia dell’Udinese, beccò cinque gol; era ovvio che sarebbe stato impossibile non migliorare. E poi c’era il padre a scuoterlo dal torpore (Zoff noi ce lo siamo sempre immaginato avvolto in una nuvola di torpore, per questo alla sua bravura fra i pali non ci si abituava mai), lo chiamava al telefono e lo rimproverava. Come hai potuto prendere un gol da un tiro fuori area? Non me lo aspettavo, rispondeva Dino. Ah no? e che lavoro fai, il farmacista?
Gli inglesi misurano persino l’expected goal, un indice per il quale un’occasione da gol è valutata in base alle probabilità desumibili da vari parametri, “distanza dalla porta, angolo, tipo di tiro” etc – tutto viene dato in pasto a un computer; poi ci pensa l’intelligenza artificiale a dirci quante probabilità ha un tiro di finire in rete.
I numeri valgono anche per Maradona o Cristiano Ronaldo, ma sono numeri che, a insaputa spesso degli stessi giocatori, provano a spiegare a posteriori anche le loro scelte, con che tipo di squadra giocare, quale il campionato più adatto alle loro caratteristiche etc. Saper leggere i dati consente di avere informazioni che altrimenti avremmo potuto ottenere solo guardando un’infinità di partite.
“Rigore di testa” riesce a recuperare la bellezza di un gioco inquinato da troppe chiacchiere – e tante altre, peggiori brutture che ognuno sa; lo fa curiosamente attraverso tabelle, grafici e quegli algoritmi contro cui siamo avvezzi a inveire anche a sproposito. Forse perché gli autori sanno coniugare software e momenti “molto umani” di partite e calciatori. Lettura sfiziosa.
Michele Lupo
Marco Malvaldi e Paolo Cintia
Rigore di testa
Giunti
2021, 192 pagine
18 €