Si è aperta lo scorso 26 settembre la mostra “Capa in color”, allestita alle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino. Per visitarla ci sarà tempo fino al 31 gennaio 2021. Nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale di fotografia di New York, è curata dallo stesso Centro e prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali.
Il percorso espositivo, articolato in sezioni tematiche (ovvero essenzialmente geografiche), presenta ai visitatori più di 150 fotografie a colori realizzate da Robert Capa, ma anche riproduzioni di lettere personali, elenchi di didascalie di foto, copertine e articoli di riviste. Questo materiale documentale è esposto in teche collocate sotto le foto o al centro delle sale.

Protagonista è l’opera a colori di Capa, meno nota ma altrettanto affascinante di quella in bianco e nero. Ed è proprio in B/N l’immagine che accoglie i visitatori. È una gigantografia del celebre ritratto del fotografo immortalato dalla compagna di vita e di professione Gerda Taro. Capa appare di profilo mentre è intento a filmare con una cinepresa durante la guerra di Spagna.
Trattandosi di una mostra fotografica, può sembrare un paradosso il divieto di scattare fotografie, anche senza flash: sicuramente per ragioni di diritti. Andrebbe fatta un’eccezione per quanto riguarda le didascalie e i pannelli, (interessanti e ben fatti). Prendere appunti di questi tempi, tra mascherine e distanze da rispettare sta diventando un’impresa ardua, anche se neppure lontanamente paragonabile alle avventure epiche di Capa e dei suoi colleghi fotoreporter di guerra.
Il materiale in mostra racconta anche l’approccio al colore, i problemi tecnici di sviluppo e stampa e quelli di reperibilità delle pellicole. Leggiamo il giudizio del fotografo sulla superiorità del processo di sviluppo del colore nelle pellicole Kodachrome prodotte in America rispetto a quelle realizzate in Inghilterra. In una teca c’è la “Relazione degli azionisti della Magnum” del 15 febbraio 1952, rapporto annuale in cui Capa esprime la convinzione di un “sicuro sviluppo verso il colore”.
“Tutte le fotografie in mostra provengono da diapositive a colori realizzate tra gli anni ‘40 e ‘50. Dopo la scansione, i colori sono stati corretti, a causa di piccole variazioni che hanno alterato molte delle pellicole Ektachrome”, avverte una didascalia accanto al facsimile di quattro diapositive a colori, realizzate tra il 1941 e il 1952. Una mostra la Piazza Rossa di Mosca (1947), un’altra Hemingway in compagnia del figlio Gregory (“Gigi”).
Il percorso espositivo
Il percorso prende avvio dalle immagini della Seconda guerra mondiale, a fare da virtuale contraltare alle foto in bianco e nero più celebri di Capa. Una delle più belle, datata 1942, raffigura un marinaio intento a fare segnali a un’altra nave di un convoglio alleato durante la traversata dell’Atlantico.

Fanno invece pensare a Lawrence d’Arabia e alle avventure di Corto Maltese la foto “Truppe cammellate francesi, i meharisti, compiono esercitazioni nel deserto” e quella che li immortala nella tradizionale cerimonia del tè, scattate in Tunisia nel 1943.
Con la sezione “Stati Uniti” facciamo un passo indietro temporale per ammirare alcuni scatti realizzati per il servizio di Life intitolato “Life Goes Hunting at Sun Valley with the Gary Coopers and Ernest Hemingway”. Le foto sono dell’ottobre 1941, l’articolo verrà pubblicato il 24 novembre. Ma solo con le immagini in bianco e nero!
Qui possiamo invece ammirare quelle a colori, come la foto che ritrae lo scrittore nella sua tenuta di Sun Valley in Idaho con la bottiglia di liquore alla bocca, occhiali scuri e berretto con visiera. Di spalle si intravede Martha Gellhon, terza moglie di Hemingway (a cui fu sposata dal 1940 al 1945). La ritroveremo in un tempio di Paestum mentre consulta una guida turistica, nell’aprile del 1953.
Capa in Unione Sovietica
Il 1947 è un anno di svolta. Capa fonda l’agenzia Magnum e finalmente riesce ad andare in Unione Sovietica, dopo i tentativi falliti del 1937 e del 1941. Per un paio di mesi viaggia nei Paesi della Cortina di Ferro insieme a John Steinbeck.
Dal materiale raccolto durante il viaggio verranno fuori il libro “A Russian Journal” e un servizio per la rivista Ladies’ Home Journal del febbraio 1948, intitolato “Women and children in the USSR”. Nell’articolo Steinbeck spiega: “We went not to inquire into politics, but to observe the private life of the Russian people”. Quello che avrebbe poi fatto il professor Gian Piero Piretto con i suoi preziosi saggi sulla vita quotidiana in Unione Sovietica.
E poi il Marocco, Israele e l’Ungheria, il suo paese natale dove “Capa osserva affascinato e con un filo di ironia il contrasto stridente tra la fine di un impero e l’inizio del nuovo, commenta con tono dolceamaro una realtà che rappresenta ciò che lui ha perduto personalmente”.

Ma anche lo sci, Deauville e Biarritz, Pablo Picasso al mare e Roma prima della Dolce Vita. “La modella e attrice francese Capucine affacciata a un balcone” dell’Urbe, nell’agosto 1951, è la foto “icona” della mostra, ma ce ne sono molte altre altrettanto significative. Splendide sono, per esempio, le foto dei divi del cinema.
Concordiamo con quanto dice il testo del pannello della sezione “Sul set”: “Le foto senza dubbio più sorprendenti nell’opera di Robert Capa sono i ritratti di celebrità”. Risale al 1946 la sua prima sortita nel mondo hollywoodiano, in occasione delle riprese di “Notorius” del grande Hitchcock (“Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures” è la mostra attualmente in corso all’Arengario di Monza).
Qui Anna Magnani sul set del film “Bellissima” (Roma, 1951), lì Ingrid Bergman sul set di “Viaggio in Italia” (Amalfi, aprile 1953). Ava Gardner. Humphrey Bogart e Peter Lorre. Orson Welles. Truman Capote e Jennifer Jones sul set de “Il tesoro dell’Africa” (Ravello, aprile 1953).

E ancora: Parigi, universo nel quale Capa gioca a mettere in risalto i contrasti tra giovane e vecchio, umano e animale, ricco e umile; la Norvegia; Londra che attende l’incoronazione di Elisabetta II e il Giappone.
Il pannello sulla Norvegia riporta questa illuminante citazione di Robert Capa sul turismo:
Da anni dialogo con re, contadini e commissari e li fotografo, e ho finito col convincermi che la curiosità, insieme con la libertà di viaggiare e con le tariffe economiche, sia quanto di più vicino alla democrazia esista nella nostra epoca — forse la democrazia, dunque, è il turismo”.
Il percorso espositivo si chiude ad anello con la guerra. È quella dell’Indocina, che risulterà fatale al fotografo, oltre che a centinaia di migliaia di persone, tra soldati e civili. Robert Capa perde la vita calpestando una mina il 25 maggio 1954. Gli ultimi scatti sono stati realizzati sulla strada da Namdinh a Thaibinh.
Nel servizio di commemorazione pubblicato su Life del 7 giugno 1954 il collega John Mecklin ricorda che Capa disse: “This is going to be a beautiful story”. L’articolo è corredato da alcune delle foto più celebri di Capa, da quella del miliziano colpito a morte allo sbarco in Normandia, durante il quale il fotografo si ripeteva quanto pensava durante la guerra civile spagnola: “Es una cosa muy seria”.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Una sala della mostra “Capa in color” a Torino. Foto di Daniele Bottallo
- Robert Capa
Un membro dell’equipaggio segnala a un’altra nave di un convoglio alleato che attraversa l’Atlantico (1942)
Credits Robert Capa International Center of Photography Magnum Photos - Robert Capa
Capucine, modella e attrice francese al balcone
Roma, Agosto 1951
Credits Robert Capa International Center of Photography Magnum Photos - Robert Capa
Humphrey Bogart e Peter Lorre sul set de “Il Tesoro dell’Africa”
Aprile 1953
Credits Robert Capa International Center of Photography Magnum Photos
Capa in color
Informazioni sulla mostraDove
Sale Chiablese dei Musei RealiPiazzetta Reale 1, Torino
Quando
Dal 26 settembre 2020 al 31 gennaio 2021Orari e prezzi
Orari: dal martedì al venerdì 10.00 – 19.00Sabato e domenica 10.00 – 21.00
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
Biglietti: intero 13 €; ridotto 10/5 €