Se il piccolo comune di Fago, sui Pirenei aragonesi, avesse avuto qualche bar in più, Miguel Grima sarebbe ancora vivo? L’allora sindaco fu ucciso nel 2007 da un concittadino che come lui aveva lasciato Saragozza vent’anni prima.
Nel 2010, invece, sparì senza lasciare traccia un cittadino olandese, Martin Verfondern, che abitava insieme alla moglie e a un’altra famiglia nel microscopico paesino di Santoalla do Monte in Galizia. Il suo cadavere è stato ritrovato nel 2014. Verfondern è una delle vittime del “terrorismo rurale” che ha colpito negli ultimi anni la Spagna.
Se pensate che le grandi città siano gabbie che conducono alla follia gli ospiti costretti a vivere a stretto contatto gli uni con gli altri, beh, dovete leggere “La España vacía. Viaje por un país que nunca fue” (La Spagna vuota. Viaggio in un paese che non è mai esistito) di Sergio del Molino (Turner editore) che si apre con tre citazioni programmatiche (di cui una del Generalissimo Franco) che sono al tempo stesso tre prospettive, tre punti di vista sulla Spagna e sulla percezione dei suoi spazi, quelli pieni e soprattutto quelli vuoti.
La Spagna vuota
[codice-adsense-float]Sono arrivato al libro grazie a una recensione sul quotidiano El País, ma cosa mi ha spinto a leggerlo? Sono stati alcuni articoli dello scrittore – giornalista e altri reportage dedicati al tema della Spagna disabitata. Quello dei territori spopolati è un problema che interessa anche alcune aree del nostro paese, ma non ai livelli toccati in Spagna.
Basti un confronto diretto: la densità media per chilometro quadrato in Spagna è di 92 abitanti (gli Spagnoli sono 46,5 milioni su un territorio di circa 500 mila km quadrati). L’Italia invece ha una densità di 200 abitanti per chilometro quadrato (la Germania 228): superiamo i 60 milioni nei 300 mila km quadrati dello Stivale.
La Spagna è letteralmente vuota per oltre metà del suo territorio (53%) e Madrid è una capitale circondata da un deserto, considerato che la città grande più vicina dista ben 300 km.
“La España vacía” è un reportage ricco di dati, con tanto di cartina dei confini della “Spagna vuota”, una macro-regione che ingloba le due Castiglie (Castiglia e León e Castiglia-La Mancia), l’Estremadura, l’Aragona e La Rioja. Quella Spagna è vuota da sempre, non come risultato dell’emigrazione di epoca contemporanea.
Viaggio nella storia e nella geografia
Il libro, molto intenso, è un viaggio nella geografia, nella storia, nella tradizione, nella letteratura, nella musica e nella cultura, non solo spagnole. È interessante per la storia con la S maiuscola e le storie di personaggi che il pubblico italiano – immagino – conosce poco o per nulla, da Gregorio Marañón a Miguel de Unamuno, dal politico Manuel Fraga al barone demagogo Rodríguez Ibarra, dal “Rasputin borbonico” Calomarde con il suo paradosso a Ramón María del Valle-Inclán e ai bohémiens come lui che avevano fobia di tutti i paesi che si estendono al di là del Teatro Real e della chiesa di San José, cioè del cuore di Madrid.
Il libro è strutturato in tre capitoli a cui si aggiungono un preambolo e una conclusione con “spiegazioni non richieste” in coda.
- Il Grande Trauma
- I miti della Spagna vuota
- L’orgoglio
Pagina dopo pagina del Molino mescola cultura alta e cultura popolare, rimandi alla storia dei secoli passati e riferimenti alla cronaca contemporanea, tenendo insieme il tutto con uno stile ben curato e mai noioso, ricco di citazioni.
Le due Spagne
Le due Spagne che si contrappongono non sono quelle di una celebre poesia di Antonio Machado (Españolito), bensì quella europea e urbana e quella interna e spopolata. Tra le due realtà la comunicazione è molto difficile, tanto che risultano quasi due paesi stranieri l’uno per l’altro, cristallizzati nei rispettivi luoghi comuni (Babele contro barbarie, Spagna nera contro Spagna idilliaca da “beatus ille”).
Per stessa ammissione dell’autore il libro vuole essere il tentativo di comprendere le ragioni dell’altro, ovvero di chi abita nella “Spagna vuota”, anche perché quest’ultima non ha mai avuto (a differenza della “sorella” ricca) un proprio cantore.
Per farlo del Molino si è messo a leggere, ad approfondire e a viaggiare, nella Spagna che non è la “sua” e nei libri. Come per esempio “Menosprecio de corte y alabanza de aldea” (Disprezzo della corte e lode del villaggio) del frate Antonio de Guevara (1481-1545) che in esso elogia la vita di paese contrapponendola a quella della corte in città. Peccato che il religioso non rinunciò mai alla seconda per la prima!
De Guevara seguì infatti Carlo V in vari viaggi in Europa e dall’imperatore fu nominato vescovo prima di Guadix e poi di Cadice.
A proposito di reali: le due Spagne sono sempre state così distanti tra loro che i sovrani spagnoli si sbarazzavano di chi dava loro fastidio mandandoli in “campagna”, nonostante avessero a disposizione colonie oltreoceano.
Il successo de libro di De Guevara indica, dice del Molino, che la contrapposizione tra le due Spagne, quella urbana e quella rurale, è di gran lunga antecedente alla rivoluzione industriale e a qualunque esodo dalla campagna. Dunque questi fenomeni non ne sono la causa, al massimo sono fattori di accentuazione.
Del resto
La Spagna vuota è nei miti domestici e nella letteratura. Per questo non è un territorio né un paese, ma uno stato mentale.
E più avanti dice:
Alla fine, la Spagna vuota è questo: una boccetta di essenze. Per quanto sia quasi vuota, conserva profumi perché è stata chiusa molto bene.
Del Molino accenna ai nazionalismi catalano e basco, parla del Carlismo definendolo la più grande ideologia anti-urbana della storia spagnola recente (tutt’oggi persistente), si sofferma sul sonno di autocompiacimento in cui si è assopita la Spagna di inizio anni Novanta, analizza la violenza ancestrale e la crudeltà iberica, ma trova spazio anche per il gruppo rock di Palencia “Extremoduro” e quello punk femminile de “Las Vulpess”…
Se concordo con quanto scrive a proposito della tradizione (“non è altro che una menzogna condivisa come se fosse verità”), su un punto invece non sono completamente d’accordo: quando scrive che il giornalismo e la pubblicità sono fatti per essere apprezzati dal pubblico, mentre la narrativa no e quindi è più libera.
L’ho detto a del Molino quando ha presentato “Nell’ora violetta” (Sellerio) all’Instituto Cervantes di Milano, con Bruno Arpaia. Ma di questo libro parleremo un’altra volta (prossimamente).
Saul Stucchi
Foto di Saul Stucchi
- Sergio del Molino
La España vacía
Viaje por un país que nunca fue
Turner
292 pagine, 23 € (eBook da 9,99 €)