La guerra non torna di notte di Vincenza Alfano (Solferino, 2023) racconta la storia di una donna, Cenzina, e della sua famiglia, nei giorni immediatamente prima e dopo il 1943, quando la città di Napoli si liberò dal giogo dei Tedeschi.
Il romanzo ‒ dal ritmo ben calibrato, dalla scrittura nitida, e con una trama avvincente ‒ racconta la storia di Cenzina, rimasta orfana di padre, che viene affidata dalla madre, indigente e anaffettiva, a un ricco zio, molto affezionato alla bambina.
La ragazzina rivela un’anima sensibile e delicata, tanto da amare la musica e comunicare con il mondo più con il pianoforte che con le parole. Vorrebbe consacrare la propria vita allo studio della musica e diventare una pianista di fama internazionale. Cenzina, infatti, non solo si dedica, con grande passione, alle lezioni di piano, ma riesce a fare grandi progressi in poco tempo.
Purtroppo le sue aspirazioni non diventeranno realtà, perché lo zio decide di darla in moglie a un agiato pasticciere della zona, Pasquale, che considera il talento della ragazza solo un requisito, che una donna deve avere, per sposarsi. E non le permetterà di proseguire lo studio del pianoforte.
Gli eventi storici ‒ lo sfaldamento del consenso al regime, le restrizioni dell’economia durante la guerra, i bombardamenti e la distruzione della città ‒ sono lo sfondo delle vicende esistenziali della vita di Cenzina (la nascita delle figlie Sofia e Anna, l’allontanamento dal marito, le fughe notturne per raggiungere i rifugi antiaerei, la fame che nasce dalla guerra, la paura di morire).
Ma, leggendo con attenzione, si capisce che la scrittrice ha fatto ricerche approfondite e scrupolose, soffermandosi sui particolari, prendendo come riferimento giornali dell’epoca e testi, ma affidandosi anche alle storie raccontate da chi quei momenti li ha vissuti direttamente. Cosa che si capisce quando l’autrice si sofferma su piccoli personaggi o piccole storie.
Altra caratteristica di La guerra non torna di notte è l’appartenenza. Cenzina non è solo legata a Napoli: sente di appartenere alla città, come se Napoli fosse quella madre che le è mancata nell’infanzia, come se Napoli fosse, anche, confidente, oltre che un luogo sicuro in cui vivere. In piena guerra, quando il marito le propone di rifugiarsi in provincia, Cenzina rifiuta di lasciare la città, anche se i bombardamenti aumentano e i Tedeschi rastrellano, senza alcuna pietà, tutti coloro di cui hanno solo blandi sospetti.
Cenzina rischia la sua vita e quelle delle figlie rimanendo a Napoli, ma sa che si sentirebbe persa, senza la vita dei vicoli, senza gli odori, senza le tante storie che città partenopea raccoglie e protegge. Napoli diventa, così, non solo parte della storia, ma anche un’altra protagonista del romanzo. Questo legame con la città è una questione molto cara all’autrice, che a Napoli ha dedicato pagine intense e densamente emotive. E ha fatto di Napoli, in questo e in altri romanzi ‒ basterà pensare a Chiamami Iris ‒ un luogo dell’anima vivido e ricco di storie. A ben vedere, Napoli sembra l’alter ego di Cenzina. I suoi cieli, le sofferenze che la città porta su di sé, sono le afflizioni e le gioie che la giovane donna vive.
Una volta rifiutato di andare via, Cenzina assiste alla svolta della Seconda guerra mondiale in città ‒ l’8 settembre e i giorni che precedono le Quattro Giornate ‒ e dimostra una forza che forse non sapeva di avere. Anche questo è un tema che ricorre molto di frequente nei romanzi dell’Alfano: le donne sanno sempre come affrontare le difficoltà, trovano sempre la forza di andare avanti e di provvedere agli altri, anche mettendo a repentaglio la propria vita. Mentre gli uomini non sempre ne sono capaci, mostrano le loro fragilità e incapacità, fanno scelte avventate e si dimostrano poco propensi ad assecondare e a capire le scelte delle donne.
Cenzina dimostra di esser una donna forte, quando sceglie di sfidare il Nazismo, aiutando due ebrei polacchi, fuggiti dai Tedeschi, pur sapendo che proteggerli potrebbe significare essere imprigionati e uccisi.
Dopo aver deciso di aiutare i due piloti polacchi, Cenzina scopre di essere stanca e di non aderire (se mai l’abbia fatto) all’ideologia fascista, e non voler più subire il fascismo e la guerra. E, come molti altri, si ritrova a dubitare del fascismo e inizia a prendere parte alle riunioni clandestine nell’androne di casa, prima del coprifuoco, dove esprime il proprio disprezzo. Ben presto, la donna si scopre empatica verso persone molto lontane dal suo mondo, come la popolana Maddalena Cerasuolo, e fa suo il grido «Jatevenne», che Maddalena indirizza apertamente contro i Tedeschi.
Vincenza Alfano si conferma, così, una scrittrice che s’interroga sull’umano; capace, quindi, di indagare i drammi interiori, le esistenze, i sentimenti sempre in bilico tra passato, presente e futuro.
Claudio Cherin
Vincenza Alfano
La guerra non torna di notte
Solferino
Collana Narratori
2023, 208 pagine
16,50 €