Le sei storie di Cinque giorni fra trent’anni di Francesco Fiorentino (Marsilio) prendono vita da una telefonata che Arturo riceve. Grazie a questa Arturo, ormai a fine carriera, ritrova il mondo perduto dell’università quando viene contattato da un esecutore testamentario di Guido, suo amico ai tempi dell’università, con cui ha, nel tempo, perso i contatti.
La telefonata lo porta a riaprire un mondo, quello della sua giovinezza; quello di quando aveva vent’anni, di quando, a Giurisprudenza, ha incontrato Guido, ma anche Roberta (l’amore della sua vita, forse), Emilia, il professor Onofri, del quale ha seguito le lezioni e grazie al quale è riuscito a ottenere una borsa di studio per la Francia.
Con stupore e con amarezza Arturo affronta questo viaggio a ritroso nel tempo. Fino a quando non scopre come Roberta e Guido si siano avvicinati. Roberta, sposata a un uomo che speculava con azioni su mercati americani e si è suicidato, ha perso la stabilità economica e ha trovato in Guido, al quale è sempre stata legata, un punto di riferimento. Roberta lo vuole a tutti i costi rincontrare e confidargli un segreto che riguarda entrambi. Ma Arturo non vuole aver nessun nuovo contatto con quella che è stata la persona più importante del suo passato.

Le storie, che seguono questo primo racconto, parlano di donne legate in vari modi ad Arturo e a Guido (che però non ha uno spazio vero e proprio, dove raccontare parte della sua vita).
Profondo conoscitore e studioso di Balzac, lo scrittore e francesista Francesco Fiorentino usa, in questo libro, la tecnica del ritorno dei personaggi ‒ espediente narrativo con cui lo scrittore francese ha strutturato la Comédie humaine ‒ per creare la struttura narrativa che unisce questi racconti dal di dentro.
Ma si capisce presto che non è la scelta di una struttura narrativa, a tenere unito il libro, ma il tempo, il suo fluire perenne e le disillusioni. In fondo le varie storie, i diversi personaggi non fanno altro che riflettere sul tempo passato ‒ senza amarezza o rammarico ‒ e sul bisogno di afferrare l’eterno presente che vivono e s’illudono di possedere.
Compaiono, così, le storie di persone legate, in modo più o meno stretto, ad Arturo. Quella di Elvira, che, dopo una laurea in filologia romanza e una vita nell’insegnamento, si rivela una donna fragile, in qualche modo ferita dalla vita, perché non ha trovato mai il vero amore e che una breve relazione rende indipendente.
O quella di Emilia che, in veste di avvocato, si trova a difendere un professore universitario, accusato di aver molestato una donna. Anche lei è una donna fragile, perché sa che l’uomo in questione non è nuovo a questo genere di situazioni, pur dichiarandosi estraneo ai fatti. Lei stessa ha avuto una relazione con l’uomo accusato di stupro e sa che tipo è. Elvira finisce così per capire che la verità deve essere sempre «contraffatta», per poter ottenere qualcosa, mentre la verità nuda, semplice ed essenziale, non sempre ha voce.
Di Ada c’è solo un ricordo: è già morta da tempo, quando inizia la storia. Ha lasciato un marito solo e bisognoso di cure, che entra presto in confidenza con Irina, la badante. Vive con lei un periodo abbastanza lungo, durante il quale non c’è amore fisico, ma una comprensione infinita. Irina, come molte prima di lei, ha lasciato una famiglia e un marito perdigiorno, dai quali sogna di tornare. Così un giorno decide di lasciare l’Italia e tornare a casa, lasciando il marito di Ada al suo destino di solitudine. All’amore Irina sceglie la sua famiglia e il rapporto, pure confortevole che il marito di Ada le permette.
Mentre Lea e Carla, protagoniste degli altri due racconti, a un certo punto, vedono per quello che sono i loro mariti: degli inetti.
In queste storie gli uomini sono rappresentati come mediocri, come degli egoisti, perché incapaci di trovare se stessi e di amare. Mentre le donne sono tutto l’opposto: volitive e decise a non farsi sopraffare o sottomettere. Capaci di scegliere ciò che vogliono essere. Capaci di guardare la realtà senza illudersi e trovare il coraggio di vedere l’inettitudine dei propri uomini che hanno amato, senza rimorsi o rimpianti.
Lo stile di Francesco Fiorentino è fluido, fatto di frasi brevi, di periodi paratattici, di una prosa veloce. Molto spesso l’autore suggerisce un finale più che fissarlo, perché il suo intento è quello di rappresentare la lunga, perenne trasformazione degli uomini, che all’ombra del tempo vivono, amano e cercano di capire qualcosa di sé e degli altri.
Claudio Cherin
Francesco Fiorentino
Cinque giorni fra trent’anni
Marsilio
Collana Romanzi e Racconti
2023, 160 pagine
16 €