“L’ALIBI della domenica” è dedicato questa settimana al film “Ariaferma”.
Andando al cinema per vedere “Ariaferma” di Leonardo Di Costanzo sapevo soltanto che il film riguardava una storia carceraria e che avrei visto recitare due dei migliori attori italiani in attività. Mi sono fidato di questi pochi elementi e, per una volta, ho fatto bene.
Toni Servillo e Silvio Orlando sono all’altezza del loro talento – e fin qui non c’è nulla di straordinario, se non appunto la loro bravura -, la cosa sorprendente è invece che tutti gli interpreti che ruotano attorno a loro sono perfetti, ciascuno nel proprio ruolo, a cominciare da Fabrizio Ferracane, poliziotto “d’ordine”, e da Leonardo Capuano, il nostro benamato “Macbettu”. Una prova corale convincente come raramente ne vediamo, che sia al cinema o a teatro.

Nel limbo
Due parole per raccontare al lettore qualcosa di più della trama di quanto non ne sapessi io prima di entrare in sala. Un vecchio carcere sardo sta per essere chiuso definitivamente. La maggior parte dei suoi “ospiti” è già stata dislocata altrove. Rimangono una dozzina di detenuti che dovrebbero essere trasferiti a breve, quando però arriva un ordine dal Ministero che blocca il trasferimento. Una manciata di secondini dovrà rimanere sul posto a gestire la situazione di emergenza, mentre la direttrice del carcere va ad assumere un nuovo incarico.
Nelle due ore del film saranno condensati gli eventi di questi – pochi o tanti non è dato sapere, né importa – giorni di interregno, un tempo non previsto che non appartiene più al passato e non ancora al futuro, in un luogo in via di dismissione che viene rapidamente riconvertito. I paesaggi lunari della Gallura circondano quello che nella realtà è il carcere dismesso di San Sebastiano a Sassari. Ma è un limbo la galera di “Ariaferma” e tutti quelli che ci si trovano ne sono – o ne diventano – consapevoli.
Il senso di claustrofobia occupa lo spettatore per tutto il tempo del film. È dura la galera, dice il detenuto Lagioia (Orlando) all’ispettore penitenziario Gargiulo (Servillo), quando ne scorge, per un attimo, il disorientamento. Ferma al centro della sala circolare su cui affacciano le celle dei pochi detenuti rimasti, la guardia è essa stessa prigioniera.
La partita a scacchi tra i due sarà giocata con abilità e diplomazia, soprattutto quando comprenderanno che non si stanno affrontando per vincersi l’un l’altro, quanto piuttosto per un’onorevole patta che salvi l’intera comunità e non soltanto una delle due metà in cui è divisa.
Elogio del compromesso
Il film di Di Costanzo è un elogio del compromesso, che non è media matematica, ma capacità di capire quando tenere la posizione e quando invece cedere qualche metro, avendo sempre chiaro in mente l’obiettivo. La forza non sta nel manganello, ma nella flessibilità mentale. Il capo delle guardie è duro e insieme flessibile. Non oppone un muro di rigida fermezza che potrebbe spezzarsi come il vetro all’urto. Si fa invece rete per deformarsi al colpo e resistergli intatto.
Ecco il segreto del successo della sua missione. In una parola: responsabilità. Con le parole, le azioni e le decisioni l’ispettore Gargiulo si assume un ruolo paterno verso i detenuti, individuando una lingua comune nella babele di linguaggi che si parlano in carcere: gli idiomi e i dialetti dei detenuti, ma anche i codici di comportamento e le regole, scritte e non.
Solidarietà e convivialità sono ingredienti irrinunciabili nelle ricette che spengono la fame. Si esce da “Ariaferma” con un sano appetito, non solo per il ragù di Lagioia / Orlando, ma per persone in ruoli chiave degne delle responsabilità che sono state loro affidate. Per quanto mi riguarda anche con la consapevolezza che aveva ragione il mio professore di Numismatica all’università, quando diceva che “la vita non è che una fuga da una prigione all’altra”.
Saul Stucchi
Ariaferma
Regia: Leonardo Di Costanzo
Sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero, Valia Santella
Fotografia: Luca Bigazzi
Interpreti: Toni Servillo, Silvio Orlando, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano, Roberto De Francesco, Pietro Giuliano, Nicola Sechi, Leonardo Capuano