Ho riletto il racconto Clitennestra o del crimine di Marguerite Yourcenar (pubblicato nella raccolta Fuochi) poco prima dello spettacolo al Teatro Ruggeri di Guastalla (Reggio Emilia): sono otto pagine nell’edizione dei Classici Bompiani. Il raffronto diretto con l’allestimento di Igor Mattei mi ha al principio spiazzato: la Clitennestra interpretata da Marina Biondi appare infatti più debole che crudele, vittima lei per prima della fine della storia d’amore col marito Agamennone, tornato dopo il decennale assedio di Troia, vittorioso sì, ma lui stesso appesantito dagli anni.
Il lungo iato temporale ha scavato una fossa tra i due coniugi e il tradimento del re con la giovane Cassandra non è che la conseguenza quasi logica della lontananza a cui corrisponde, in perfetta simmetria, il tradimento di lei con l’altrettanto giovane Egisto. Quanto diversa dalla determinata Clitennestra delle Coefore di Eschilo impersonata da Enrica Sangiovanni al Passo della Futa!
Lungi dall’essere una Lady Macbeth priva di scrupoli, la Clitennestra di questo monologo non è annebbiata dalla sete di vendetta: racconta invece a se stessa (dunque agli spettatori) la somma di dolori che l’ha portata a tendere l’agguato mortale al marito. È come se provasse il discorso che poi terrà di fronte ai giudici, non tanto di autodifesa, quanto di rievocazione il più possibile oggettiva dei fatti e delle loro, inevitabili, conseguenze. La regina pulisce gli stivali del marito portandoseli al seno, stringendoli con trasporto quasi inconscio, cercando nel contatto con essi quell’abbraccio d’amore che non potrà più avere. Allo stesso modo il cappotto militare e il berretto che indossa non ne denunciano la virilità minacciosa quanto piuttosto sono spie del tentativo – fallito – di restare vicina al suo uomo: uno psicanalista li chiamerebbe sostituti di Agamennone.
Marina Biondi – Clitennestra misura lo spazio scenico come se stesse compiendo il giro della prigione (fuor di metafora; ma la metafora rimanda allo Zénon de L’Opera al nero della stessa Yourcenar: “chi sarà tanto insensato da morire senza aver fatto per lo meno il giro della propria prigione?”). È spaurita? Certamente è ancora gelosa e l’odio che l’ha spinta a uccidere il marito è il rovescio della medaglia del suo amore per lui. È una Penelope che non ha avuto la pazienza di attendere il ritorno del consorte (e magari di sopportarne la veloce ripartenza), rimasta schiacciata dal peso dell’angoscia, dalla disperazione dell’abbandono e infine della derisione.
Lo specchio l’ha pugnalata con la rivelazione che i dieci anni non sono trascorsi senza lasciar traccia sul suo corpo, così come ne è rimasta ferita l’anima: impossibile dunque riprendere il filo della vita familiare dove era stato interrotto. Ma l’omicidio non le ridarà la pace perché non riporterà indietro il tempo e Agamennone tornerà a visitarla da fantasma, nonostante lei gli abbia tagliato i piedi per impedirgli di uscire dalla tomba: “lui che durante dieci anni non ha fatto lo sforzo di prendersi un congedo di otto giorni per ritornare da Troia, lui è ritornato dalla morte”.
Lo spiazzamento iniziale è presto evaporato per lasciar posto alla convinzione di assistere a uno spettacolo ben pensato e ancor meglio messo in scena: è valsa la pena attraversare la pianura padana per venire a vederlo.
Saul Stucchi
CLITENNESTRA
di Marguerite Yourcenar
Con: Marina Biondi
Regia: Igor Mattei
Scene: Giacomo Tringali
Costumi: Cristina Da Rold
Disegno luci: Flavio Paragona
10 marzo 2012 ore 20.30
Teatro Ruggero Ruggeri
Piazza Garibaldi 1
Guastalla (RE)
Tel. 0522.839757