Metà agosto del 2013. Sotto il gazebo della masseria in cui sto trascorrendo le vacanze con la famiglia posiziono sul tavolo di pietra il libro Intervista sul potere di Luciano Canfora, a cura di Antonio Carioti, edito da Laterza. Accanto sistemo il tablet con cui registrerò la conversazione telefonica con il Professore (filologo, storico, saggista, conferenziere apprezzato…). La cornice è platonica: davanti a me si stende la Valle d’Itria che richiama quella del fiume Ilisso immortalata nel Fedro. Ma non sarà l’amore il tema del nostro dialogo. O forse sì: quello per la storia.
Dopo i saluti esordisco domandando al Professore il motivo del suo frequente tornare alla guerra civile ateniese. “Mi pare che lei faccia un po’ come Teopompo: abbia cioè in mente un progetto unitario che riguarda la lunga guerra del Peloponneso e che lo porti avanti ormai da decenni. È un progetto che le è parso unitario fin dall’inizio o lo sta approfondendo libro dopo libro?”.
All’inizio ci fu Tucidide, risponde Canfora. Al liceo lesse il libro VIII della Guerra del Peloponneso, cronaca drammatica di un conflitto politico che sta per diventare una guerra civile. Quello è stato il punto di partenza per tutto il resto. E per “il resto” intende ovviamente il suo interesse per Tucidide e più in generale per l’Atene dei secoli V e IV.
Sulla continuità si dice d’accordo, spiegando di aver sempre considerato Teopompo un protagonista molto attivo, misconosciuto soltanto perché la sua opera si è inabissata, probabilmente già nel corso della tarda antichità, e invece quella era la risposta a Senofonte. “C’era proprio una volontà di riscrivere, di precisare, di contestare”.
Recentemente ha deciso di proseguire la storia della guerra civile ateniese mettendo al centro della sua indagine Platone e Aristofane, ovvero gli sviluppi, dopo la morte di Socrate, del conflitto tra filosofi e poeti comici. Platone come l’erede dell’uomo messo a morte perché cattivo maestro e Aristofane come il fustigatore dei filosofi cosiddetti nemici della città.
“A me pare che lei s’impegni a indagare lo stesso tema affrontandolo da punti di vista sempre diversi. E che cerchi di dare spazio anche a personaggi considerati minori, facendo un utilizzo molto abile delle fonti…”, osservo. “Abile? Forse sì”, si schernisce il Professore. “Certamente le fonti parlano, se uno le fa parlare. C’è molto conformismo nei nostri studi. Una regola aurea della produzione accademica è non modificare le idee prevalenti”. Al contrario lui ha sempre preferito disinteressarsi di questo modo di procedere per interrogare i testi con mente aliena da pregiudizi, scoprendo che essi dicono molto di più di quanto non si pensi. La sua regola aurea è la libertà di ricerca: nessuna idea preconcetta e soprattutto ritorno diretto alle fonti.
Presa un po’ di confidenza (ma solo un poco: sto chiacchierando al telefono col Professor Canfora, il mio mito!), tento una piccola provocazione. “Nei suoi libri si nota un profondo piacere nel raccontare la storia. Ma non è che quello dello storico, più che un mestiere pericoloso (come quello dei filosofi greci a cui ha dedicato un libro dal titolo omonimo uscito da Sellerio), sia in realtà un mestiere inutile?”.
Il Professore non fa una piega e risponde: “Se è fatto sul serio anche quello dello storico è un mestiere pericoloso perché va contro il potere che vuole tutelare un certo racconto della storia”. Per certi versi è un lavoro impossibile, perché gli archivi sono nelle mani del potere e quindi lo storico è sempre in lotta per avere accesso all’informazione. “Non direi però inutile – aggiunge – perché anche questa lotta, per quanto spesse volte risulti perdente, è altamente formativa sul piano politico. Aiuta chi la fa e chi se ne occupa studiandola ad assumere un atteggiamento di libertà di pensiero e di contestazione delle verità prefabbricate”.
È arrivato il momento di parlare del libro-intervista con Antonio Carioti, giornalista del Corriere della Sera. Ci arrivo citando l’onesta ammissione di Tocqueville “Amo con passione la libertà, la legalità, il rispetto dei diritti, ma non la democrazia”. Anche questa volta uno dei temi principali è la democrazia e il Professore torna ad affrontarlo alternando critiche severe a una sorta di sacro rispetto… Mi dice: “Un punto su cui ho sempre insistito, e per il quale penso che non ci sia contraddizione tra le due posizioni, è che quella che noi chiamiamo democrazia (in realtà il sistema rappresentativo parlamentare elettorale) è lontanissima dalla forma di potere popolare che gli antichi definivano democrazia; è l’esatto contrario. Non soltanto per un giudizio moralistico, ma perché essa nasce per essere un freno al potere dei poveri che era appunto la democrazia secondo Aristotele”.
E prosegue: “Sono due forme differenti. La democrazia come potere dei poveri è un’aspirazione perenne. L’aspirazione all’eguaglianza è un dato ineliminabile che alimenta la spinta democratica, quale che sia il contesto storico, ci sarà sempre. Dall’altra parte ci sono i meccanismi della rappresentanza che sono dall’alto al basso. Noi viviamo in un paese da un certo punto di vista grottesco, dove addirittura viene stabilito dall’alto chi deve essere eletto e se uno ha un pochino di voti in più ha il triplo dei deputati dell’altro: follie che sono la negazione radicale del principio del suffragio universale”. Concludendo così: “Per tutto il secolo decimonono il suffragio universale è stato addomesticato per timore che il proletariato diventasse maggioranza numerica. Poi è stato svilito e addirittura negato con le leggi elettorali di tipo maggioritario che servono a impedire che le minoranze abbiano rappresentanza. Se questa è democrazia…!”.
Nella prima parte del libro-intervista rievoca gli esordi della carriera universitaria, soffermandosi sul precoce interesse per il rapporto tra potere ed élite. “I problemi che abbiamo derivano, almeno in parte, dalla crisi delle élite?” gli chiedo. Concesso che non possiamo fare a meno delle élite, potremmo forse sperare in élite migliori…
Demolisce l’ingenuità della speranza, cattiva consigliera già per i Melii assediati dagli Ateniesi (il riferimento è naturalmente al celebre dialogo riportato da Tucidide nel V libro), prima di rispondere: “Indubbiamente il potere, qualunque esso sia, compreso quello delle rivoluzioni più radicali, si organizza in forma di élite dirigenti, per una ragione elementare di organizzazione e operatività. Lo scontro è tra élite contrapposte. Il problema è capire chi c’è dietro, in rappresentanza di chi e con quale capacità di ricambio queste élite si scontrano. Il nostro vero problema è lo sdoppiamento delle élite: quelle che comandano davvero stanno tra Francoforte, Strasburgo, Bruxelles e Washington e dirigono il mondo dal punto di vista dell’economia, cioè tutto, lasciando a personale politico di varia qualità o irrilevanza il compito di tradurre in parole più o meno ingannevoli le decisioni che vengono prese lì. Già parlar chiaro, spiegare come funziona, è una forma di lotta contro questa forma di predominio”.
Per concludere chiedo al Professore di togliermi una curiosità: nella rosa di libri che qualche giorno prima ha consigliato ai lettori del Corriere della Sera compare al settimo e ultimo posto Il visitatore segreto di Le Carré. Confesso il mio stupore. “Come mai Le Carré?”. Canfora si dice sorpreso della mia sorpresa. “Le Carré è un grande scrittore, oltre che uno che ha lavorato nei Servizi inglesi”. “È molto tucidideo, dunque…”, commento. Non solo, spiega, ma addirittura mette in luce quello che i grandi storici hanno capito da tanto tempo. Come Ronald Syme, Le Carré sa che la storia vera è quella segreta. “Studiare quel mondo che Le Carré conosce da vicino e rappresenta in modo acuto significa dunque studiare la storia. Ecco perché lo leggo con passione, anche ammirandone l’intelligenza e la capacità narrativa”.
Da Teopompo a Le Carré in mezz’ora, mentre laggiù, sullo sfondo, la Valle d’Itria sonnecchia per la siesta, percorsa da un amabile venticello.
Saul Stucchi
Luciano Canfora
INTERVISTA SUL POTERE
a cura di Antonio Carioti
Laterza
Luciano Canfora
LA GUERRA CIVILE ATENIESE
Rizzoli
Luciano Canfora
IL MONDO DI ATENE
Laterza