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Voi siete qui: Biblioteca » Da Sellerio “Mia anima carnale” di Giorgio Manganelli

16 Marzo 2023

Da Sellerio “Mia anima carnale” di Giorgio Manganelli

Agli occhi del lettore Giorgio Manganelli non si smentisce mai – anche in una scrittura che ci si aspetterebbe meno impegnativa, perché esposta per motivi affatto privati, la tenuta linguistica non cede un grammo d’intensità. Forse lo pensava la stessa destinataria delle lettere pubblicate da Sellerio col titolo Mia anima carnale, Ebe Flamini, con la quale quell’«uomo ingrovigliato, difficile, avvilito dai sobbollimenti tormentosi del suo abisso interiore» (Salvatore S. Nigro nell’introduzione) cominciava una relazione nello stesso periodo, il principio degli anni Sessanta, in cui avrebbe messo mano al suo primo, per certi versi insuperabile libro, Hilarotragoedia.

Giorgio Manganelli, Mia anima carnale. Lettere a Ebe, Sellerio

L’approccio dello scrittore, successivo a qualche incontro dal vivo in più larga compagnia, richiede prudenza, ma il Manga approfitta del suo proprio mezzo, la parola scritta, per organizzare l’armamentario d’attacco in modo di garantirsi anche l’eventuale difesa: «Gentilissima, Cara, Carissima Ebe (fa’ un po’ tu)», esordisce, traccheggiando poi con qualche svolazzo barocco e metafore culinarie, allusivo ma non troppo compromettente, affida la lettera ad Augusto Frassineti (del quale è stato recentemente ripubblicato il singolare Misteri dei Ministeri) e si mette in attesa.

Ebe risponde da par suo, mostrando di aver capito benissimo la strategia dell’interlocutore e lo invita ad asciugare il dettato, ossia a dichiararsi più francamente: «Sempre così dovremo parlarci? Fra inchini e salamelecchi? (…) Mi farebbe piacere rivederti».

Manganelli non aspetta altro – dalla seconda lettera (agosto 1960) non dismette certo la sua cifra stilistica ma la declina su riferimenti espliciti, concretissimi e carnali, al desiderio della donna. Si dice «avviluppato in brodi bollenti, spinaci butirrosi» proseguendo sulla metafora culinaria della prima missiva, e aggiunge «E prima di addormentarmi ieri sera ho cercato la tua bocca».

Accelera insomma, il Manga, in tutti i sensi, non solo i passi della seduzione, dell’esplicita profferta della sua inquietudine erotico-sentimentale ma quelli dell’inarrestabile inventiva linguistica che conosciamo e sarebbe pleonastico sottolineare se non fosse che qui viene spesa senza che alcuna necessità «artistica» lo richieda. L’urgenza amorosa non annulla la verve funambolica dello scrittore che per solo apparente paradosso acquista anzi un sapore supplementare, di carnale consistenza. «Dal garretto al petto quel corpo, il corpo di Ebe, è greco – di acerbo ellenismo: solido e rapido a percorrersi con lo sguardo, ben librato attorno alla coppa rotatoria dell’ombelico, asciutto, svelto, di femminilità un poco contenuta».

Scopriamo un Manganelli partecipe, appassionato, amabilmente sulfureo ma sempre lucidissimo: l’«attesa inasprita, irosa, tumultuosa» delle lettere di Ebe richiede il tentativo di colmarla immaginandosele, e nel contempo prepararsi, difensivamente, a un’eventuale, precoce rottura (illazione, la nostra, sia chiaro, nemmeno preliminare ma suggestiva lettura di qualche indizio psicologico disseminato qua e là, non esclusi gli espliciti, cupi riferimenti al rapporto con la madre, il sentimento per la quale è descritto come «un sacro orrore»).

Negli anni seguenti, le lettere (ritrovate in una scatola di cartone nell’abitazione di Flamini dopo la sua morte) vengono spesso inviate da distanze esotiche. Quest’«uomo fragile, indifeso di fronte alla birra, svagato e inefficiente» (la definizione è in proprio) fu tutt’altro che occasionale viaggiatore, sorpreso da sé stesso quando si misurava con la giungla, climi impossibili e acque «formicolanti di coccodrilli» dell’Estremo Oriente, ma pertinace, reattivo e ironico (ci sono pagine imperdibili negli scritti di viaggio raccolti nel volume Cina e altri Orienti, specie quelle sui turisti italiani in Thailandia, che avrebbe potuto benissimo scrivere Gadda).

Un uomo lunare e umbratile quanto si vuole che però non lesina sforzi al suo corpo, che conosce passioni sensualissime al punto di definirsi – per tornare al libro – anche «un mandrillo con gli occhiali», e sa rivolgersi all’amata Ebe – la quale rinuncia presto a gareggiare con lo scrittore sul piano della lingua – così: «Cara la mia cotogna, tu mi sembri un morbido, sugoso frutto autunnale, di quelli che abbisognano di gran tempo per maturare tutti i loro succhi intrinseci, che vivono la loro estate assieme all’autunno, quei frutti deliziosi, voluttuosi, mielati, goccianti zuccheri interiori che hanno una lunga, afra e lazza (acerbetta) adolescenza, quando erano piccoli e duri, e legavano i denti. Ora sei nespola, ananasso, pompelmo e cotogna. E io ti voglio mangiare, ammannita sul desco delle tue lenzuola».

Michele Lupo

Giorgio Manganelli
Mia anima carnale. Lettere a Ebe
A cura di Salvatore Silvano Nigro
Sellerio
Collana La memoria
2023, 128 pagine
13 €

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