Prologo. Sabato 6 aprile, dopo essere stato ospite della trasmissione Roba che scotta di Radio Popolare per raccontare il mio blog sul caffè Tazzine d’Italia, mi sono fermato a mangiare in un locale di Monza. Durante il pranzo ho ricevuto una mail che iniziava così: “Gentile redazione, è uscito il mio quarto romanzo: Vernice Fresca. Tratta di ingegneria genetica e bioterrorismo. Hans Tuzzi (uno dei personaggi della storia) nella presentazione a Crema del 14 marzo lo ha definito uno scientific thriller. Io aggiungo lombardo…”.Non conoscevo il mittente, Antonio Grassi, ma mi ha incuriosito il riferimento a Hans Tuzzi (in qualità di personaggio, poi) e questa curiosa coincidenza: avrei intervistato lo stesso Tuzzi il lunedì successivo! (qui l’intervista) Lo scrissi a Grassi nella risposta che subito gli inviai e gli chiesi se mi poteva mandare una copia digitale del romanzo. Cosa che fece. Fine del prologo.

“Cielo padano plumbeo”, per citare i CSI di Linea Gotica, lungo la strada che dalla Brianza porta a Crema. La citazione musicale non è casuale: andiamo a incontrare lo scrittore Antonio Grassi che ha appena mandato in libreria il suo quarto romanzo, Vernice fresca, edito da Libreria Dornetti. Il protagonista è Duilio Cattaneo, un ex sessantottino che ha fatto carriera in una multinazionale della chimica, centro di pericolosi esperimenti e di occulti giochi di potere. Ha lasciato indietro il suo passato ma qualcuno si è fatto vivo per ricordarglielo e arriverà il momento in cui dovrà scegliere, ancora, da che parte stare. Il plurale del verbo si deve invece al fatto che questa volta sono in compagnia di mia moglie che di lavoro fa l’informatrice scientifica (e anche questo particolare non è secondario).
Grassi arriva puntuale all’appuntamento nella centrale piazza Garibaldi di Crema, “dove parcheggia Duilio nell’ultimo capitolo”, ha scritto nella mail in cui mi ha comunicato l’orario dell’incontro. Lo riconosco da lontano grazie all’ampio cappello di feltro che porta e dopo le presentazioni di rito ci accompagna al Caffè Vienna, luogo che ha scelto per la nostra chiacchierata. Nel breve percorso saluta alcuni amici e mi mostra il calendario della manifestazione Crema del pensiero (dal 3 al 5 maggio). Come fosse un gioco, cerco di identificare dalle foto sul manifesto i quattordici relatori: ne riconosco almeno la metà. Uno, il professore Giovanni Reale, l’ho anche ospitato alla biblioteca di Mezzago per il ciclo sulla Genesi che ho organizzato giusto sette anni fa.

Nella saletta interna del bar Antonio appoggia la copia cartacea di Vernice fresca e io ne approfitto subito per scattare una foto con i caffè, non appena arrivano. Lui ha ordinato un decaffeinato, io un caffè normale, mia moglie un marocchino con una piccola brioche. Sapendo del passato di informatore scientifico del giornalista e scrittore lei non perde tempo e passa subito al tu colloquiale, chiedendogli per quale azienda lavorasse e quali farmaci presentasse ai medici. L’abbrivio farmaceutico consente ad Antonio di raccontare la prima parte della sua carriera che ha visto molto presto l’incrociarsi tra scienza e informazione. Erano anni d’oro per il settore farmaceutico in Italia, ma anche di giornalismo si viveva bene e quando gli è stato proposto di entrare nella redazione de La Provincia ha chiesto e ottenuto lo stesso stipendio che aveva come informatore. Si è sempre occupato di temi legati all’ambiente e ai pericoli che lo minacciano.
Cita Ammaniti per convenire con lui che esistono due tipi di scrittore: di tana e di prateria. “Mi considero uno scrittore e un giornalista di prateria. Uno che va a cercare, che scava”, dice. È laureato in scienze biologiche e spiega che come il biologo indaga dal macro elemento alla molecola, così il giornalista deve cercare e approfondire le notizie. “Avendo una forma mentis da biologo, l’ho applicata al giornalismo”. Si è laureato a Pavia quando è stato creato l’Istituto di Ecologia, con una tesi sull’habitat del cavedano e anche questo particolare è significativo: la sua prima indagine gli ha infatti insegnato che l’attività dell’uomo (soprattutto a causa dell’inquinamento che comporta) condiziona la vita e i processi riproduttivi degli animali.Intorno a noi la saletta è tutt’altro che silenziosa. Per descriverla prendo a prestito una citazione dalla pagina 390 di Vernice fresca: “Il posto era affollato, impossibile una conversazione a bassa voce, riservata”. La chiacchierata tuttavia procede piacevole con la rievocazione da parte di Antonio dei suoi primi tre romanzi. Sono tutti ambientati in una città di provincia che è Crema, anche senza essere Crema. Lui si rivolge infatti a un pubblico nazionale, ma sa benissimo che tutte le città di provincia italiane si assomigliano tra loro perché la società che vive in ciascuna di esse è organizzata secondo le stesse strutture e si comporta seguendo gli stessi meccanismi. Macramè (2002), L’erba del diavolo (2004) e Il cuore batte ancora (2007) formano una trilogia. “Gialli sociali” li chiama, mentre non concorda con quanti definiscono Vernice fresca un libro ambientale. Preferisce usare l’espressione “romanzo di post-formazione”, sottolineando l’evoluzione personale del protagonista.
Mentre Mina e Alberto Lupo cantano alla radio (a un volume un po’ troppo alto) Parole parole, Antonio racconta del Sessantotto che in provincia non è esistito. È stato un fenomeno importato e scopiazzato: i figli di papà erano democratici solo a tavola, ma sono sempre rimasti i soliti privilegiati. Confessa poi che il suo critico più severo, il figlio filosofo (lo stesso che gli ha consigliato di scrivere ad ALIBI), gli ha detto che la paura dei virus – attorno a cui ruota l’ultimo romanzo – è un problema borghese. Sia come sia, a lui interessano molto il problema della neutralità della scienza – “Se a Cremona hanno clonato il toro Galileo (nel 2000, ndr), allora è possibile clonare anche l’uomo. Dal punto di vista tecnico non è un problema. Anzi, sono convinto che qualcuno l’ha già fatto” – e quello del libero arbitrio. Olga, la fidanzata di Duilio, parla di una pillola in grado di cancellare i brutti ricordi, in qualche modo anticipando una notizia data alcuni giorni fa dai giornali: sarebbe stata sintetizzata una molecola che attenua i ricordi spiacevoli.
A questo punto intervengo per dirgli che a parer mio Olga esce un po’ troppo in fretta dalla vita di Duilio (ma non voglio svelare troppo ai lettori!) e Antonio cita Checov per sottolineare la necessità che tutti i fucili che aveva messo in campo prima o poi sparassero. Olga è dentro al sistema e il sistema la salva – spiega – mentre Duilio si salva per la sua coerenza e passa a elencare i prodromi che avvisano di un rapporto ormai logorato (“che forse lui non coglie!” suggerisce maliziosamente mia moglie). “È un colpo di scena senza il delitto!” aggiunge lo scrittore che poi si sofferma sul finale aperto, molto apprezzato da Hans Tuzzi.
Ma come l’ha conosciuto? L’editore Dornetti gli disse che Tuzzi sarebbe venuto a Crema a presentare un suo romanzo e gli chiese se avrebbe voluto introdurlo. Grassi lesse il libro e poi tenne un bell’incontro pubblico. Mentre accompagnava Tuzzi alla macchina gli consegnò una copia de Il cuore batte ancora. Era convinto che il “collega” lo prendeva solo per cortesia ma che se ne sarebbe sbarazzato una volta tornato a Milano. Invece dopo quindici giorni ricevette una mail da Adriano Bon (il vero nome di Hans Tuzzi): “dieci righe che ho messo in cornice”, con la quale si complimentava per l’intreccio della storia.
Vernice fresca ha avuto una gestazione lunga. È un romanzo complesso, con duemila fucili che dovevano sparare tutti e lui si trovava a dover controllare continuamente la concordanza tra le tappe anagrafiche del protagonista e i fatti storici, dal Sessantotto in poi. E l’ha mentre era responsabile della redazione di Crema, nel poco tempo libero che gli avanzava. Ora sta già lavorando al prossimo romanzo che dovrebbe essere un medical thriller. Nel frattempo è andato in pensione, ma continua a collaborare con La Provincia: il giorno stesso del nostro incontro è uscito un suo articolo dedicato alle aziende partecipate (“sono stato un antesignano a sparare contro le partecipate”).
“Ma come si ferma la ricerca?” domanda mia moglie. La ricerca non si può fermare. Possiamo però acquisire coscienza di quanto accade, discutendo dei problemi e portandoli a conoscenza dell’opinione pubblica e anche un romanzo può essere utile, risponde Antonio. Il suo libro non è pessimista: volutamente l’ha dedicato a chi non ha certezze ma crede comunque che si possano migliorare le cose.

Usciamo dal caffè e Antonio ci porta alla sua auto per regalarci la litografia della città immaginaria di Vernice fresca, realizzata dalla sua amica Magda Franzoni. Passeggiando per il centro di Crema saluta due politici cittadini (di coalizioni opposte) e poi mi mostra la pila di Vernice fresca in bella mostra all’entrata della principale libreria cittadina.

Mentre ci accompagna a un ristorante che ci consiglia per averne sentito parlare bene (“ma la prossima volta sarete miei ospiti”, ci tiene ad aggiungere) chiacchieriamo del ruolo rivoluzionario della borghesia e della bravura dei provinciali. Bei tempi quando bastava per entrare in un giornale! Speriamo almeno che il settore farmaceutico resista ancora per qualche decennio…

Mentre ci accompagna a un ristorante che ci consiglia per averne sentito parlare bene (“ma la prossima volta sarete miei ospiti”, ci tiene ad aggiungere) chiacchieriamo del ruolo rivoluzionario della borghesia e della bravura dei provinciali. Bei tempi quando bastava per entrare in un giornale! Speriamo almeno che il settore farmaceutico resista ancora per qualche decennio…
Saul Stucchi
Caffè Vienna
via Mazzini 84
Crema (CR)
– Un caffè
– Un caffè decaffeinato
– Un marocchino
– Una mini-brioche
TOTALE: 4.20 €
Antonio Grassi
Vernice fresca
Libreria Dornetti
2013, 492 pagine, 17 €
www.libreriadornetti.it