Impossibile rendere conto in maniera unitaria e insieme esaustiva del Brescia Photo Festival, arrivato quest’anno alla quinta edizione. Tanti sono gli eventi e le mostre in cui si articola la manifestazione, organizzata dalla Fondazione Brescia Musei in collaborazione con il Ma.Co.F., il Centro della Fotografia Italiana. Tema unificante: “Le forme del ritratto”.
È bene anticipare che le esposizioni aprono i battenti oggi, giovedì 31 marzo, e si potranno visitare (almeno quelle principali) fino al 24 luglio. Numerose sono le sedi coinvolte, dal Museo di Santa Giulia alla Cantina Guido Berlucchi, passando per la Pinacoteca Tosio Martinengo.
Le righe che seguono, dunque, sono piuttosto una selezione di spunti, da intendersi come altrettanti inviti a esplorare le tante facce del Festival, con l’augurio che il lettore possa trovarli in qualche modo utili durante la sua visita (da declinare preferibilmente al plurale, considerata la ricchezza del materiale esposto). Queste mie osservazioni sono istantanee nella formulazione, ma ben calibrate nell’esposizione, proprio come gli scatti in mostra. Non è forse la fotografia la più spontaneamente artificiosa o la più artificiosamente spontanea delle arti?
La dinastia Weston
Il posto d’onore non può che essere riservato alla mostra “Weston. Edward, Brett, Cole, Cara. Una dinastia di fotografi”, allestita al Museo di Santa Giulia con la curatela di Filippo Maggia (il catalogo è pubblicato da Skira).
Artisticamente parlando, la dinastia viene fondata da Edward Henry Weston (1886-1958), uno dei maestri della fotografia mondiale. Passa poi per i suoi figli Theodore Brett (1911-1993) e Cole (1919-2003), e arriva alla nipote Cara (nata nel 1957), figlia di Cole e dell’attrice Helen Prosser.

Sono esposte un’ottantina di fotografie, di cui metà del capostipite, tutte in un rigoroso bianco e nero. Vanno gustate una per una, con calma. Qui è impossibile non menzionare almeno il ritratto di Tina Modotti (a cui tra poco il Palazzo Ducale di Genova dedicherà la mostra “Tina Modotti. Donne, Messico e libertà”: dall’8 aprile al 9 ottobre). Sulla parete di fronte è riprodotta questa citazione di Edward Weston:
Lei si appoggiò a un muro imbiancato. Mi sono avvicinato… e l’ho baciata. Una lacrima scivolò sulla sua guancia, e io ho catturato quel momento per sempre”… Il nuovo ritratto di Tina è stampato. Insieme al ritratto di Lupe è il migliore da me fatto in Messico, forse il più bello di tutti…”
Straordinarie le immagini di comunissimi ortaggi divisi in due, come un carciofo e un cavolo. E poi conchiglie e peperoni, nudi femminili, alberi e oggetti di vita quotidiana. Interessante vedere come i diversi componenti della famiglia trattino il tema delle dune, quasi un “affare di famiglia”.
Lo sguardo restituito
Curata da Renato Corsini (curatore dell’intero Festival) e Tatiana Agliani, la mostra “Lo sguardo restituito” offre ai visitatori una sorta di compendio – inevitabilmente parziale e soggettivo – di un genere che è tra i capisaldi della fotografia: il ritratto. Alcune opere in mostra sono celeberrime, vere e proprie icone. Dal ritratto di Ernesto Che Guevara di Alberto Korda a quello della ragazza afghana immortalata da Steve McCurry.

Ma ci sono anche la Brigitte Bardot di Douglas Kirkland, il Marlon Brando di Santi Visalli, la Claudia Cardinale di Tazio Secchiaroli e tanti altri. Tra cui il Peter Ustinov di Yousuf Karsh, immortalato nel 1979, anno in cui uscì il film “Ashanti” diretto da Richard Fleischer. All’anno precedente risale invece “Assassinio sul Nilo”. Inutile aggiungere che per me quello impersonato da Ustinov è il “vero” Poirot.
Prezioso cammeo il ritratto di Guglielmo Achille Cavellini realizzato da Andy Warhol. Una foto di Danilo Allegri del 1974 mostra l’artista statunitense intento a fotografare l’artista e collezionista bresciano.
Pasolini
Il Brescia Photo Festival non poteva trascurare un importante anniversario come i 100 anni della nascita di Pasolini. Dedica all’intellettuale, scrittore, poeta e regista (ma anche pittore), la mostra “Per essere poeti, bisogna avere molto tempo”, curata da Renato Corsini con Gerardo Martorelli. Ci sarà tempo fino al 24 luglio per visitarla.
Gli scatti selezionati, opere di fotografi come Gianni Berengo Gardin e Vittorio La Verde, Sandro Becchetti e Aldo Durazzi, mettono in luce – nel gioco del bianco e nero – il Paolini intimo. Il percorso espositivo si apre con le immagini di Pier Paolo insieme alla madre, Susanna Colussi. Si dà poi spazio alla passione per il calcio e a quella per il cinema.

Tra parentesi: è esposto anche il calendario con la programmazione delle proiezioni dei lungometraggi di Pasolini al Cinema Nuovo Eden. L’11 e il 12 maggio, per esempio, verrà proiettato “Porcile” del 1969, uno dei titoli a cui Georgios Katsantonis ha dedicato il suo recente libro “Anatomia del potere”, pubblicato da Metauro Edizioni (ne scriverò prossimamente).
Alcune fotografie le ho viste anche alla mostra “Pier Paolo Pasolini. Non mi lascio commuovere dalle fotografie” che si è appena chiusa al Palazzo Ducale di Genova (su ALIBI potete leggere una doppia recensione: rispettivamente a firma del sottoscritto e di Simone Cozzi).
L’Eritrea di Frullani
“Maurizio Frullani. Sette anni in Eritrea” è il titolo della mostra allestita al piano terra del Mo.Ca – Centro per le Nuove Culture, curata da Corsini con Federica Luser. Si potrà visitare fino al 15 maggio.

Degli scatti realizzati da Frullani dal 1994 al 2001 colpiscono in particolare gli occhi delle donne ritratte. Tra due fotografie è riprodotto un brano della poesia “Guerra e una donna” di Saba Kidane, giornalista, poetessa e attivista politica eritrea (nata nel 1978):
Un paese
ha bisogno di una donna
per trovare la pace.
Solo una donna
può sacrificare abbastanza
per vincere la paura,
vincere la battaglia
e mantenere la pace in vista.
Il torno di anni in cui Frullani visse ad Asmara, dove insegnò educazione fisica alla scuola italiana, fu un periodo turbolento, dalla dichiarazione d’indipendenza (1993) alla guerra con l’Etiopia, conclusasi nel 2000. Le foto esposte sono state realizzate nei rari momenti di tregua del conflitto.
I protagonisti di Becchetti
Al piano superiore del Mo.Ca. sono allestite altre due mostre: “Sandro Becchetti. Protagonisti”, curata da Corsini e Martorelli e “Stanislao Bragadina. Hollywood a Brescia”, curata da Corsini con Marco e Matteo Rapuzzi (entrambe aperte fino al 15 maggio).
“Quei volti noti, spesso famosi nel mondo, costituiscono il nucleo fondamentale di una mia galleria”. Con queste parole del fotografo romano si apre il pannello di sala che inaugura il percorso espositivo dedicato al quasi decennio di collaborazione di Becchetti con il quotidiano “Il Messaggero”.
Il visitatore può divertirsi a riconoscere i personaggi ritratti, da Ugo Tognazzi a Carmelo Bene, da Natalia Ginzburg a Giuseppe Ungaretti, fino a Joe Cocker. Il suo ritratto, scattato negli anni Settanta, è accompagnato da una didascalia che si chiude con un errore. Ma più che un refuso è forse un malizioso lapsus:
C’è un nemico onnipresente per chi fotografa una banda rock: il microfono. Di volta in volta manganello, frusta, trespolo da trascinare da un lato all’altro del palcoscenico, costantemente accanto, come un vessillo imperante nelle mani del rocker vittorioso. E Cocker fu vittorioso, molto prima che “you can leave your hat on” di 9 settimane e mezzo scalasse le hot mondiali.
Questi sono i miei spunti sull’edizione 2022 del Brescia Photo Festival. Fatemi sapere i vostri.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Edward Weston
Tina Reciting (1924)
Gelatin silver print
© Center for Creative Photography, Arizona Board of Regents - Gian Paolo Barbieri
Audrey Hepburn per Vogue Italia (1975) - Vittorio La Verde
Pier Paolo Pasolini con la mamma Susanna Colussi, nella casa di via Eufrate 9 a Roma (1965) - Maurizio Frullani
Asmara (1999)
Brescia Photo Festival
Informazioni
Fondazione Brescia Musei