Il rapporto tra arte e cibo è strettissimo da sempre, da quando l’uomo ha cominciato a rappresentare (tra realtà e idealizzazione) tutto ciò che lo circonda, lo ispira, letteralmente lo nutre. Una bella mostra a Palazzo Martinengo a Brescia, dal titolo invero un po’ piatto di Il cibo nell’arte, ha il compito di proporre un viaggio di approfondimento su questo tema attraverso la selezione di un centinaio di opere o “capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol”. L’audio-guida fornita all’entrata si dimostra per una volta un valido supporto, accompagnando il visitatore alla scoperta delle opere più significative ma senza annegarlo nel profluvio di parole che caratterizza molte iniziative di questo genere. Ma ancora meglio, se permettete un consiglio, è prepararsi alla visita leggendo qualche saggio di Piero Camporesi.
Il percorso espositivo si declina in dieci sezioni che si possono immaginare come altrettante portate di un luculliano banchetto: l’allegoria dei cinque sensi; mercati dispense e cucine; la frutta; la verdura; pesci e crostacei; selvaggina da pelo e da penna; carne salumi e formaggi; dolci vino e liquori; tavole imbandite; il cibo nell’arte del XX secolo. Rimane fuori giusto il caffè ed è un vero peccato! Sala dopo sala le tele squadernano ingredienti o piatti già preparati, montagne di frutti, cataste di animali, arnesi da cucina, ogni bendidìo commestibile. Mentre gli occhi ammirano, l’olfatto indaga nel proprio archivio alla ricerca dei profumi che corrispondono alle immagini. Ma può anche capitare di pensare a Dostoevskji: se infatti un cartello pubblicitario all’ingresso della città ricorda che “la bellezza salverà il mondo” (per promuovere una palestra!), d’altro canto lo stesso scrittore russo ha notato l’aspetto osceno dell’atto di mangiare. Osservate con attenzione la persona più fine ed elegante mentre mangia: difficilmente non ne proverete disgusto… Come disgusto provocano le facce stravolte dei personaggi intenti a cibarsi, ingollarsi, strafogarsi, immortalati sulle opere in mostra.
Oltre al godimento per il valore artistico delle opere, la mostra si fa apprezzare per la ricchezza di informazioni che fornisce sui cambi di gusto nel corso degli ultimi quattro secoli, sulla storia delle importazioni dal Nuovo Mondo, su come le gerarchie sociali si rispecchiassero a tavola: non tutti potevano mangiare tutto e non solo per ragioni economiche! Il panettone dipinto da Emilio Longoni è molto basso: soltanto nel Novecento, infatti, Angelo Motta inventerà il panettone lievitato che ancora oggi mangiamo a Natale (con buona pace di Davide Paolini che da tempo si batte per sdoganarlo come dolce per tutto l’anno); il merluzzo essiccato si chiama stoccafisso e viene venduto a pezzi, mentre salato e stagionato prende il nome di baccalà ed è venduto a peso. Si può giocare ad aguzzare la vista, per esempio individuando i cinque animali che rappresentano allegoricamente i sensi nella tela de L’elemento terra di Leandro Bassano (se vi sveliamo che il coniglio corrisponde al tatto, riuscite a indovinare a cosa corrisponde la scimmia?). Fermatevi davanti al quadro Moretto con pavone, giovane con uva e cacciagione di Pieter Boel e prestate attenzione: il pavone, presenza fissa nei banchetti nobiliari, nel corso del XVII secolo diventa oggetto della cosiddetta “sostituzione gastronomica”. Gli viene infatti preferito il tacchino perché più delicato e più facile da allevare. “Anche il pavone, ormai esautorato dalle più tenere carni di tacchino (il «gallo d’India») e fin dalla seconda metà del Seicento relegato […] ad ornamento dei pranzi nuziali, tende a scomparire dai menù settecenteschi”, ha scritto Camporesi ne Il brodo indiano (Garzanti).
Tramortiti da zucche giganti, mostri marini appena pescati, dolci che fanno ingrassare soltanto a guardarli, si ha però come l’impressione che a volte gli artisti tentino di nobilitare il di per sé nobilissimo soggetto del cibo “guarnendolo” di una cornice raffinata. Si veda per esempio la cura con cui vengono resi il tappeto disposto sotto la cesta e la pesante tenda rossa orlata d’oro nell’opera Cesto di frutta e specchi su tappeto di Francesco Noletti. Il tappeto doveva essere un cavallo di battaglia dell’artista, visto che ritorna anche nel quadro che raffigura un piatto con dolciumi esposto al piano superiore, nella sezione Vino dolci e liquori. Che poi i “social” non abbiano inventato nulla, tanto meno l’esibizione del cibo che ora passa sotto il nome di “foodporn”, ma al massimo estremizzato un fenomeno antico, lo dimostra un’opera come La merenda del contadino di Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini. Mostrare agli altri quello che si sta per mangiare, un po’ per condividere, ma più che altro per provocare invidia, non è dunque una novità.
Tra una sala e l’altra sono esposte sculture contemporanee, come la Cassetta della croce nera (2014) di Bertozzi e Casoni. Contiene veleni e prodotti andati a male, oltre a una scatoletta di Merda d’artista. È solo una delle citazioni alla celeberrima opera di Piero Manzoni che si possono scorgere in mostra; vi rimanda apertamente anche la Salsa di Pomodoro d’Artista che fa compare alla base della Piramide Alimentare commissionata dal curatore Davide Dotti a Paola Nizzoli. L’ultima sala che la ospita è un museo del Novecento in miniatura, con nomi “di peso” come De Pisis, Magritte, Warhol, Fontana, Guttuso, LaChapelle e Liechtenstein. La visita non può che mettere appetito e a pranzo si avrà modo di confrontare i piatti visti nei quadri con il cibo davanti a noi sulla tavola. Ma senza perdersi in eccessive elucubrazioni: ché la pasta si raffredda!
Saul Stucchi
Didascalie:
Vincenzo Campi
Mangiatori di ricotta
Olio su tela, 72 x 89 cm. Collezione privata
Pieter Boel
Moretto con pavone, giovane con uva e cacciagione
Olio su tela, 135 x 172 cm. Collezione privata
Francesco Noletti detto il Maltese
Cesto di frutta su tappeto
Olio su tela, 91 x 110 cm. Collezione privata
Filippo de Pisis
Pesce, bottiglia di vino e coltello su tavolo
Olio su tela, 53 x 63 cm. Collezione privata
IL CIBO NELL’ARTE
Capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol
Dal 24 gennaio al 14 giugno 2015
Palazzo Martinengo
via dei Musei 30
Brescia
Orari: da mercoledì a venerdì 9.00 – 18.00; sabato, domenica e festivi 10.00 – 20.00.
Lunedì e martedì chiuso
Biglietti: intero 10 €; ridotto 8 € (audioguida inclusa)
Info e prenotazioni:
tel. 030.5785122
www.mostraciboarte.it