“Nosferatu il vampiro” di Friedrich Wilhelm Murnau (1922). Cento anni: una bella età. E un bell’anniversario.
Il film che inaugura la rubrica delle recensioni cinematografiche per quest’anno è anche uno dei primi nella (breve) storia del cinema. E se non uno dei primi, sicuramente uno di quelli che hanno aperto la strada a una visione più tetra e pessimistica del mondo, uno dei capisaldi del cinema horror ed espressionista.

Siamo ancora nella Repubblica di Weimar e quello che salta agli occhi è che la situazione di quei tempi presenta diverse somiglianze con quella odierna. In Germania, allora, una pesantissima congiuntura economica; oggi, nel mondo, una pandemia: ci fosse di nuovo Murnau, chissà cosa ne tirerebbe fuori.
“…Io adoro solo l’oscurità e le ombre, dove posso essere solo coi miei pensieri”.
Sicuramente, al di là della storia de paura, la pellicola si presta a una serie di interpretazioni metaforiche.
Mi torna in mente quanto avevo scritto riguardo a “La notte dei morti viventi”. Come con “Nosferatu”, anche in quell’occasione, i critici si erano scatenati con le chiavi di lettura. Per Murnau ho trovato di tutto: dalla spiegazione psicoanalitica, a quella sociologica, a quella esoterica a quella biografico-sessuale.
Vampiro e classe media
Quella che più mi affascina, però, è considerare la figura del vampiro come un elemento irrazionale all’interno della società borghese dell’Ottocento. All’ipocrisia del mondo commerciale si oppone una forza eversiva e incontrollabile: Nosferatu rappresenta lo specchio impietoso nel quale la classe media si riflette, prendendo (forse) coscienza che la sua funzione storica va ad esaurirsi.
Venendo all’aspetto tecnico, il film è il vertice del cinema espressionista e del Kammerspiel. Spiego brevemente.
Il cinema espressionista si avvale di inquadrature fisse, con montaggio ridotto e con l’assenza di movimenti della camera.
Il Kammerspiel (termine che si potrebbe tradurre “recitazione da camera”, come d’altronde la Kammermusik), nasce dal teatro e propone una rappresentazione per pochi, in piccoli ambienti, una minima distanza tra attori e pubblico: nell’ambito della settima arte, perciò, avremo una cinepresa molto mobile, che arriva quasi a pedinare gli attori.
Murnau è uno dei pochi registi capaci di conciliare l’una e l’altra corrente artistica. In “Nosferatu”, li mescola abilmente: ci regala inquadrature in campi lunghi di scenari naturali, angolazioni particolari, un montaggio veloce e angoscioso, frequenti primi piani, contrasti fra luci e ombre e una marcata psicologia dei personaggi (sia dei principali, come dei minori).
– “Vi siete ferito… sangue prezioso!”
– “Il sangue è vita! Il sangue è vita!”
E mi soffermo un attimo anche sull’aspetto formale della pellicola. Ho detto che si tratta di un film horror e lo si desume facilmente dalla presentazione del vampiro: una figura contorta e scheletrica, lunghe dita con lunghi artigli, le occhiaie incavate. Non ha alcun accenno di eleganza e sembra strisciare come un automa semi incosciente. Non possiede nessun fascino erotico o romantico, neppure quello ambiguo del male, come sarà rappresentato in molti film successivi.
Schreck e Murnau
Anticipo anche una curiosità (una leggenda) che non metterò in nota. I titoli di coda attribuiscono il ruolo di Nosferatu a Max Schreck: da più parti si è sostenuto che l’attore non avesse mai partecipato al film e che il suo ruolo fosse stato assunto – con un gran lavoro di trucco – dalla stesso Murnau. Davvero strano, a pensarci bene, il fatto che in tedesco “Max Schreck” significhi “massimo spavento”. Per completezza di informazione: Schreck era un apprezzato attore e dopo questa pellicola girò almeno altri 13 film.
Prima di debuttare, il 4 marzo 1922, al cinema Marmorsaal (all’interno del giardino zoologico di Berlino), “Nosferatu” viene preceduto (compatibilmente per quei tempi) da una grande campagna pubblicitaria: anch’essa lo aiuta a diventare un grande successo in Germania (e presso i surrealisti francesi).
Murnau è lo pseudonimo di Friedrich Wilhelm Plumpe, nato nel 1888 e morto nel 1931. Di famiglia benestante di origine svedese, fin da piccolo manifesta un’attitudine per la recitazione. Abbandona gli studi universitari per entrare nel mondo del teatro come attore e quindi come regista. I risultati maggiori li ottiene, però, nel cinema. In questa arte manifesta appieno la sua poliedrica personalità, dirigendo pellicole di genere assai diverse, anche se quanto ci resta della sua produzione è relativo: su 21 film, 9 sono andati perduti.
La caratteristica peculiare del suo cinema è la sperimentazione. Utilizza per primo “la macchina da presa volante”, quindi non statica; sono anche passati alla storia il suo montaggio, le sue panoramiche, le riprese dall’alto, i piani incrociati, l’inquadratura soggettiva. Tutto finalizzato – come dicevo parlando del Kammerspiel – all’esplorazione dell’animo umano e a creare un “cinema dello sguardo”, che sarà sviluppato in seguito del Neorealismo e dalla Nouvelle Vague.
Come altri grandi registi tedeschi dell’inizio del secolo, anche Murnau lascia la patria nel 1926 e si trasferisce negli USA. Dopo alcuni lavori nei quali viene ostacolato delle ingerenze della produzione hollywoodiana, progetta insieme con il grande documentarista Robert J. Flaherty, “Tabu” (1931), girato a Tahiti. Una settimana prima dell’uscita del film a New York, muore, però, a Santa Barbara, in seguito a un incidente automobilistico.
Note e curiosità
Le riprese di “Nosferatu” iniziarono nel luglio del 1921. Varie le location: per gli esterni, gli Alti Tatra, la città di Lubecca, il castello di Orawsky (il maniero di Orlok). Gli interni furono girati presso gli studi della JOFA a Berlino.
Nel 1930 Valdemar Roger curò una edizione sonora del film, che venne diffusa con il titolo di “Die zwölfte Stunde. Eine Nacht des Grauens” (“La dodicesima ora. Una notte d’orrore”). Si tratta di una versione di cui Murnau non era a conoscenza, che presentava diversi cambiamenti e includeva scene che erano state tagliate nella versione originale.
Altro remake importante quello di Werner Herzog nel 1979.
Come è facile supporre, il film è ispirato al romanzo “Dracula” di Bram Stoker. Murnau, per problemi legati ai diritti legali dell’opera, modificò il titolo, i nomi dei personaggi (il conte Dracula diventa il conte Orlok) e anche i luoghi in cui ambienta la storia. Tuttavia fu egualmente denunciato dagli eredi di Stoker. Dopo un processo durato tre anni, perse la causa (uno dei primi casi di “violazione dei diritti d’autore”) e fu condannato a distruggere tutte le copie del film. Rimasero in circolazione alcune copie clandestine e per questo motivo la pellicola è arrivata ai nostri giorni.
E chiudo, ancora una volta, con un po’ di sano (?) gossip. La morte di Murnau viene descritta da Kenneth Anger nel suo libro scandalo “Hollywood Babylon”. Secondo la sua ricostruzione, alla guida della Packard del regista, si trovava un suo domestico filippino (Garcia Stevenson, di 14 anni). Il ragazzo perse il controllo dell’auto, perché -durante il tragitto- Murnau avrebbe esagerato con le sue effusioni, fino a portarlo a un orgasmo “fatale”.
L S D
Nosferatu il vampiro
- Regia: Friedrich Wilhelm Murnau
- Soggetto: dal romanzo “Dracula” di Bram Stoker, adattamento di Henrik Galeen
- Sceneggiatura: Henrik Galeen
- Interpreti: Gustav von Wangenheim, Max Schreck, Greta Schröder, Alexander Granach