Seconda e ultima parte del reportage di Lorenzo Iseppi sulla città indiana di Jaipur.
La prima parte dell’articolo Alla scoperta di Jaipur →
A partire dal 1799 il centro storico si abbellisce di un’altra gemma.
È l’Hava Mahal, ossia il Palazzo del vento, una fantasia barocca decisa dal principe Pratap Singh. Si tratta d’una gigantesca cortina innalzata per le donne dell’harem, che di lì possono assistere alle parate ufficiali o alla vita d’ogni giorno senza essere viste.
La facciata rossastra e bianca a cinque piani si va rastremando verso l’alto ed è un vero e proprio alveare di logge sormontate da semicupole con finestre chiuse da schermi in arenaria finemente traforata.
La profondità dell’edificio si riduce in pratica allo spessore d’una sola stanza, quanto basta ad ospitare per qualche ora le curiose signore. L’attrattiva principale sta nel frontone visibile dalla strada e che si propone all’occhio come un ventaglio aperto o come una singolare torta a strati. Tuttavia i turisti possono accedere anche all’area interna osservando da vicino i certosini ricami lapidei ed assistendo al viavai delle persone e dei veicoli dalle postazioni un tempo riservate alle dame di corte.
Oggetto di non minore ammirazione è il Rambagh Palace, la cui storia comincia nella prima metà dell’Ottocento, allorché la regina decide di confezionare un dono straordinario per l’ancella preferita Kesar Badaran. Poco dopo però viene convertito in casino per la caccia alla tigre da parte del principe e del suo seguito.
E il temine non deve trarre in inganno, perché anche Versailles in origine è una sede più o meno estemporanea in grado di assecondare l’attività venatoria di Luigi XIV.
Finalmente nel 1925 si trasforma a tutti gli effetti in residenza dinastica, assumendo le sontuose vesti esibite ancora adesso. È anzi il simbolo di un’epoca e di un’elite che vive ben al di sopra del lusso, e non a caso per etichettarlo la popolazione locale lo chiama semplicemente “Il gioiello”. Tra gli ospiti abituali più accreditati figurano John Fitzgerald Kennedy e l’armatore greco Aristotele Onassiss. Conta 33 suite disponibili.
Le camere “Luxury”, al piano elevato, hanno vista sui fastosi giardini in stile moghul. Le altre vantano un arredamenti a tema. I servizi di ristoro comprendono lo splendido “Survana Mahal” ed il leggendario “Polo Bar”, che esibisce trofei e foto dell’ultimo maharaja, famoso campione dell’omonimo sport a cavallo. Nel 1957 è convertito in albergo e 15 anni dopo viene acquisito dal Taj Group of Hotels, che può così offrire alla selezionatissima clientela una delle dimore più esclusive del mondo.
Per vedere le tombe della monarchia bisogna invece uscire dalle mura urbane e imboccare la valle che conduce a Gaitor, proprio presso il lago Man Sagar. In verità, più che dei sepolcri, sono dei cenotafi, in quanto non esistono le salme dei sovrani, tutti sottoposti alla cremazione.
È questo infatti il rito commemorativo che compete ai principi e alle loro numerose mogli, che spesso non esitano a togliersi la vita per ardere insieme con i mariti sulla pira funeraria. La pratica, nota con il nome di Sati, è oggi vietata per legge ma il ricordo aleggia tra i mausolei a testimonianza dell’assoluta devozione nei confronti delle maestà supreme. I monumenti sono chiamati chhatri, che letteralmente significa ombrelli, in quanto si chiudono con una volta a tetto.
Ogni “memorial” presenta dimensioni e fogge diverse, a seconda della fama del trapassato. Il più sontuoso è senza dubbio quello del fondatore di Jaipur. Si leva da una piattaforma quadrata con incise vicende epiche. Sul basamento poggiano 20 pilastri intagliati che reggono la nivea cupola conclusiva. Su un isolotto al centro dello specchio d’acqua si erge invece il Jal Mahal, eretto nel 1719 per essere adibito agli svaghi nobiliari. Oggi non è più abitato e il pianterreno risulta costantemente sommerso.
L’ultima tappa impedibile è Fort Amber, un puzzle di palazzi che in genere i turisti sono indotti a raggiungere sul dorso di elefanti condotti da un cornac o mahout con tanto di turbante in testa. Costruito a partire dal 1592 per volere di Raja Man Singh, condottiero del celeberrimo imperatore Akbar, abbandona progressivamente il ruolo militare e viene arricchito lungo quasi due secoli di ambienti che lasciano senza parole. Il maniero ha una facciata solenne ed austera, che si riflette nelle acque del lago Mahota instillando come l’impressione d’essere un’entità eterea.
Ma, una volta entrati attraversando la Suraj Pol, ossia la turrita Porta del sole, si scoprono le bellezze create ricorrendo alla fantastica mistura di capolavori indù e musulmani. C’è subito il Jaleb Chouk, vale a dire il fantasmagorico cortile di servizio, e poco dopo il tempietto dedicato alla dea Kalì, che risale alla fine del XVI secolo ma è sottoposto ad un radicale restauro nella prima metà del XX secolo.
Seguono la sala ipostila delle pubbliche udienze e la Ganesh Pol con la scenografica facciata ad archi schermati di grate e tetto in stile bengalese, con i quattro angoli piegati verticalmente verso il basso. Poi si apre il patio con il Sukka Nivas, la cui sala principale ha gli stipiti in sandalo e avorio ed è rinfrescata da un canale alimentato da una macchina idraulica che sfocia a cascatella nell’oasi del Char Bagh. A sinistra compare lo Shish Mahal, in cui i giochi degli specchi rapiscono gli stupiti ospiti come dinnanzi a un’apparizione sovrannaturale.
Sopra c’è lo Yash Mandir, cioè il Palazzo della gloria, magnificamente decorato con mosaici a tessere vitree, dorature e intarsi di pietre dure, concluso con una copertura terrazzata a bangaldar. Ecco perché un lirico paragona le poderose mura del maniero ad un velo che, una volta caduto, scopre d’improvviso un volto femminile d’indicibile fascino.
(← prima parte)
Testo e foto di Lorenzo Iseppi
Didascalie:
- La facciata dell’Hawa Mahal
- Colori e disegni del celebre Palazzo del vento
- Il Rambagh Palace, ora divenuto un lussuosissimo hotel
- I cenotafi reali di Gaitor
- Il lago Mahota visto da Fort Amber
- Il Jal Mahal sull’isolotto del lago Man Sagar
- Il maestoso complesso di Fort Amber





