Con questa terza parte si chiude il reportage di Laura Baldo su Varsavia. La prima parte era un’introduzione storica su Varsavia città ribelle. La seconda era invece dedicata al Museo della Rivolta e al Cimitero Militare.
Esco, sempre con la bandierina infilata nel taschino della borsa, e prendo l’autobus che mi porterà in via Bartycka, nel quartiere Czerniakow. Qui c’è un piccolo parco intorno a una collinetta, con una scalinata che porta a un altro ancora dei molti monumenti all’AK: il Kopiec Powstania Warszawskiego (tumulo della rivolta di Varsavia, costruito con le macerie). Si capisce in modo molto forte quanto sia costato ai polacchi reprimere il ricordo dell’eroismo della loro resistenza a causa della censura comunista.

Alle 21, accanto a questo monumento, viene acceso un falò che brucia per tutti i 63 giorni della rivolta, alimentato da volontari degli scout e delle forze armate. Purtroppo, intorno al monumento è stato teso un cordone, in mezzo ci possono entrare solo militari e autorità presenti alla cerimonia.

Tutti gli altri (e sono moltissimi) sono costretti a stringersi in qualche modo intorno per vedere; alcuni si arrampicano sulla catasta di legna che serve ad alimentare il fuoco, rischiando di crollare giù in ogni momento. Io trovo un posto in prima fila, ma si vede poco lo stesso, perché i soldati (tutti altissimi, anche le donne) formano un cordone d’onore tutto intorno.
Una commemorazione sentita
Suona l’inno nazionale: le persone, giovani e vecchi, intorno a me cantano, e io mi sento davvero dispiaciuta di non sapere il polacco e cerco di farmi più piccola possibile. Nessuno finora si è accorto che sono una turista, molte volte mi hanno rivolto la parola in polacco, anche per la strada. La cosa mi piace, specie qui, dove da turista mi sembrerebbe di essere un’imbucata.
Davanti al monumento, che raffigura una kotwika gigantesca, sfilano vari reparti delle forze armate, la guardia cittadina, ragazzi e ragazze degli scout. Alcune autorità tengono un discorso (io non capisco nulla, ma applaudo lo stesso).
Poi sento la voce di un uomo più vecchio, che parla a fatica, in modo strascicato. Capisco, senza che me lo dicano, che dev’essere un veterano, che quei giorni terribili li ha vissuti. L’applauso è più lungo e caloroso stavolta; anche il mio, che per una volta è sincero.
Da qualche parte, alla mia sinistra, viene acceso il fuoco rituale, anche se da qui non si vede, arriva solo il fumo. La cerimonia dura quasi un’ora, le luci forti dei riflettori hanno attirato un sacco di insetti e zanzare, ma quasi non faccio caso alle punture. È tutto molto coinvolgente ed emozionante, perfino per me, che capisco poco o nulla.
Una volta terminata, finalmente viene dato libero accesso alla gente, così posso vedere il monumento da vicino e anche il falò appena acceso, e fare qualche foto, per quanto di fretta. Ridiscendo la scalinata con un groppo in gola e un senso di nostalgia; sono molto felice di essere venuta.

Passerò qui a Varsavia anche il giorno seguente. Ormai ho visto quasi tutto ciò che c’era di storico, ho girato molti suoi quartieri, mi sono fatta un’idea della città abbastanza completa. La città vecchia, la zona ad architettura socialista vicino alla Stazione Centrale (con l’altissimo e monolitico Palazzo della Cultura e della Scienza, “dono” di Stalin, che ancora oggi definisce lo skyline della città, pur affiancandosi ai moderni grattacieli), la via Reale, il lungofiume, gli splendidi parchi a sud.

Il palazzo di Wilanow
Il quarto e ultimo giorno lo dedico al palazzo di Wilanow, che è a diversi chilometri a sud della città (ma c’è un bus comodissimo che in meno di mezz’ora mi porta lì davanti), e per questo è stato risparmiato dalla guerra. Oggi non porto la bandierina, ma una più discreta spilletta con la kotwika, presa al museo l’altro giorno.

Wilanow è un bel palazzo barocco, con dei giardini altrettanto belli. È definito la Versailles polacca, cosa che forse è un po’ esagerata, ma se vi avanza tempo (1 ora e 30, massimo 2, si vede tutto) vale senz’altro la pena, e costa sempre pochissimo.

Il Parco delle fontane
Ma è la sera che mi riserva uno degli spettacoli per cui porterò sempre Varsavia nel cuore. Non lontano dal centro storico, lungo la Vistola, si trova il Parco Multimediale delle fontane. Io arrivo verso le 20 e 30, poco dopo il tramonto, e la visione è splendida. Ci sono tre lunghissime fontane rettangolari, più una rotonda centrale, e in ognuna di esse ci sono getti d’acqua illuminati coi colori dell’arcobaleno. Bellissimo. Intorno, anche qui ci sono bancarelle, si vendono dolci e giochi luminosi per i bambini, ma è alle 21 che inizia il vero spettacolo.
Al centro della fontana rotonda si forma una sorta di schermo cinematografico fatto d’acqua, su cui la luce disegna delle immagini. Le altre fontane accompagnano lo spettacolo cambiando colore e intensità dei getti. Intorno risuona della musica. Un altoparlante annuncia, per una volta anche in italiano, che lo spettacolo di stasera narrerà la storia di Wars e Sawa, una vecchia leggenda sulla fondazione della città, che parla dell’amore tra un pescatore e una sirena.
La sirena (ma non una di quelle mielose della Disney, questa è una sirena tosta, armata di scudo e spada) è il simbolo della città, e la si ritrova sia nella piazza del mercato vecchio che sulle rive della Vistola, così come in molte insegne.

Sullo schermo d’acqua, attraverso le luci colorate, compaiono immagini di mari, barche e sirene. Dagli altoparlanti a tutto volume parte una canzone che racconta la storia. Le parole ovviamente non le capisco, ma la musica è molto bella, e insieme alle luci colorate, agli spruzzi d’acqua, e al cielo che sfuma nei colori pastello che precedono la notte, crea un’atmosfera davvero magica.
Uno degli spettacoli più belli a cui abbia assistito, e del tutto gratuito. Non sono seduta in una comoda poltrona di velluto rosso, ma sul bordo di granito di una fontana. Se non fossi già stata pazza di questa città, mi avrebbe conquistata ora.

Sarò io che sono sentimentale, o forse è colpa della vodka, a cui non sono abituata, ma alla fine dello spettacolo ho le lacrime agli occhi. Ancora di più se penso che domani mattina devo ripartire.
Varsavia è una combinazione unica di storia, resistenza, modernità, precisione nordica e bellezza, con un’anima forte e ribelle, che non si dimentica facilmente.
Terza parte – fine
Prima parte: Varsavia città ribelle
Seconda parte: Il Museo della Rivolta e il cimitero militare
Laura Baldo
Laura Baldo è nata a Trento, dove vive tuttora. Ha iniziato da poco a scrivere, pubblicando racconti in antologie e online. Ha scritto anche dei romanzi, due dei quali ambientati durante la seconda guerra mondiale: “Il lato sbagliato del cielo” e il romance “Per odio o per amore”, che ha appena vinto il concorso Kobo-eLove talent (l’opera verrà pubblicata prossimamente).
Nel primo, Varsavia fa da sfondo all’incontro/scontro dei due protagonisti; nel secondo, ambientato interamente in Polonia, alcuni capitoli cruciali si svolgono durante la Rivolta. Dopo aver svolto le sue ricerche sui libri e online, ha sentito il desiderio di conoscere questi luoghi personalmente e assorbire l’atmosfera che vi si respira.
Didascalie:
- Il monumento, col simbolo dell’àncora, o kotwika
- Il falò rituale acceso vicino al monumento
- L’inizio della via Reale, col campanile di Sant’Anna in primo piano e il castello e la Colonna di Sigismondo dietro
- Il Palazzo della Cultura e della Scienza
- Il palazzo barocco di Wilanow
- I giardini del palazzo di Wilanow
- La sirena sul lungofiume a Powisle
- Il Parco Multimediale delle fontane al tramonto