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Voi siete qui: Europa » Viaggio gastronomico in Portogallo tra chamuça e bifana

18 Settembre 2017

Viaggio gastronomico in Portogallo tra chamuça e bifana

I bifana (tipici panini ripieni portoghesi) di Gasa Guedes a PortoAttratto dalla recensione molto positiva della Lonely Planet (che ha ormai completato la trasformazione da indispensabile guida per backpacker a indispensabile guida per trend follower), verso l’ora di pranzo del mio secondo giorno a Lisbona ho iniziato la discesa dal bianco e scintillante Barrio Alto in direzione del Mercado da Ribeira, con la speranza di un pasto economico, succulento e tipico.

Tra global e local

Cammino contento e spensierato accompagnato dal vociare dei gabbiani: a Lisbona, persino nei vicoletti tortuosi dei quartieri “alti”, è impossibile non rendersi conto di essere in una città di mare.

Cammino anche incurante di un avviso lanciato implicitamente dalla guida: la parte del mercato in cui si può mangiare in realtà ora si chiama “Time Out Market” ed è di proprietà proprio del Time Out Group, colosso inglese dell’editoria e dell’intrattenimento, che pubblica guide turistiche di molte città nel mondo (Londra, New York, etc…), un tempo alternative e controcorrente, ora decisamente più mainstream.

Infatti, varcata la soglia, eccomi catapultato istantaneamente nel “tipico-food-market-della-grande-città-europea”, affollato di turisti in cerca di esperienze culinarie trendy. Per carità, ci sono le botteghe rappresentative di alcuni dei più importanti ristoranti di ogni angolo del paese, che servono ogni ben di dio che ci può regalare la cucina lusitana (dal delizioso polvo com batata doce dall’Algarve all’immancabile Pica Pau) incluso un negozio della Garrafeira Nacional (forse la vineria più famosa di Lisbona e del Portogallo). Ma alla fine la sensazione che provo è quella di non sapere più se sono nella Foodhallen di Amsterdam o al Camden Market di Londra. Tutto è impacchettato senza imperfezioni, sterilizzato e adattato al gusto standard. Se non hai almeno una barba simil hipster e un paio di tatuaggi, allora non puoi servire decenti gambas al ajillo, sembra.

Non chiamateli panini

Esco deluso dal retro e mi ritrovo in Rua Ribeira Nova, fra i cassonetti dell’immondizia del mercato (quello vero, che è di fianco). Bastano però due passi e un’occhiata distratta ad una vetrina riaccende la mia speranza. Un signore sulla sessantina sta rovesciando una quantità esagerata di strutto in una padella dove sta cuocendo della carne che sembra lonza di maiale. Il bar è minuscolo, sul bancone sono felicemente appoggiati tre o quattro lavoratori in pausa pranzo, ognuno intento ad addentare un panino intervallato da sorsi regolari di Sagres. Sullo sfondo, una sciarpa del Portogallo è appoggiata su una TV che probabilmente ha mostrato Eusébio portare la squadra Seleção al terzo posto ai Mondiali del 1966.

Preparazione di "bifana" a Lisbona: lonza di maiale cotta nello struttoIl menù dice, sinteticamente: “Bifana 1,8 € / Prego 2 €”. Sono entrambi panini estremamente popolari in Portogallo, uno fatto con la lonza di maiale, il secondo con una fettina di vitello battuta. Possono essere arricchiti da formaggio oppure da una frittata. Nei locali più trendy (come quelli del Time Out Market) possono costare anche 10 euro, ma qui costano quello che devono costare.

Piccolo inciso: la cultura portoghese per il panino ripieno di carne è veramente notevole, tanto che persino McDonald’s ha dovuto integrare il suo menù con un prodotto dedicato (il McBifana). Se volete provare vette assolute di questa arte culinaria, fate un salto a Casa Guedes a Porto, dove viene servito il sande de pernil, un succulento panino ripieno di coscia di maiale brasata.

Ma l’apoteosi (nel bene e nel male) di questa “mania” è senza dubbio la francesinha, il panino tipico di Porto. Oddio, chiamarlo panino è quasi offensivo, trattandosi di due fette di pane in cassetta farcite con ogni possibile cosa (prosciutto, due tipi di salsiccia e una bistecca), il tutto ricoperto con formaggio fuso e cotto in forno in una terrina di terracotta e poi ricoperto con abbondante salsa piccante a base di pomodoro e birra. La storia dice che fu inventato negli anni Sessanta da un emigrato portoghese di ritorno dalla Francia e dal Belgio, che cercò di adattare il croque monsieur al gusto locale.

Chamuça portoghesiMi sento già meglio. Anche perché dietro il bancone spuntano anche dei frittini invitanti, di varia forma e dimensione: alcuni li conosco già (ad esempio il bolinho de bacalhau, la mitica polpetta di baccalà), altri meno. Uno, in particolare, attira la mia attenzione. Ha una forma triangolare e un aspetto croccante e gustoso. Lo addento senza indugiare e mi ritrovo in bocca il sapore speziato e pungente (e delizioso, a dire la verità) di un tipico samosa indiano. Oh no, oggi non ne imbrocco una, penso: sono finito a mangiare indiano a Lisbona, che disastro! Chiedo al proprietario come si chiamano e mi risponde impassibile “chamuça, senhor”.

Il colonialismo nel piatto

Una volta ancora penso che nulla come la gastronomia possa rivelare le tracce della storia di un popolo in maniera così efficace e semplice. D’altronde, l’Impero Portoghese è stato il primo impero coloniale della storia, e anche il più longevo, visto che è terminato solo nel 1999 con la cessione di Macao (i Portoghesi si sono opposti tenacemente al processo di decolonizzazione e sono stati gli ultimi a cedere i possedimenti di più grandi dimensioni).

I celebri Pasteis de Nata, dolci alla crema del PortogalloGià nel 1484 Vasco da Gama aveva “scoperto” l’India, passando il Capo di Buona Speranza; pochi anni dopo nasceva il cosiddetto Viceregno di Goa, che racchiudeva le colonie Portoghesi in Africa Orientale e in Asia. È facile immaginare l’andirivieni di merci fra il centro dell’Impero e i suoi lontani possedimenti d’oltremare. Merci di ogni tipo (inclusi gli schiavi) si sono spostate per migliaia e migliaia di chilometri per soddisfarne le esigenze economiche.

Fra queste, evidentemente, anche la ricetta del saporito triangolo fritto ripieno di carne, verdure e spezie, che è da secoli presente sulle tavole indiane e che, in realtà, di chilometri ne aveva già percorsi parecchi prima di diventare un piatto indiano famoso nel mondo. L’origine del samosa è infatti assolutamente mediorientale (come tante, tantissime cose che fanno parte della nostra vita di tutti i giorni, ma è argomento da trattare a bassa voce di questi tempi). Libri di ricette arabi del decimo secolo fanno riferimento ai “sanbusak” e tutt’oggi in moltissimi paesi (dalla Somalia ad Israele) si consumano sia vegetariani che ripieni di carne, vuoi che si chiamino “sambusak”, “somsa” oppure “sambusa”. Tutti, comunque, derivanti dal persiano “sanbosag”.

Il trasferimento in India avvenne solo con alcuni cuochi chiamati dal Sultanato di Delhi, lo stato islamico che regnò per tre secoli a partire dal 1200 sulla parte settentrionale del subcontinente indiano. A Goa, i samosa presero infine il nome che attualmente si trova in Portogallo (ma anche in Brasile e in Mozambico): chamuça.

Chissà se il signore che versa lo strutto nella pentola piena di maiale conosce tutta questa storia.
Alessandro Pecci

Giro culinario del Portogallo in sei mosse

  • Casa Guedes
    Sande de pernil e altre cose deliziose
    Praça dos Poveiros 130, Porto
    Aperto tutti i giorni tranne la domenica dalle 10:00 alle 22:00
  • O Triangulo da Ribeira
    Bifana, prego, chamuça
    R.Ribeira Nova, Lisbona
  • Cervejaria Ramiro
    Percebes e crostacei freschi
    Av. Almirante Reis nº1 – H, Lisbona
    Aperto tutti i giorni tranne il lunedì dalle 12:00 alle 00:30
  • Capitão Cook
    Choco frito (seppie fritte)
    Av. Luísa Todi 42, 2910 Setúbal
  • Pasteis de Belém
    L’unico e originale pasteis de nata
    R. Belém 84-92, Lisbona
    Aperto tutti i giorni dalle 08:00 alle 00:00
  • Cervejaria Brasão
    Francesinha
    R. de Ramalho Ortigão 28, Porto
    Aperto tutti i giorni dalle 12:00 alle 15:00 e dalle 19:00 a mezzanotte. Nel weekend fino alle 2:00
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