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Voi siete qui: Europa » Un ingegnere molto speciale: note di una cena a Iraklio, Creta

28 Ottobre 2010

Un ingegnere molto speciale: note di una cena a Iraklio, Creta

I avlì tou Defkaliona - Ristorante a Creta

Per la cena, ho deciso di tentare la taverna Il cortile di Deucalione (I avlì tou Defkaliona), in via Prevelaki 10, nella parte nord della città, dietro il Museo Storico affacciato sul porto. Era ancora “piuttosto presto” (le 9.45, in effetti: ma gli avventori hanno cominciato ad arrivare alle 10.30; mentre scrivo, sono le 11.25, e il locale, abbastanza grande, è quasi pieno; sono rimasti due soli tavolini liberi). Il proprietario mi ha consigliato eccellentemente, sul menù, dall’iniziale pane tostato con olio e un po’ d’origano al delizioso dolce – inventato da sua moglie e fatto di carote a pezzettini, miele e cannella – che porta il nome di un fiore caratterizzato dallo stesso, intenso aroma.

Deucalione Markopulos è un personaggio curioso; ha fatto per trent’anni l’ingegnere elettronico, progettando televisori e congegni analoghi, poi si è stancato, e si è chiesto: “Cosa faccio? Apro una taverna”. La si trova citata (e descritta) nella guida Lonely Planet; gli autori sono venuti a mangiare qui e si sono trovati bene. Deucalione dice che, generalmente, i ristoratori non si preoccupano dei clienti abituali, perché tanto ci sono i turisti. Lui, invece, lavora soprattutto con la gente del posto (ed è quel che posso effettivamente constatare): i turisti ci sono solo d’estate.

Gli racconto che, per me, il cibo è come la poesia, e lui ribatte che ama molto leggere. Parliamo dei poeti e degli scrittori della sua terra. Ha letto tre volte di fila Zorba il greco quando aveva diciassette anni, e il libro gli ha cambiato la vita: gli ha insegnato che basta vedere la bellezza nelle cose. Kazantzakis non ha avuto il Nobel perché era comunista e perché ha scritto L’ultima tentazione, messo all’indice dalla Chiesa ortodossa e da quella cattolica, che lo hanno boicottato. Io gli porto, di rimando, l’esempio di Saramago, pure comunista e autore del Vangelo secondo Gesù Cristo, che però il Nobel l’ha vinto lo stesso.

Altri tempi, certo, ammette; più di quarant’anni non sono trascorsi invano. Il poeta popolare è Ritsos; Kavafis è difficile anche per i greci, i giovani non lo comprendono più perché il Governo, quindici o vent’anni fa, ha commesso l’errore di dire: la katharevusa – cioè la lingua dei puristi – e il greco antico non servono. Così, se ci sono più di tre parole scritte nella vecchia lingua, non le capiscono. Lui ha imparato, oltre al greco antico, il latino. Poi parliamo dei dialetti. In Grecia, e specialmente a Creta, è come da noi. Quando, quarant’anni fa, studiava ingegneria ad Atene, doveva fare da interprete tra sua madre e i suoi compagni. I vecchi dei villaggi di regioni diverse non si capiscono fra loro ancora oggi. Un esempio: “perché” si dice ichtà a Creta e ghiatì sul continente.

Defkaliona - Il cortile di Deucalione, ristorante a Crete

Suona la fisarmonica e canta, secondo il principio di Zorba (“Padrone, io eseguo tutti i tuoi ordini, ma il sanduri lo suono solo quando voglio”, precisa, citando una battuta del libro). Lo hanno invitato a esibirsi quelli del tavolo accanto al mio – tutti indigeni – perché li ha abituati a farlo. Queste melodie greche (o cretesi?), intonate in coro e accompagnate dalla fisarmonica, sembrano quasi russe, per il forte pathos, per la nostalgia che esprimono. Non dimentichiamo che quaggiù è stata terra di grande emigrazione: lungo i millenni, in aggiunta. Secondo Deucalione, ogni Paese ha i propri canti, ma che si somigliano nei temi principali: la sofferenza d’amore, la lontananza… Ci sono molti tipi di canzoni greche, alcune ricordano le canzoni napoletane, altre quelle corse o andaluse o turche o di ulteriori aree mediterranee.

Si balla: prima alcune donne amiche della cognata di Deucalione, poi un anziano, che ha lavorato quarant’anni in Germania e ricorda fisicamente Seferis. Viene coinvolto un disabile (basso, stretto di torace, con diversi denti in meno) che andava in giro vendendo in un cesto stecche di cioccolato, vasetti di marmellata e simili. Sentendo la musica, è entrato e si è seduto educatamente in un angolo, da dove lo hanno aggregato alle loro piroette. Tra i greci è assai diffusa, questa delicata attenzione verso chi la Natura ha già castigato di suo. Prima, erano passati un tipo tarchiato, moro, baffuto, che eseguiva alla fisarmonica un pot-pourri con qualcosa di italiano (“Sta luntane da ‘stu core…”) e ringraziava, dopo le mance, con estrema cortesia, e un vecchietto che camminava appoggiandosi a un bastone e porgeva, in offerta, una borsa piena di sacchetti di spezie.
Danzano in tondo. Oggi, al museo, ho visto una piccola scultura in terracotta raffigurante un cerchio di persone che ballavano tenendosi le mani sulle spalle, come nel film di Zorba o come qui, adesso. Una statuetta minoica, forse addirittura d’epoca prepalaziale, che dà il senso di quanta profondità cronologica abbiano, in Grecia, anche i gesti apparentemente minimi della quotidianità…

Marco Grassano
La foto è di Stavros Markopoulos

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