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Voi siete qui: Europa » Viaggio in Olanda: per le strade di Oudemirdum in Frisia

26 Novembre 2018

Viaggio in Olanda: per le strade di Oudemirdum in Frisia

Tredicesima parte del reportage di Marco Grassano sull’Olanda.

Un vicolo vicino all'Hotel Boschlust in Frisia, OlandaCi rimettiamo in movimento, a fatica. L’area boscata, ampia, ha un aspetto naturaliforme. A bordo strada, accanto a un incongruo macigno grezzo, la torretta di legno per la sorveglianza antincendio si slancia a superare in altezza la canopea. Sull’altro lato della strada, panchine e una vasta coltivazione di mais tra le cui foglie si odono le zanzare bruire con la sonorità di un campo d’aviazione, proprio come al mio paese. Il cartello di inizio paese: Oudemirdum (Aldemardum).

Poche decine di metri dopo, lasciata l’ombra vegetale e oltrepassate le prime abitazioni, arriviamo all’incrocio a T con un viale simile ai nostrani, dove ci tocca svoltare a destra. I tetti della maggior parte delle case non sono appuntiti, ma presentano una sagoma più articolata, in cui ogni spiovente è bipartito da una lieve angolatura.

In un piccolo edificio bianco, di legno, un minimarket con davanti qualche carrello per la spesa. Sembra di essere nel Midwest statunitense. Su suggerimento del navigatore, ignoriamo una prima via a sinistra, in cui la pavimentazione si fa di autobloccanti rettangolari. Svoltiamo invece a un secondo incrocio, dopo il quale il paese sembra terminare. Sull’erbosa aiuola d’angolo, un altro macigno fuori luogo commemora non si sa cosa.

Un viale più stretto di alberi più piccoli e casette fitte ma non appiccicate. Molto verde appare inserito in tutto il borgo. Terrazze di bar e ristoranti. L’ultima a destra è quella del nostro hotel, il Boschlust: Lust eten en drinken recita l’insegna marrone, con un coltello e una forchetta intrecciati.

Scendiamo, stanchi, dalle biciclette e le parcheggiamo nella rastrelliera. Varchiamo la soglia per entrare in un ambiente di tutto legno, come una stube tirolese. Nell’ufficietto a destra, ci rivolgiamo a una donna dai capelli corti, all’incirca della mia età. Controlla la prenotazione e ci accompagna su per la scala, fino alla stanza 7.

All’interno, lo spazio si stringe verso l’alto, per assecondare lo spiovente del tetto. Il pavimento è coperto da una moquette rossa, a disegni geometrici. Alla parete, la foto a colori di un gruppo di galline e, sopra il letto, quella di una rosa. Abat-jour a muro puntano verso l’alto. Sul davanzale della finestra, che dà sul cortile sottostante e dalla quale si scorge il colmigno del tetto di fianco, un mezzo busto femminile in stile neoclassico, senza braccia, tagliato appena sotto i capezzoli: naso greco e chioma a corona che finisce, in una coda, sulla spalla sinistra.

Un ventilatore a piantana un po’ scassato ma funzionante. Doccia e lavabo sono in camera, mentre il WC a noi riservato si trova in uno stanzino di fronte; la tazza ha una curiosa foggia interna, col sifone sommerso dietro e, davanti, sotto la ciambella, una piccola piattaforma leggermente concava, in cui è raccolta un po’ d’acqua. Lungo il corridoio, tutto di legno, porte di altre camere e, in fondo, un ampio ripostiglio sporgente sul cortile, con scaffalature ove sono depositati prodotti per la pulizia e cambi di asciugamani e di lenzuola.

Prima di lavarci e scendere per la cena, ci sdraiamo qualche minuto sui materassi di lattice. Mia figlia è affaticatissima, non può farcela a completare il giro previsto. Meglio tornare ad Amsterdam e visitare minuziosamente la città, con qualche puntata in treno verso gli altri borghi di interesse. Disdice – gratuitamente – le prenotazioni itineranti delle prossime notti, e fissa una stanza all’hotel iniziale fino alla fine del soggiorno. Mentre lei si fa la doccia, leggo ancora qualche verso di Bertolucci, poi mi sbarbo e a mia volta mi sciacquo via polvere e sudore.

Fuori, ci accomodiamo a uno dei tavolini tondi, su poltroncine di sparto intrecciato. Diversi altri clienti, in pieno pasto. Ordiniamo a una cameriera giovane e biondiccia acqua minerale, una birra Franziskaner, la gustosa zuppa del giorno (“Brodo limpido di pollo con gamberetti e verdure”) per entrambi, cosiddetti ma invero ottimi cannelloni per me (“Cannelloni cremosi ripieni di funghi e pomodoro, gratinati con Old Amsterdam”) e un’insalatona di spinaci per Ester (“Insalata di spinaci con avocado, mela, pomodoro, cetriolo e noce”), il tutto accompagnato da eccellente pane a fette.

L’olio di oliva per condire c’è, ma in un botticino, e lo si dispensa col contagocce. Parecchie e fastidiose le mosche, forse per la diffusa presenza del bestiame. Sopra molti dei tavoli vi sono piccoli rotori che agitano strisce di plastica, per scacciare i poco igienici insetti evitando che si posino sui cibi.

Ci alziamo e andiamo nella grande stube a pagare. La matura addetta interna e il cameriere maschio, che vi si indaffarano attorno, non riescono ad attivare l’apparecchiatura del bancomat, quindi pago in contanti. Torniamo fuori per fare una passeggiata in paese: vogliamo scattare un po’ di foto prima che il buio lo impedisca.

Il cimitero di Oudemirdum, in Frisia (Olanda)Di fianco all’albergo, una viuzza scandita da piccoli fanali, con bassi muri di mattoni a vista, pareti di rampicanti e alberi che svettano sopra le cinte dei cortili. L’Hotel Meininger, cognome di un canonico ottocentesco in servizio a Sale. Appena oltre, la parrocchia protestante circondata dalle lapidi del cimitero, a sua volta attorniato da un filare di alberi: churchyard, “giardino della chiesa”.

Passando davanti al tempio, arriviamo in una piazzetta sulla quale si affaccia una costruzione vetrinata a un solo piano, che dapprima ci pare un altro minimarket ma si rivela essere, a un esame ravvicinato, il Centro Polifunzionale It Klif. Imbocchiamo, di fronte, una via di villette ben distanziate, ognuna col suo rilassante spazio verde, all’americana.

Giriamo a casaccio. Sullo sfondo davanti a noi, un’opaca massa boschiva si staglia contro il cristallo languente del cielo. Nelle siepi e nelle chiome degli alberi, come prima nel mais, si ode intenso il ronzio delle zanzare. Mi viene in mente l’evocazione del crepuscolo nell’Inferno dantesco, “come la mosca cede alla zanzara”, ma le piccole vampire per il momento non ci assalgono.

Case sulla circonvallazione di Oudemirdum in Frisia (Olanda)Un camminamento fra i giardini, chiuso da due ali squadrate di cupi ligustri, ci riporta sul viale della circonvallazione lungo cui siamo arrivati. Esaminiamo, con più calma, le singole case, spesso costituite da pareti in muratura e frontone di legno. Un vicolo pedonale costellato di bar, con l’illuminazione pubblica che si accende automaticamente al nostro passaggio, ci riconduce di fronte al Boschlust. Svoltiamo a destra e andiamo fino all’imbocco del vialetto, a fotografarne l’infilata che punta al campanile della chiesa.

Il campanile di Oudemirdum in Frisia, OlandaInnocue fuori, le zanzare si mostrano ferocissime in camera, planando e avventandosi come temibili stuka. Ma, al ricordo di come, dalle mie parti, sia sufficiente l’insorgere di una brezza per ammansirle, mi viene l’idea di accendere il ventilatore: stratagemma che si rivela efficace.

Quando inizia a far chiaro, socchiudendo per qualche istante le palpebre, osservo, dall’angolo di visione di cui beneficio da sdraiato, un corvo saltellare sul colmo del tetto, verso la mia sinistra. Gracchia, torna indietro e gracchia ancora.
Tredicesima parte – Segue
Marco Grassano
Foto di M. Ester Grassano

Didascalie:

  • Il vicolo di fianco all’albergo
  • Il cimitero, o Giardino della chiesa
  • Case sulla circonvallazione
  • Il viale dell’hotel, che punta al campanile
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