La nona parte del reportage di Marco Grassano su Creta è dedicata al viaggio in auto da Iraklio a Gortina.
Scendiamo nel seminterrato, per la colazione. Vi troviamo, già sedute, una famiglia di Francesi e una di Italiani, coi rispettivi ragazzini biondicci, vivaci e ridacchianti. Al termine, prepariamo i bagagli e ci portiamo al banco di ricezione, chiedendo di pagare il soggiorno. La sorridente sportellista di turno ci domanda dove andremo adesso. Le spieghiamo che vorremmo fare il giro dell’isola, cominciando da Gortina e Festo.
Ci fermiamo ancora al piccolo ortofrutta, per munirci di qualche provvista. Saliamo in macchina e partiamo. Ci immettiamo sulla litoranea, dirigendoci stavolta verso ovest. Un tratto di strada affacciato proprio sul mare, a picco. Via ariosa di costruzioni basse. A destra, il Museo di Storia Naturale (Μουσείο Φισικής Ιστορίας: ma c’è scritto anche in inglese), con un solo piano.

Torniamo a costeggiare direttamente l’acqua. La propaggine nord dei bastioni veneziani. Edifici più radi. Un naviglio – o piuttosto, l’estuario artificiale di un torrente – si frappone adesso fra noi e il mare. La strada lo scavalca verso l’entroterra.
Aiuola centrale di palme giovinette. Ci lasciamo lo stadio sulla destra. Un grande cartello indicatore blu: Εθνική Οδός – Τιμπάκι – Μοίρες. Non una “strada etnica”, ma una Nazionale. Passiamo sotto un cavalcavia. Zona di urbanizzazione rarefatta. Una chiazza arruffata di verde, a destra, precede il viadotto della statale. C’è abbastanza traffico. L’isola mediana di cemento finisce. Le solite costruzioni basse e squadrate.
La strada, bipartita ora da una barriera di calcestruzzo in blocchi prefabbricati, sale un poco, compiendo una curva e una controcurva abbastanza decise. Una chiesa bianca, di fabbricazione recente, presenta linee architettoniche dal gusto veneziano, che richiamano, semplificandola, la Basilica di San Marco, con in più un nartece a tutta facciata, scandito in archi di esili colonne.
L’urbanizzazione è sempre più rada. Tiriamo dritto, per Άγια Γαλήνη e Φαιστός. Sparsi capannoni produttivi e commerciali. Qualche distributore di benzina.

I piani si fanno mossi, su entrambi i lati. Al centro, un guard rail di breve durata. L’abitato, salvo qualche casa sporadica, cessa del tutto. Iniziano a profilarsi piatte colline chiazzate di verde. Ulivi in salita verso destra e, a distanza maggiore, verso sinistra. Compare qualche vigneto. In alcuni punti, la strada si infossa lievemente fra le rive. I pendii sono istoriati da coltivazioni a sesto geometrico. Stazioni di servizio. Si ha la vaga sensazione di viaggiare lungo la Statale della nostra Val Bormida, anche se la flora è diversa.

I rilievi attorno si fanno gradualmente più brulli e pietrosi. Tratto di strada incassata. Il respiro dei poggi si allarga in una vallata più ampia. Ma ecco che, di nuovo, i colli – incolti, qui – convergono, per poi innalzarsi in costoni di roccia e tornare, verso destra, ad allontanarsi. Sui loro pendii si stendono villaggi bianchi. Pale eoliche montano verso i crinali. La strada si snoda, lenta e blanda, tra i mammelloni. La carreggiata si stringe. Pare, ora, di viaggiare in Alta Val Curone, alle falde del Giarolo, per le asperità del terreno e la scomposta vegetazione arbustiva.
Appena prima del borgo di Άγια Βαρβάρα, uno stradone, nuovo di pacca, si diparte sulla destra, in uno scenario che pare quello di un film western. Passiamo sotto una robusta struttura a protezione dalla caduta di massi, come sull’autostrada per Imperia. Un tratto di galleria. Si prosegue, serpeggiando, fra ampie file di ulivi. Seconda galleria. Ulivi e filari di viti – radi nell’aridità – in appezzamenti orientati fra loro a geometria variabile.
Passiamo sopra un nodo viario. Altri ulivi, molto distanziati l’uno dall’altro. Superfici decisamente brulle. Terrazze di contenimento frane, a destra. Una terza galleria. Pannelli fotovoltaici. Dopo una curva, percorriamo un viadotto. Uliveti tutt’attorno. La confluenza, a T, nella statale che, a destra, porta a Φαιστός.
Per Gortina prendiamo invece a sinistra, di nuovo fra gli ulivi: ma più folti, grandi e rigogliosi. Un enorme marmista sulla destra. Compaiono, nei terreni, cipressetti sparsi, affusolati, come in Provenza. Una frangia di abeti si allunga oltre un folto di ulivi vangoghiani. Poco dopo, il navigatore ci fa imboccare una straducola a destra. Ulivi e terra brulla. Curva e controcurva, quindi rettilineo. Un gruppo di case paesane, fra le quali ci muoviamo ad angoli retti. Giriamo, definitivamente, in una via a sinistra.
Proseguiamo, sempre fra costruzioni di campagna, finché i casolari terminano. Seguono, da ambo le parti, rovine, con allineamenti di colonne spezzate e atterrate. Il territorio di Μητρόπολη finisce. Ulivi vetusti e contorti sorgono ovunque, in un suolo molto sassoso.
Arriviamo all’incrocio con una Statale. Di fronte, il parcheggio del sito archeologico. Vi entriamo, lasciando la macchina all’ombra di uno degli ulivi che squadrano, in file perpendicolari, la pavimentazione di autobloccanti. Ulivi tutt’attorno. Diversi risalgono la collina in ordine sparso, come un gregge gonfio di lana grigioverde.
Nona parte – Segue
Marco Grassano
Foto di M. Ester Grassano
Didascalie:
- In viaggio verso Gortina
- Rilievi brulli
- Pale eoliche