
La marshrutka delle 11 diretta a Vylkovo, sulla quale salgo dopo una nottata in treno sul Simferopoli-Odessa trascorsa in compagnia di due simpatici ragazzi di Copenaghen, è già stipatissima un’ora prima della partenza. Il conducente, un uomo gioviale di mezz’età che durante il tragitto con scherzi e battute rivelerà la tipica vena umoristica degli odessiti, è stato costretto ad aggiungere, nello stretto corridoio che separa le file laterali, due seggiolini di plastica per fare posto a una giovane coppia di contadini che viaggia portando uno scatolone con un paio di piccioni.
Oltre ai pendolari della Budzhak, la regione della Bessarabia compresa tra le parti terminali del corso del Danubio e del Dnistr, che usano questo mezzo per raggiungere i loro sperduti villaggi di campagna, il pulmino questa mattina è preso d’assalto da una comitiva di studenti francesi. Sette ragazzi e una ragazza che, come il sottoscritto, pur di visitare questo pittoresco villaggio sul Delta del Danubio sono disposti ad accollarsi un viaggio di quasi quattro ore – negli ultimi 30 chilometri la strada è talmente dissestata che si procede a passo d’uomo – dentro una marshrutka infuocata che sa di cibo, sudore e scoregge.
Agglomerato di case basse in legno, nei cui cortili crescono le viti per la produzione di novak, un vino a bassa gradazione alcolica servito con le zuppe di pesce, Vylkovo è uno dei rari luoghi in Ucraina in cui l’iconografia sovietica è pressoché assente, ad eccezione di qualche piccolo monumento a ridosso della via principale. La vicinanza con la Romania e il fatto di essere tuttora abitata da tre nutrite comunità etniche – lipoveni, gagauzi e cosacchi zaporogi – oltre ovviamente a moldovi, romeni, ucraini, russi e turchi, fa di questo pittoresco villaggio di pescatori con più barche che auto un singolare crogiolo multiculturale.
Il russo parlato da queste parti, specie dalle persone più anziane, è una lingua arcaica risalente alla fine del ‘700 che un moscovita avrebbe serie difficoltà a comprendere. Una lingua cristallizzata che si è tramandata di generazione in generazione nella comunità lipovena anche per via del divieto, in vigore fino a qualche anno fa, di contrarre matrimoni al di fuori del proprio gruppo etnico. Quella parlata dai gagauzi, turchi cristianizzati ortodossi originari della Bulgaria, sfuggiti alle persecuzioni nel loro paese d’origine e che oggi abitano prevalentemente in Moldova è invece un dialetto turco che prende a prestito diverse parole dal russo tramite la Chiesa ortodossa.
Nonostante il paragone con la Serenissima sia decisamente fuorviante, basta imboccare una delle minuscole viuzze perpendicolari alla Lenina per incrociare i numerosi canali d’acqua verde rafferma e melmosa che sono valsi a Vylkovo l’appellativo di Venezia Ucraina. Le numerose imbarcazioni in legno ormeggiate lungo questi canaletti di acqua limacciosa, ricoperti di canneti, ninfee, arbusti bassi, sono un po’ la cifra a livello estetico di questo villaggio fondato a metà del ‘700 da una comunità russa seguace del vecchio rito ortodosso – i cosiddetti Vecchi Credenti – che solo negli ultimi anni sta scoprendo, seppure timidamente, una qualche vocazione turistica.
Mentre passeggio su uno dei piccoli ponticelli che uniscono le sponde dei vari canali su cui è costruito il paese – originariamente un insieme di isolette sulle quali i fondatori tirarono su rudimentali dimore utilizzando tronchi, canne, fango e paglia – faccio la conoscenza di Slava, un ragazzo sui trent’anni che, dopo alcuni anni in Portogallo, è tornato a stare qui a Vylkovo. Anche lui, come la stragrande maggioranza degli abitanti del Delta del Danubio, vive di pesca e dei prodotti del suo orto. Il giorno dopo lo incontrerò ai banchi del mercato centrale a vendere il pesce pescato all’alba con la sua piccola barca. “Qui – mi racconta il ragazzo – ci sono più di cento tipi diversi di pesce, dalla carpa agli storioni. Lo storione del delta del Danubio – dice con una punta di orgoglio – è famoso in tutto il mondo…”
Mi tornano in mente le pagine in cui Patrick Leigh Fermor descrive il suo incontro a Persenbeug con un barcaiolo austriaco che gli racconta come il Danubio faccia da anello di collegamento tra i pesci che popolano l’Europa occidentale e quelli che popolano il Dnistr, il Dnipro, il Don e il Volga. E che il vero storione, proprio lo storione di cui mi parla ora Slava, vive nel delta, mentre quelli che si trovano a Vienna, come lo sterletto, sono solo lontani parenti.
Conversando con Slava ho come la percezione che il tempo da queste parti si sia fermato a qualche secolo fa. I suoi racconti di vita quotidiana, che testimoniano il forte attaccamento di questa gente alla propria terra, sembrano usciti dalla penna di Ilya Mitrofanov, uno scrittore di Kiliya, che è stato il più illustre cantore del “ramo sovietico” del Delta del Danubio.
Ricordando la sua infanzia in uno scritto autobiografico uscito come post-fazione all’edizione italiana de Il Testimone, un suo romanzo ambientato in questi luoghi all’epoca del Patto Molotov-Ribbentropp, così scrive: “Nei mesi estivi, dopo il giorno di Sant’Ilya, quando nelle lagune del Danubio cominciava la stagione della pesca e le aziende pescherecce avevano bisogno di personale avventizio, dai paesi vicini giungevano a Salman moldavi, ucraini, zingari, bulgari e gagauzi. Nelle notti tiepide, sotto un cielo basso cosparso di stelle, attendendo l’arrivo di un altro giorno di lavoro comune, quella gente, riunita intorno ai fuochi, divideva vino, pane e parole”.
(fine prima parte – segue)
testo e foto di Massimiliano Di Pasquale
DIDASCALIE:
– Vylkovo
© Massimiliano Di Pasquale
Massimiliano Di Pasquale (1969), fotogiornalista e scrittore freelance è membro dell’AISU (Associazione Italiana di Studi Ucraini). Scrive di politica internazionale e cultura sulle pagine di diversi quotidiani nazionali. Nel giugno 2007, con un’intervista all’allora Presidente ucraino Viktor Yushchenko, inizia la sua collaborazione con east, bimestrale di geopolitica sull’est dell’Europa e del mondo. Ha pubblicato il libro fotografico In Ucraina, immagini per un diario (Omnia Comunicazione, 2010) e il saggio Ucraina terra di confine. Viaggi nell’Europa sconosciuta (Il Sirente, 2012). Attualmente sta lavorando per i tipi della Bradt all’aggiornamento della Ukraine Bradt Travel Guide prevista per giugno 2013.
Programma delle presentazioni di Ucraina terra di confine:
– 24 novembre a Mestre
– 30 novembre a Rimini
– 11 dicembre a Milano
– 12 dicembre a Genova
– 16 dicembre a Modena