La Great Indian Peninsular Railway già nella seconda metà dell’Ottocento poteva collegare Bombay a Calcutta in tre giorni. La distanza in linea d’aria è di circa 1.100 miglia, ma la ferrovia non segue una linea retta.
“Lasciando l’isola di Bombay, attraversa Salette, balza sul continente di fronte a Thana, scavalca la catena dei Ghati Occidentali, corre a nord-est fino a Burhanpur, taglia il territorio semindipendente di Bundelkhand, si spinge fino a Allahabad, piega verso est, incontra il Gange a Benares, se ne allontana leggermente, ridiscende verso sud-est, passa per Burdwan e la città francese i Chandernagore,e fa capolinea Calcutta” (CAP X).
Calcutta era nel 1872 la capitale del British India. Oggi una delle differenze con Bombay (Mumbai) è una produzione cinematografica di carattere non commerciale.
Chi va a Calcutta deve rendersi pronto allo squallore, alla miseria estrema, alla confusione, ma anche alla possibilità di scovare angoli magici dove non ci si aspetterebbe mai: per esempio i venditori di fiori lungo i corsi d’acqua, l’abbagliante distesa bianca di alcuni monumenti, il grande e ordinato parco del Maidan, dove persino una colonia di topi è considerata sacra e la gente le porta cibo al mattino e alla sera.
Il Maidan è il polmone verde di Calcutta. Si estende per tre chilometri e contiene campi di golf, cricket e l’ippodromo. Nel Nel lato nord-occidentale si trovano gli Eden Gardens, dove nel 1856 è stata portata una pagoda direttamente dalla cittadina birmana di Prome. A sud del Maidan si trovano l’ippodromo e il Victoria Memorial. Risale all’epoca Raj, il lungo periodo della colonizzazione. E’ un museo in marmo bianco abbagliante che racchiude una raccolta di statue, ritratti e busti dei protagonisti delle vicende anglo-indiane. Al confine settentrionale del Maidan si trova l’Ochterlony Monument, ribattezzato dagli indiani Sahir Minar, cioè Minareto dei Martiri. E’ una colonna di 48 metri eretta nel 1828 per celebrare Sir Ochterlony, vincitore della guerra col Nepal. La sua architettura è un impasto di elementi turchi, egiziani e siriani. Per visitarla occorre chiedere un monument pass alla polizia generale di Lal Bazaar Street.
Nel Maidan si trova anche il Fort William, risalente al 1758, ma per visitarlo occorre un permesso molto speciale.
La zona più turistica si allarga a sud del ponte Howrah, con i due quartieri di BBD Bagh, la city di Calcutta, e Chowringhee, cittadella turistica di alberghi e negozietti. Qui si trova anche l’Indian Museum, un edificio coloniale costruito nel 1874. Le sue gigantesche gallerie ospitano la migliore collezione di tesori dell’India: si tratta di statue provenienti dai templi, espressione dell’arte buddista, come la porta di Berhut (II a.C.) nella Galleria Archeologica. Numerosi i manufatti tessili da ammirare. A Chowringhee si trova anche l’Ufficio Turistico Centrale e, in Shakespeare Sarani, il British Council con una fornita biblioteca.
Altri luoghi da non perdere sono:
– Asusoth Museum, gestito dall’Università di Calcutta, che contiene oggetti dell’arte popolare del Bangala.
– Neru Children’s Museum, con una bella raccolta di modellini che illustrano le viende epiche contenute nei poemi sacri Ramayana e Mahabharata.
– St Paul’s Cathedral, risalente al 1839-47, vicino al Victoria Memorial, è una delle più importanti dell’India per le sue grandi vetrate policrome.
– Kali Temple, dove si sgozzano tutte le mattine delle capre in segno sacrificale per la dea Kali, la compagna crudele di Shiva. Se si pensa che il nome Calcutta è l’anglicizzazione del nome indiano Kalikata, che significa “devota alla dea Kali”, ci si rende conto come ancora una volta risulti vero l’assioma medievale “nomina sunt consequentia rerum” (nei nomi c’è il senso della realtà).
Cinzia Polino