Anno 55 a.C.
Siamo nell’anno del consolato di Pompeo e Crasso. Il quarto libro della Guerra gallica di Giulio Cesare si apre con la descrizione dei costumi degli Svevi, il popolo più numeroso e più bellicoso della Germania. Le loro scorrerie hanno spinto le popolazioni degli Usipeti e dei Tencteri a varcare il Reno per passare in Gallia. Questi ultimi fanno pressione sui Menapii, invadendone il territorio.
Cesare non si fida dei Galli, per loro natura “avidi di novità”. Fa loro credere di voler muovere guerra contro i Germani. I loro ambasciatori gli sottopongono la proposta di accettare la loro presenza in Gallia, ma Cesare la rifiuta. Inizia poi una gara sul tempo per chi dei due contendenti sorprenderà l’altro prima che questi abbia il tempo di raccogliere tutte le proprie forze. Cesare elogia l’eroismo di Pisone Aquitano, caduto per difendere il fratello: entrambi sono morti nello scontro con la cavalleria nemica.

Cesare comprende che non c’è tempo da perdere. Fa trattenere i Germani venuti all’accampamento per scusarsi di aver attaccato battaglia, ma in realtà per ottenere un’altra tregua, e poi ordina l’assalto del campo nemico. I Germani sono colti di sorpresa e massacrati in gran numero, mentre molti muoiono nel tentativo di attraversare il fiume, all’altezza della confluenza della Mosa e del Reno.
Quel ponte sul fiume Reno
Cesare decide di passare il Reno per portare la guerra dai Germani in modo che imparino a temere i Romani e cessino di penetrare in Gallia. Manda quindi ambasciatori ai Sicambri per chiedere la consegna di quanti si erano mossi contro la Gallia, ma i Sicambri gli rispondono che il dominio dei Romani finisce con il Reno.
Allora Cesare pensa bene di costruire un ponte per scavalcare il fiume. Segue la descrizione della sua costruzione, costata appena 10 giorni di tempo dall’arrivo del materiale. L’esercito viene fatto passare al di là del Reno. In breve tempo Cesare raggiunge tutti gli scopi che si era prefisso: incutere timore nei Germani, vendicarsi dei Sicambri e liberare dalle minacce gli alleati Ubii. Dopo 18 giorni torna in Gallia e fa abbattere il ponte.
A questo punto rivolge la sua attenzione alla Britannia. L’estate sta per finire, ma Cesare vuole cominciare a farsi un’idea dell’isola: indole degli abitanti, topografia, porti e scali. Tutte informazioni che non riesce a ottenere dai mercanti, le cui conoscenze sono limitate alla regione costiera di fronte alla Gallia.
La campagna di Britannia
Manda in perlustrazione Caio Voluseno e intanto conduce l’esercito presso i Morini e lì raccoglie una flotta. Intanto i Britanni vengono a sapere del suo piano e gli mandano ambasciatori. Cesare prende disposizioni circa l’affidamento delle navi che ha fatto preparare, poi salpa per la Britannia e la raggiunge. Ma i Britanni rendono difficoltoso lo sbarco ai legionari, finché Cesare non ordina alle navi più leggere di accostarsi a protezione di quelle da carico.
L’aquilifero della Decima Legione sbarca per primo per dare l’esempio, subito seguito dai compagni e dagli altri soldati. Dopo uno sbandamento iniziale, lo scontro si risolve a favore dei Romani che però non possono inseguire i nemici. I Britanni comunque mandano ambasciatori per chiedere la pace.
A quattro giorni dall’arrivo dei Romani in Britannia partono anche le navi con a bordo la cavalleria, ma incontrano una forte tempesta. Una parte è costretta a tornare in Gallia, un’altra è sbattuta sulla costa britannica e deve anch’essa rientrare sul continente. La tempesta distrugge anche molte delle imbarcazioni che avevano portato i soldati in Britannia, gettando nello sconforto i legionari, preoccupati di non poter rientrare in Gallia per svernarvi.
La reazione dei Britanni
I Britanni pensano di approfittare della situazione di debolezza dei Romani, facendo un patto tra di loro. Ma Cesare non si fa trovare impreparato e si organizza per ridurre al minimo i danni della tempesta. Accorre inoltre in soccorso della Settima Legione che era uscita dall’accampamento per procurarsi il frumento ed era stata assalita dai Britanni.
Questi chiamano rinforzi sperando di farla finita una volta per tutte con i Romani, ma la reazione dei legionari è talmente vigorosa che i Britanni non reggono l’urto e vengono sbaragliati. Tornano così gli ambasciatori a chiedere la pace. Cesare appesantisce le richieste di ostaggi, da mandargli nel continente, poi salpa. Tutte le navi tornano incolumi in Gallia.
I Morini attaccano i pochi soldati sbarcati in un altro punto della costa rispetto al grosso dell’esercito, ma Cesare arriva in loro soccorso. Poi manda Labieno a vendicarsi del proditorio assalto, mentre Titurio e Cotta devastano il territorio dei Menapii.
Cesare fissa nel territorio dei Belgi gli accampamenti invernali di tutte le legioni. Soltanto due tribù britanniche gli inviano gli ostaggi promessi, mentre le altre non rispettano i patti.
Saul Stucchi