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Voi siete qui: Biblioteca » Riassunto del settimo libro dell’Anabasi di Senofonte

18 Maggio 2020

Riassunto del settimo libro dell’Anabasi di Senofonte

1. A Bisanzio

Il settimo libro dell’Anabasi di Senofonte si apre sulla paura di Farnabazo che l’esercito greco dedica di marciare verso il suo territorio. Per scongiurare il pericolo manda messi all’ammiraglio Anassibio a Bisanzio con la richiesta che costui trasporti i soldati fuori dall’Asia.

Anassibio convoca generali e comandanti e promette loro che pagherà il soldo se passeranno sulla sponda europea. Senofonte comincia a manifestare la volontà di staccarsi dall’esercito per tornare in patria da solo.

Itinerario dell'Anabasi di Senofonte

I soldati si trasferiscono a Bisanzio ma a questo punto Anassibio si smentisce non pagando il soldo, anzi fa uscire le truppe dalla città. I soldati rimangono interdetti e poi tentano di rientrare a Bisanzio, riuscendoci. A questo punto Senofonte teme che l’esercito si abbandoni al saccheggio: sarebbe un disastro per tutti. I soldati lo esortano a prendere possesso della città per essere utile all’esercito, mentre l’esercito può rendere grande lui.

Senofonte cerca di placarne l’ira con una lezione di realismo. Gli Spartani reagirebbero insieme a tutti i loro alleati e per i mercenari non ci sarebbe scampo, visto che anche Tissaferne e il Gran Re sono a loro ostili. Avrebbero contro tutte le città della Grecia visto che, pur potendo assaltare una delle città barbare si sono invece rivolti contro la prima città greca incontrata sul loro cammino.

Essendo Elleni, devono sottomettersi ai capi degli Elleni, ovvero agli Spartani: meglio subire ingiustizia da loro che combattere contro la Grecia. Propone infine di mandare messi ad Anassibio per rassicurarlo che non sono rientrati a Bisanzio con intenzioni aggressive.

Un tale Ceratada di Tebe convince i mercenari a farlo generale e a seguirlo fino al cosiddetto Delta della Tracia. Ci avrebbe pensato lui al rifornimento di viveri per la marcia. Mentre i soldati vengono banditi da Bisanzio, Senofonte ottiene per sé il permesso di entrare in città con Cleandro e dice addio ai soldati.

Nel frattempo Ceratada ottiene esito sfavorevole dai sacrifici del primo giorno, mentre il seguente non fa nemmeno in tempo a compierli che viene costretto dai soldati a distribuire i viveri che aveva loro promesso. Risultano però insufficienti a sfamarli tutti e così rinuncia a guidare la spedizione.

2. L’incontro con Seute

Sorgono contrasti tra i generali e l’esercito si sta dissolvendo, per la soddisfazione di Anassibio e la gioia di Farnabazo. Aristarco succede a Cleandro nel governo di Bisanzio e vende, su richiesta di Anassibio, i mercenari rimasti in città, mentre Cleandro non l’aveva fatto, mosso da pietà per loro.

I giochi di potere sono in piena evoluzione: Farnabazo scarica Anassibio che allora si rivolge a Senofonte chiedendogli di ritornare dall’esercito per guidarlo in Asia. Senofonte viene accolto con gioia dalle truppe.

Aristarco si presenta davanti all’esercito per dire che non deve passare in Asia. Senofonte gli risponde che gliel’ha chiesto Anassibio, al che Aristarco lo informa che costui non è più ammiraglio. Se lui dovesse incontrare qualcuno in mare, lo affonderebbe.

Senofonte decide di trasferirsi presso Seute in Tracia. Viene condotto nella torre dove risiede Seute e ha un colloquio con lui, alla presenza del suo uomo di fiducia Medosade. Senofonte gli ricorda le promesse fattegli attraverso lo stesso Medosade.

Senofonte chiede a Seute come intenda utilizzare l’esercito greco. Costui rievoca la sua storia e chiarisce il suo obiettivo: riprendersi il regno che fu di suo padre Mesade. In cambio offre la paga di un ciziceno per ogni soldato, due per i comandanti e quattro per i generali. Se le cose andassero male, s’impegna a dare rifugio ai mercenari. A Senofonte, poi, darà in sposa la propria figlia e la località di Bisante come dimora.

3. La scelta tra Aristarco e Seute

Davanti ai soldati in assemblea Senofonte illustra le due opzioni: dirigersi verso Aristarco oppure da Seute. Prima, comunque, è meglio fare un po’ di razzie per procacciarsi dei viveri. Mentre sono per strada si fa loro incontro Seute e Senofonte gli chiede di condurli in un luogo dove possano trovare cibo.

Quando ci arrivano, Seute presenta a tutti la sua proposta, ripetendo l’offerta fatta a Senofonte. Il bottino spetterà a lui: con la vendita ci pagherà il soldo ai mercenari. I soldati accettano la sua proposta, considerando che a causa dell’inverno non potrebbero tornare in patria via mare e che non potrebbero acquistarsi i viveri in territorio amico.

Seute invita a pranzo comandanti e generali. Prima di entrare nella sala del banchetto i Greci vengono avvicinati da un certo Eraclide di Maronea che consiglia loro – in modo un po’ subdolo – di offrire doni a Seute: più ricchi saranno, maggiori saranno i favori che ne riceveranno in cambio.

Senofonte è preso da sconforto perché ha portato con sé solo un servo e il necessario per il viaggio. Durante il banchetto gli ospiti presentano ciascuno il proprio dono al momento del brindisi: chi un cavallo, chi un ragazzo, chi delle vesti.

Quando è il suo turno, Senofonte – già un po’ brillo, dice lui – si alza in piedi e offre a Seute se stesso e i suoi soldati perché costui possa riprendersi il regno. Al momento di lasciarsi, Seute propone a Senofonte di attaccare subito i Traci per sfruttare il fattore sorpresa.

Senofonte si dice d’accordo e consiglia di adottare lo schieramento greco per la marcia notturna, ovvero mettendo davanti le truppe più lente, in modo da evitare che la colonna si sfilacci. Così fanno, con grande soddisfazione di Seute.

Alla mattina arrivano in cima alle alture da cui vedono i villaggi da saccheggiare. Senofonte guida un manipolo di fanti che scendono di corsa per assalire i villaggi, mentre i cavalieri di Seute si disperdono in inseguimenti e rischiano di rimanere isolati. Il bottino della razzia è di circa mille prigionieri, duemila buoi e diecimila capi di altro bestiame.

4. L’attacco dei Traci

Seute fa incendiare tutti i villaggi per terrorizzare gli abitanti e costringerli a sottomettersi a lui. I soldati greci soffrono il freddo: la neve è alta e l’acqua ghiaccia negli otri, come il vino.

Poi Senofonte dedica quasi una pagina all’invaghimento di Epistene di Olinto per un giovane trace che stava per essere ucciso. Questo Epistene aveva addirittura creato un reparto di soldati scelti con l’unico criterio della bellezza…

I Traci scendono dalle montagne per trattare con Seute. Ma una notte sferrano un attacco contro il campo greco. I mercenari però non si fanno trovare impreparati e rispondono valorosamente all’assalto. L’esercito di Seute si è ingrossato con l’arrivo degli Odrisi e i Traci Tinii comprendono che non hanno più possibilità di resistere, così chiedono un armistizio a qualunque condizione.

5. Le mosse di Eraclide

Eraclide consegna ai mercenari la paga per soli venti giorni invece che per l’intero mese. Senofonte si spazientisce e lo rimprovera di non fare abbastanza. Eraclide allora comincia a denigrare Senofonte davanti a Seute.

Senofonte è il bersaglio delle critiche di tutti: i soldati gli rinfacciano la paga incompleta, mentre Seute si lamenta per l’insistenza con cui gli chiede il soldo. Seute, nota Senofonte, da allora smette di menzionare le fortezze sul mare che gli aveva promesso.

Allora Senofonte considera se non sia il caso di proseguire la spedizione verso l’interno. Eraclide cerca di mettere i generali greci contro Senofonte, ma ottiene l’effetto contrario. La spedizione prosegue nel territorio dei Traci Melinofagi che si sono suddivisi i tratti di costa in settori per non litigarsi tra di loro i resti dei naufragi, frequenti in quell’area per i bassi fondali. Il capitolo si chiude con una nota amara: i soldati sono irritati con Senofonte e Seute non ha più con lui la cordialità di prima.

6. L’arrivo degli inviati spartani

Sono ormai trascorsi due mesi. Arrivano gli spartani Carmino e Polinico, inviati da Tibrone, per annunciare che i Lacedemoni intendono fare una spedizione contro Tissaferne. Tibrone ha bisogno dell’esercito dei mercenari per questa impresa: promette loro la paga di un darico al mese per i soldati, due per i comandanti e quattro per i generali. Eraclide convince Seute a lasciar partire l’esercito greco.

Nell’assemblea si levano diverse voci per accusare Senofonte che replica di essere tornato indietro per il bene dell’esercito mentre questo si trovava in difficoltà e lui era già pronto a rientrare in patria da solo. Sono stati loro a votare all’unanimità di unirsi a Seute piuttosto che affrontare Aristarco.

Per quanto riguarda il comportamento di Seute a tutti è noto il suo voltafaccia nei confronti di Senofonte, a cui non ha dato quello che aveva promesso, anzi la sua paga è stata inferiore a quella di alcuni comandanti. Senofonte non si è lamentato nella speranza che un giorno Seute avrebbe riconosciuto in quella di Senofonte la propria sorte, colmandolo con sommi onori. Ha sbagliato a fidarsi di lui, ma lo credeva un amico.

In un discorso dai toni accorati e patetici Senofonte invita i soldati a metterlo a morte, dimenticando tutti i sacrifici compiuti da lui per loro che allora lo chiamavano padre. Lo spartano Carmino prende le sue difese, mentre Policrate, su sollecitazione dello stesso Senofonte, accusa Eraclide che, messo in difficoltà, convince Seute a partirsene. Senofonte si trova a dover scegliere tra seguire Seute e partire con l’esercito. L’esito del sacrificio che compie è a favore della partenza.

7. La paga del soldo

Medosade si lamenta con Senofonte perché l’esercito greco saccheggia i villaggi donati a lui da Seute. Senofonte gli rinfaccia l’ingratitudine: posseggono quella terra per merito proprio dei mercenari che ora vorrebbero cacciare! Inoltre dovrebbe rivolgere le sue lamentele agli Spartani a cui hanno affidato l’esercito e non a lui, a cui è stata tolta la guida.

Medosade chiede a Senofonte di convocare i due inviati spartani. Nell’incontro che ne segue Carmino e Polinico chiedono a Medosade il rispetto delle promesse fatte ai soldati greci, mentre Medosade dice loro di recarsi direttamente da Seute, astenendosi dall’incendiare i villaggi sotto il suo dominio. I due lacedemoni mandano Senofonte da Seute.

Senofonte gli ricorda le promesse fatte e il debito che ha contratto con i Greci: deve loro 30 talenti. Vuole davvero perdere la faccia e l’onore per così poco, avendo ottenuto in cambio così tanto? Senza tanti giri di parole gli prospetta la minaccia che qualche capo scontento si metta a capo dei Traci ora sudditi di Seute, se non addirittura gli stessi Spartani. I Traci saranno più contenti di marciare contro di lui che accanto a lui.

Per opporvisi Seute dovrebbe reclutare un altro esercito la cui paga supererebbe certamente il soldo che ora deve ai Greci. Senofonte non ha mai accettato nulla da Seute, né mai avrebbe potuto finché questi non avesse saldato il debito verso i mercenari. Eraclide è interessato soltanto al denaro, ma Senofonte pone su tutte le altre cose la virtù, la giustizia e la generosità. Confida che il tempo sarà maestro a Seute e questi potrà riportare Senofonte nella stima dei suoi soldati.

Seute si decide finalmente a dare a Senofonte tutto quanto aveva promesso ai soldati. Senofonte lo consegna agli Spartani perché questi lo vendano e distribuiscano il ricavato ai mercenari.

8. L’ultima impresa è un rapimento

Senofonte s’imbarca e approda a Lampsaco, dove incontra l’indovino Euclide di Fliunte che gli rivela l’opposizione di Zeus Meilichio. Per ingraziarselo deve fare sacrifici in suo onore e così fa. La marcia riprende attraverso la Troade e poi in Misia fino a Pergamo. Qui Senofonte è ospite di Ellade, moglie di Gongilo di Eretria.

Costei gli propone di catturare il persiano Asidate con un’operazione lampo. Ma la spedizione notturna viene compromessa dall’azione sconsiderata di alcuni soldati che si sono aggiunti con prepotenza, convinti di ottenere un facile bottino. Asidate si trincera nella sua torre e riesce a resistere grazie all’arrivo di rinforzi. I Greci sono costretti a ritirarsi accontentandosi degli schiavi catturati e degli animali razziati.

Ma l’indomani gli uomini di Senofonte riescono a catturare Asidate nei pressi di Partenio. L’Anabasi si chiude con il ritorno di Senofonte a Pergamo dove viene diviso il bottino e l’esercito viene affidato a Tibrone perché lo conduca contro Tissaferne e Farnabazo.

Saul Stucchi
La cartina con l’itinerario dei Diecimila è presa da Wikipedia.

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Archiviato in:Biblioteca Contrassegnato con: Anabasi

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