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Voi siete qui: Biblioteca » V13 di Emmanuel Carrère: Premio Strega Europeo 2023

10 Agosto 2023

V13 di Emmanuel Carrère: Premio Strega Europeo 2023

V13 di Emmanuel Carrère (con la traduzione di Francesco Bergamasco per Adelphi) è la cronaca del processo ai responsabili, i complici e la testimonianza all’unico sopravvissuto agli attentati che il 13 novembre del 2015 ‒ la «mille e una notte dell’orrore», come la chiama Carrère ‒ hanno invaso la vita vera di Parigi, devastando la città, dal Bataclan, un locale molto frequentato, ai bistrot fino allo Stato francese.

Emmanuel Carrère aveva già pubblicato in forme più brevi questi resoconti dal processo, ha partecipato a quasi tutte le udienze, ascoltando e incontrando le storie delle vittime, degli imputati e della corte (alla distinzione tra questi tre gruppi di personaggi risponde la divisione in capitoli del libro) e qui restituisce il materiale orale magmatico, frammentario, ripetitivo e terrificante (e che acquisisce un suo lessico, come emerge dal racconto di Carrère, perché l’Iraq non è una «discarica di jihadisti», la vicinanza alla morte per le ferite è uno stato di «morte imminente» o un volto sfigurato, irriconoscibile, viene definito come «un grande fracasso facciale»).

Emmanuel Carrère, V13, Adelphi

Sfugge anche la possibilità di comprendere il dolore dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime, tutto ciò che è accaduto ha una matrice umana inspiegabile, ma che in un lavoro come V13, e tutta la letteratura che vuole definirsi tale, prova a conoscere.

Come in altri casi, la letteratura in questo caso ha la possibilità di meditare sull’esistenza, di provare ad avvicinarsi al mistero di azioni e sentimenti che non appartengono all’esperienza comune. Si tratta di un tipo di azioni che, con grande difficoltà, può essere pensato e trasposto sulla pagina e che necessita di un orizzonte più ampio per la sua comprensione. Forse anche per questo, Carrère fa riferimento a una formula della filosofa Simone Weil sulle tipologie di male e di bene, («Il male immaginario – ha scritto Weil – è romantico, romanzesco, vario; il male reale incolore… desertico, noioso. Il bene immaginario è noioso; il bene reale è sempre nuovo, meraviglioso, inebriante»).

Mentre sfilano gli imputati, con alcuni che scelgono il silenzio e altri che parlano per cercare di lenire le pene che stanno per essere comminate loro, Carrère riflette proprio sulla necessità di provare a capire: «Abbiamo dimenticato – scrive – il grande precetto di Spinoza: non deridere, non compiangere, non condannare, comprendere soltanto». Mosso da quella curiosità che segna l’intrigo della sua opera, V13 è cronica e mette la sua parola al servizio della storia e della comprensione di questa, affascinato sia dai colpevoli che dalle vittime («Per le vittime si prova pietà, ma è dei colpevoli che si cerca di capire la personalità», dice a un certo punto).

I racconti delle vittime sono ricchi di ripetizioni (il rumore di qualcosa che sembra un petardo e che si rivela essere un colpo di arma da fuoco, i corpi aggrovigliati al Bataclan, il senso di colpa di chi è rimasto vivo che si incarna in un volto: «il volto di qualcuno che invocava aiuto, che forse avrebbero potuto soccorrere e non hanno soccorso»), ma quando Carrère si sofferma su questi tragici aspetti emerge un’idea straordinaria di letteratura e, di conseguenza, anche la concezione più profonda.

Queste storie sono accomunate da condizioni simili e non ci sono e non ci possono essere ripetizioni perché gli stessi momenti «ciascuno li ha vissuti con la sua storia, con le sue conseguenze, con i suoi morti, e li racconta adesso con le sue parole. Carrère rivendica la parzialità ‒ raccontare un frammento e non costruire un affresco ‒ quando si sceglie di cosa raccontare e cosa tralasciare qualcos’altro.

Per Carrère si vive in un mondo post-storico, non c’è più il senso della collettività («soltanto in una società vedova del collettivo e della Storia siamo così singolari e così limitati a noi stessi») solo alla letteratura è concesso trovare interesse per i singoli imputati di questo processo, «che restano in silenzio perché non riconoscono la nostra giustizia oppure recitano un catechismo che a noi appare demenziale», non perché non siano interessanti, aggiunge Carrère, ma perché «quel che m’interessa è il lungo processo storico che ha prodotto questa mutazione patologica dell’Islam. Giro, continuo a girare intorno a questa frase così sbalorditiva e così profonda uscita, del tutto inaspettatamente, dalla bocca di Salah Abdeslam: quel che non va in questo processo è che non si fa nessuno sforzo per capire i jihadisti. “È come se si leggesse soltanto l’ultimo capitolo di un libro: il libro bisognerebbe leggerlo dall’inizio”».

Quando ripensa a questa frase a Carrère torna alla mente la deposizione di un superstite del Bataclan: «Mi aspetto che quel che ci è accaduto diventi un racconto collettivo». Probabilmente allora il senso più profondo di V13 sta all’interno dell’orizzonte tracciato da queste due direttrici: da un lato la Storia, dall’altro c’è lo sforzo della letteratura deve provare a leggere sin dall’inizio per capire, dall’altro invece il tentativo di edificare e scrivere questo racconto collettivo.

In V13 l’animo dello scrittore si muove continuamente tra rabbia, commozione, frustrazione, sforzo di capire e rispetto, mentre la scrittura prova continuamente a mantenere la sua fermezza, il suo compito più alto, raccontare per spalancare degli altrove e andare oltre la finitezza della comprensione umana: «è per questo che siamo qui».

Con V13 Carrère ha vinto il Premio Strega Europeo 2023.

Claudio Cherin

Emmanuel Carrère
V13
Postfazione di Grégoire Leménager
Traduzione di Francesco Bergamasco
Adelphi
Collana La collana dei casi
2023, 267 pagine
20 €

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