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Voi siete qui: Biblioteca » “Un bel quartiere” di Fowler, un thriller atipico

22 Luglio 2021 Scritto da Laura Baldo

“Un bel quartiere” di Fowler, un thriller atipico

È insolito, all’inizio di un libro, trovare i ringraziamenti, ma in questo caso servono anche a spiegare il percorso e i dubbi dell’autrice nel cimentarsi in quest’impresa. Una delle domande che si è posta è “Può una scrittrice bianca assumere il punto di vista di personaggi di colore?”. La risposta è abbastanza intuitiva: basta studiare.

Credo che valga per qualunque punto di vista molto lontano dal nostro, quindi è un dubbio che per me non avrebbe ragione di essere. Certo, per scrivere in modo realistico bisogna evitare i cliché e riuscire a immedesimarsi in esperienze di vita diverse, cosa per cui non servono doti specificamente letterarie ma soprattutto umane.

Ho trovato più interessante la parte dell’introduzione dove si dice: “Spero che questa storia solleciti i lettori a riflettere su quant’è facile, per le persone buone, fare scelte sbagliate, non per cattiveria ma per abitudine o per adeguarsi alle convenzioni, per disattenzione o paura”.

Therese Anne Fowler, Un bel quartiere, Neri Pozza

La trama, in breve, tratta della guerra tra due famiglie confinanti di estrazione diversa (i ricchi e bianchi Whitman e i neri piccolo-borghesi Alston-Holt), in un quartiere multirazziale dove però resistono ancora i semi di vecchi pregiudizi risalenti a un secolo prima. Una situazione che diventerà esplosiva quando i rispettivi figli adolescenti — come dei moderni Romeo e Giulietta — si innamoreranno.

Il razzismo

Il tema principale, come si evince dalla trama, è quello del razzismo. Ma non c’è un solo personaggio che si possa definire apertamente razzista, così come non c’è un vero cattivo. Le tendenze razziste radicate negli stati americani del sud — come il North Carolina, dove la storia è ambientata — sembrano emergere, in modo anche violento, quasi come un pretesto opportunistico. Se un nero va per la sua strada va tutto bene; se si mette contro le persone sbagliate, l’essere nero si può sfruttare come un’aggravante.

Di cosa parla il romanzo? Per usare le parole del libro: “Questa storia non è un poliziesco. Non è un thriller legale. È una storia morale? Noi pensiamo di sì, ma vorremmo che non lo fosse”.

Il romanzo però è un thriller, anche se atipico. Fin dalla prima pagina ci viene comunicato che morirà qualcuno. L’io narrante — che di tanto in tanto diventa un “noi” a rappresentare la voce del vicinato — ci dice subito che ci sarà un tragedia che nessuno poteva prevedere e lascia trasparire le opinioni in proposito: “Tanto perché sia ben chiaro: non abbiamo mai voluto prendere le parti di nessuno.”

Pur risultando a volte invadente, è un espediente che aumenta la suspense: tutto inizia con un soleggiato pomeriggio primaverile in un quartiere tranquillo, e in realtà per gran parte del libro questa tragedia annunciata non è percepibile, se non appunto tramite questo tipo di interventi. È anche interessante quel “noi” collettivo, fatto di persone molto diverse tra loro, che conoscono i protagonisti ma su molte cose possono solo fare congetture. A completare il quadro interviene poi il narratore onnisciente.

Punti di vista

Lo stile narrativo — commenti collettivi compresi, perché diventano parte integrante della narrazione — è immediato e coinvolgente. La trama è interessante, anche perché tocca argomenti molto attuali e difficili con acume e sensibilità. I personaggi sono ben definiti e per niente scontati. È una buona cosa che ci sia il punto di vista di tutti quelli principali, in questo modo — proprio come i loro vicini — possiamo capire i motivi delle loro azioni, anche quando non le approviamo.

Ciò che forse mi ha convinta meno è il finale. Non perché sia drammatico (ci viene detto chiaramente fin dall’inizio) ma perché non riesce a mantenere l’attenzione su quello che sembrava il tema principale: il razzismo. Il lettore è distratto da altre questioni, altrettanto importanti: le crisi dell’adolescenza, i desideri inappropriati, la complessità dei rapporti familiari, l’opportunismo, l’ingiustizia generale del sistema giudiziario, l’immagine arretrata della donna.

Il pregiudizio qui è generalizzato: non lo subiscono solo i protagonisti di colore, ma un po’ tutti. Xavier, ragazzo di razza mista, viene ammirato per la maturità e l’abilità di musicista, il fatto che sia per metà nero diventa importante solo quando sorgono problemi; Juniper, su pressione della famiglia, ha pronunciato un voto di castità fino al matrimonio e, pur essendo una ragazza sveglia e intelligente, viene vista da tutti come una bambolina delicata e ingenua; Julia, la madre, moglie di un uomo di successo che vive in una villa ultramoderna, viene da molti invidiata e giudicata snob, senza sapere che ha un passato terribile alle spalle e che fa di tutto per sentirsi adeguata e per proteggere le figlie dal commettere i suoi stessi errori.

Il finale

Quindi sì, è un romanzo che parla dei problemi di una cultura ancora arretrata, non solo razzista ma misogina e portata a giudicare le persone dalle apparenze, come qualunque realtà di provincia (e non). Si direbbe che il tema vero di questa storia sia il pregiudizio in sé, nonché l’ipocrisia e l’attaccamento alle convenzioni sociali.

Il finale contiene un po’ tutti questi elementi, quindi il messaggio che arriva non è tanto il razzismo nascosto (l’autrice non ci dà la possibilità di appurare se i timori in questo senso siano fondati, per quanto possiamo immaginare di sì), ma il fatto che l’intero sistema sia spesso sbagliato, perché favorisce chi ha dei buoni agganci e non chi ha ragione.

Se chi ha ragione sia un nero o un bianco povero e privo di conoscenze utili, secondo me non farebbe alcuna differenza. Quando una persona viene tacciata di un crimine riprovevole, il problema non è solo il colore della pelle, è che la gente tende a giudicare e condannare prima ancora dei tribunali, solo perché indicare qualcuno come il cattivo, il mostro, ci fa sentire di riflesso più buoni.

“Un bel quartiere” è un romanzo che suscita molte riflessioni interessanti, e che si può apprezzare sia come thriller che come lucida analisi dei rapporti umani, che credo valga non solo per gli stati americani meridionali ma per tutti.

Laura Baldo

Therese Anne Fowler
Un bel quartiere
Traduzione di Ada Arduini
Neri Pozza
Collana Bloom
2021, 320 pagine
18 €

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