Raffaello Cortina Editore oggi [17 ottobre 2023] ha mandato nelle librerie L’ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto storia di Gian Piero Piretto. L’argomento, potete immaginarlo, non è dei più allegri, tuttavia chi già conosce i lavori dell’autore tornerà ad apprezzarne le doti: ampiezza del bagaglio culturale, profondità di analisi, dono della sintesi e chiarezza nell’esposizione. I “neofiti” rimarranno sorpresi dalla levità delle pagine. Il libro è tutt’altro che un mattone funebre.
In duecento pagine che si articolano in dodici capitoli Piretto ripercorre la storia dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche sub specie funeris, potremmo dire, ovvero utilizzando come filtro quel momento finale che sigilla (o nega o rettifica) un’intera vita: la cerimonia funebre. In verità i due ultimi capitoli – dedicati rispettivamente all’ultimo segretario del PCUS Gorbačëv e al capo della milizia privata Wagner Prigožin, scomparsi a poco meno di un anno di distanza tra loro – riguardano i giorni nostri.

Ma qui sta uno dei significati del libro. Da una parte, infatti, L’ultimo spettacolo riporta a galla episodi che sembrano di un’epoca lontanissima, sepolta (è il caso di dire) in un passato quasi mitologico. Leggere, per esempio, il nome di Gromyko – ministro degli esteri dell’URSS quando io ero ragazzo – ha avuto come riflesso pavloviano il riaccendersi di ricordi di cene in famiglia accompagnate dall’immancabile telegiornale. Dall’altra, invece, l’autore porta alla nostra attenzione la similitudine tra cerimonie e pratiche sovietiche e le corrispettive nella Russia di Putin.
Il ritorno dell’autore a occuparsi dell’amata (tanto amata, almeno un tempo) Russia è motivato con la presa di responsabilità di un intellettuale consapevole che la rete che imprigiona quel Paese è sospesa sulle nostre teste.
Piretto lo dice esplicitamente nelle prime pagine:
Mi è costato molto, dopo aver dedicato anni di studio appassionato alla cultura russa e alla sua storia, dover riprendere penna e calamaio e condividere queste considerazioni. È stato un dolore forte assistere da spettatore alle nuove forme di violenza e autoritarismo. Recente è la chiusura a Mosca del centro Sacharov, museo e centro culturale dedicato alla protezione dei diritti umani in Russia e alla conservazione dell’eredità del fisico premio Nobel dissidente dell’Unione Sovietica. La decisione di rompere il silenzio per non restare inerme di fronte a quanto la storia ci sta facendo vivere è dovuta anche a questo. Parlare dell’ex URSS per dire della contemporaneità, russa ma non soltanto”.
Sempre nell’introduzione racconta che l’idea del libro gli è venuta assistendo da telespettatore ai funerali di Elisabetta II, seguiti poco tempo dopo da quelli di Pelé e del papa emerito Benedetto XVI. Personalità molto diverse tra loro, ma accomunate da riti che mostravano (inquietanti, mi verrebbe da dire) similitudini con i funerali sovietici.
Così, capitolo dopo capitolo, Piretto presenta al lettore una storia culturale dell’Unione Sovietica (da abbinare al precedente volume Quando c’era l’URSS. 70 anni di storia culturale sovietica”, sempre da Raffaello Cortina), accompagnandolo in una serie di cortei funebri, tra ritratti portati in processione, montagne di fiori freschi (o magari dipinti) e cordoni di soldati e forze di polizia, con l’immancabile contorno dei servizi segreti, attenti a registrare presenze e comportamenti.
Inanellando testimonianze di numerose fonti – ci sono anche i rimandi ai pochi, ma tanto più significativi, filmati d’epoca, pubblicati su YouTube o Facebook – Piretto rievoca alcuni dei momenti più intensi della storia sovietica, con un breve preambolo dedicato ai funerali del compagno Nikolaj Ėrnestovič Bauman e dei “martiri” delle due rivoluzioni del 1917.
Naturalmente grande spazio è riservato alla cerimonia per le esequie di Lenin, mentre Stalin si aggiudica il capitolo centrale, un po’ per la durata del suo “regno”, un po’ per le sue tre morti, non sufficienti comunque a decretarne la definitiva archiviazione, stante la ristalinizzazione messa in atto da Putin, coincidente con la “tanatizzazione della società”, secondo la definizione di Mikhail Epštein e la rivitalizzazione – ops! – del culto della morte – degli altri, va da sé – per la patria.
Aneddoti, ricordi, usanze (e loro cambiamenti) e testimonianze. Le fosse comuni chiamate “tombe fraterne”; i bambini che giocavano al funerale di Lenin; le palme che crescevano in una Mosca mediterraneizzata (ne sorriderebbe Sciascia); le “gare accanto alla bara” per posizionarsi al meglio nella lotta alla successione (ma era un gioco ad altissimo rischio mortale, basti citare il caso di Berija; la vodka regalata ai becchini. Ma anche i diecimila morti sepolti in un solo giorno durante la prima fase dell’assedio di Leningrado e una lunga scia di suicidi.
E poi lo “sgarbo” del cantautore Vysockij, passato a miglior vita durante le olimpiadi del 1980 che si tenevano proprio a Mosca; Gagarin che morì giusto “in tempo” per non creare troppi problemi al Cremlino; Il lago dei cigni di Čajkovskij mandato in ripetizione dalla TV di Stato nei momenti più delicati; i funerali dei poeti Esenin, Majakovskij e Achmatova. E tanto altro.
Saul Stucchi
Gian Piero Piretto
L’ultimo spettacolo
I funerali sovietici che hanno fatto storia
Raffaello Cortina Editore
2023, 240 pagine
19 €