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Voi siete qui: Biblioteca » Da Laterza “Senza riparo” di Guido Mazzoni

8 Settembre 2025

Da Laterza “Senza riparo” di Guido Mazzoni

In Senza riparo. Sei tentativi di leggere il presente, (Laterza), Guido Mazzoni, poeta a suo agio anche nel saggismo e nella teoria letteraria, percorre un trentennio di mutamenti che hanno investito l’Occidente. I suoi sono sei saggi scritti in anni diversi e riassemblati in un disegno non si vuol dire organico ma compattato da uno sguardo critico, disincantato ma non cinico, esteso all’orizzonte politico attuale nell’inevitabile intreccio con l’economia e la cultura.

Il volume, coerentemente con il titolo, non dà rifugi; invita a guardare la labilità del nostro tempo con lucidità, sospendendo ogni dogma. È un libro che interroga sia il lettore sia la forma del discorso: nel disegno emerge una poetica della crisi, intesa non solo come racconto ma come luogo di possibilità cognitiva.

La scrittura, così, diventa pratica di indagine, materia viva e inquieta. Trump, Berlusconi, Thatcher, Putin da una parte, dall’altra, intrecciata con questi nomi totem, la fine del comunismo, le crisi economiche, le guerre, l’incertezza globale, rivoluzioni fallite e immaginate – per dirla sommariamente: i contenuti.

Nella tassonomia fluida di Mazzoni spiccano inoltre alcuni nuclei portanti: la logica del nuovo potere autoritario cresciuto in seno alle democrazie, la dissoluzione dell’egemonia liberale, l’ironia impotente dell’universo progressista. Luoghi comuni e retoriche di destra e di sinistra vengono spogliati del loro potere seduttivo, come relitti ricontestualizzati e mossi a nuove problematizzazioni.

Il punto che sta al centro di molti fenomeni recenti è il tracollo delle speranze illuministe prima, socialiste poi. Drammaticamente evidente come le spinte a sinistra verso l’emancipazione si siano concentrate sui pur sacrosanti diritti civili lasciando per strada la questione di classe – svolta che a giudizio di Mazzoni stava già nel ’68.

Assai lucidamente, e sulla scia di intuizioni già discusse (Perniola, Magrelli fino, a ritroso, al Pasolini reazionario) l’autore vede due facce dell’anno fatidico: da un lato il ’68 libertario, individualista, che afferma il primato del piacere, del desiderio, dell’autonomia anarcoide, dall’altro il ’68 solidale, egualitario, mosso dall’idea che la libertà si realizzi solo attraverso la giustizia sociale e la redistribuzione. Due anime che nel tempo si sono disgiunte, e che oggi abitano spazi separati — o addirittura antagonisti — del nostro orizzonte culturale.

La deriva destrorsa che, con storture successive sempre più decise, ha fatto scivolare l’Occidente (senza problematizzare troppo il termine in questa sede) verso regimi sempre più illiberali, trova fra le sue scaturigini la figura di Berlusconi, uomo che ha intrecciato non casualmente rapporti amicali e commerciali con Putin e ha costruito un’immagine di leader assai influente per Donald Trump.

Sdoganatore allegro e cinico del fascismo nostrano, nemico di ogni dottrina sociale al punto di declinare in macchietta qualsiasi tentativo di conflitto traducendolo immediatamente in “comunismo” (implicitamente appiattito sullo stalinismo), l’inventore delle tv commerciali sapeva coltivare un pubblico pigramente cattolico e fervente telespettatore di un’icona costruita a arte: rassicurante e protettivo “padre di famiglia” impegnato nel “fare”, moderato ed efficiente.

Non c’è voluto molto tempo perché si facesse largo un’immagina opposta (con altrettanta disponibilità di qua dallo schermo all’ammirazione incondizionata – se non per qualche eccesso finale) che lo mostrava come un accanito gaudente impegnatissimo a inverare l’oltranza desiderante che aveva infiammato certa cultura libertaria anticapitalista, dal Nietzsche riletto in chiave francese a Deleuze, da Woodstock e Foucault.

Ovviamente, la perversione sta nel fatto che Berlusconi, e il tempo presente, piegando il desiderio al mercato, elidevano il côté sociale e politico, e fabbricavano viceversa un immaginario che finiva per far coincidere desiderio e capitalismo.

Mazzoni, nel cui metodo pare scorgersi un conflitto sotterraneo tra la razionalità ordinante e un’immaginazione inquieta, dichiara condivisibilmente un certa nostalgia per l’altro ’68, quello della lotta di classe, ma sa benissimo che oggi, il tempo presente, quello affondato dal dogma There is no alternative, ci obbliga a un’altra lotta, che ai residuali comunisti duri e puri parrà forse una passione minore, ma è l’unica al momento praticabile: una lotta interna al liberalismo, fra chi prova a mantenere saldo lo stato di diritto con quel che ne consegue a ogni livello e chi accetta la deriva autoritaria che lo smantella nelle sue basi illuministiche.

Non abbandonare le casematte del parlamentarismo, della socialdemocrazia (ve n’è ancora in giro?) può sembrare poco solo a chi non capisce che, lo ricorda l’autore, l’errore illuminista e poi progressista e ancor peggio comunista sta in una sconsiderata fiducia nella ragione, nella convinzione che ogni essere umano voglia essere razionale, partecipe consapevole della polis, responsabile, e sensibile alla giustizia sociale. Laddove appare evidente che lo scarto antropologico inciso nel passaggio di millennio ha mostrato come i più preferiscano accontentarsi di piccole gioie private delegando ad altri il governo della cosa pubblica (piccolo inciso dello scrivente: credere, come fanno i marxisti, che tutto dipenda dalla pedagogia, come se il cervello fosse una tabula rasa che possiamo totalmente orientare nella direzione “giusta”, spiega perché spesso gli scrittori migliori siano di destra, più capaci di non raccontarsi frottole).

Si dirà piuttosto, e veniamo al senso del titolo, che il cambiamento iniziato con la fine del comunismo sovietico – e di rimbalzo, della lotta di classe in Occidente, ha prodotto terremoti le cui conseguenze hanno finito per investire anche le masse che credevano si starsene al riparo nel proprio particulare.

Le cose sono andate diversamente: crisi finanziarie, nuove guerre, pulsioni autoritarie, garanzie sempre minori e lavoro precario, riscaldamento globale, pandemie e migrazioni di massa abilmente sfruttate dalle propagande di destra, tutto ha concorso a indebolire il senso di benessere per milioni di persone che si ritrovano di colpo “senza riparo”. L’ingiustizia sociale è aumentata, come le distanze economiche e la guerra fra poveri. Laddove il “riparo” sembrava inviolabile, oggi si rivela una promessa tradita.

Mazzoni si misura con questo smarrimento senza alcuna retorica consolatoria: non avanza risposte, ma incunea domande, sospese e mobili. E lo fa non smettendo di ripensare la saggistica stessa: l’orizzonte del discorso si dilata, i riferimenti culturali, talvolta letterari non diventano orpelli, piuttosto tracce, indizi di un paesaggio che traccia luoghi di collisione con l’energia irrazionale del presente: ragione e visione si compenetrano, senza fondersi mai.

Michele Lupo

Guido Mazzoni
Senza riparo
Sei tentativi di leggere il presente

Laterza
Collana Sagittari Laterza
2025, 168 pagine
17 €

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