Il bisogno di ricordare è il tema principale del romanzo Chimere (traduzione di Stefano Musilli, Fazi editore, 2024) dell’autore olandese J. Bernlef (1937- 2012).
Per molto tempo l’autore ha lavorato nell’ombra. Dopo il suo esordio con la raccolta di racconti nel 1960, Bernlef ha sviluppato un’opera molto vasta che, seppur molto varia, non ha mai catturato l’attenzione del grande pubblico. Il romanzo The Man in the Middle (1976) e la raccolta di racconti Anecdotes from a Side Street (1978), pur essendo stati considerati dalla critica piccoli gioielli letterari, sono rimasti sconosciuti ai più.
Con il suo romanzo Hersenschimmen (che in olandese significa “ombre nella mente”), Bernlef riesce a giungere a tutti i lettori, perché con chiarezza affronta un argomento difficile da raccontare come la demenza e rappresenta in modo molto chiaro quello che i malati provano: momenti di lucidità che si alternano a momenti di dimenticanza e di vuoti e di buio. Con quest’opera del 1984 lo scrittore ha inaspettatamente conquistato il grande pubblico olandese e quello di altri Paesi.

Raramente l’universo sempre più piccolo di un uomo affetto da demenza è stato descritto con tanta precisione e vicinanza. La forza della delicata impresa di Bernlef sta nel fatto che riesce a trasmettere la confusione crescente della demenza in modo quasi fisico, in parte grazie alla prospettiva in prima persona che inizialmente sembra mantenere tutto sotto controllo (molto vicino al romanzo di Giuseppe Aloe Lettera alla moglie di Hagenbach, Rubbettino Editore, 2021).
Il testo è diventato sia un romanzo senza tempo sull’Alzheimer, che un romanzo potente che finisce per diventare anche un esperimento linguistico composto da parole sconnesse e parti bianche. Capaci di raccontare l’afasia, il tempo bianco di chi non ha ricordi e i sempre più brevi momenti di lucidità.
Maarten Klein, il personaggio principale, ha 71 anni ed è un segretario in pensione di un’organizzazione marittima, vive in una città costiera vicino a Boston. Proprio quando sembra godersi la pensione, il suo mondo comincia a crollare. Piccoli buchi, parole che non vengono, superficiali dimenticanze, questo il suo muto dolore.
Il lettore non si rende conto immediatamente di cosa stia succedendo, finché Klein non inizia a svanire mentalmente. A mano a mano che la storia va avanti si verificano disturbi della coscienza e la sensazione di smarrimento del protagonista si trasmette anche al lettore. Così presente e passato si confondono sempre di più.
A permettere al lettore di immedesimarsi nel protagonista e nella mente è la narrazione in prima persona. Lo scrittore olandese usa la prima persona proprio per esprimere la difficoltà della malattia. La prima persona gli permette di rendere visibile il meccanismo terribile della malattia.
Maarten all’improvviso vuole tornare al lavoro, scambia la moglie Vera per sua madre, dopo una lunga passeggiata non ricorda di aver avuto un cane e di averlo perso (o liberato?). Su tutto c’è solo l’onnipresente paesaggio innevato, metafora (forse) della mente che, lentamente ma inesorabilmente, ritorna a essere un foglio bianco.
La capacità di Maarten di parlare si disintegra a poco a poco, finché non ne rimangono che frammenti e il suo (come quello del lettore) totale disorientamento.
Claudio Cherin
J. Bernlef
Chimere
Traduzione di Stefano Musilli
Fazi
Collana Le strade
2024, 168 pagine
16,50 €