Chiuderà il 12 marzo 2023 la mostra “Milano. Da Romantica a Scapigliata” allestita al Castello Visconteo Sforzesco di Novara. È ideata e prodotta da Comune di Novara, Fondazione Castello e METS Percorsi d’Arte che ne cura ed edita il ricco catalogo in cui ciascuna opera è analizzata nella rispettiva scheda. Non si tratta di un semplice album di immagini, come quelli in cui si stanno trasformando, ahinoi, i cataloghi delle mostre, bensì uno strumento utile a chi voglia approfondire i vari temi affrontati (da segnalare in particolare il regesto delle opere in mostra, curato da Melissa Raspa).
La curatela dell’esposizione è firmata da Elisabetta Chiodini con la collaborazione di un comitato scientifico composto, oltre che dalla storica dell’arte, da Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca e Sergio Rebora.

Questo nuovo appuntamento della stagione autunno / inverno è pensato, come i precedenti, per la valorizzazione della città, in territorio piemontese ma “nell’orbita” del capoluogo lombardo, da cui la separano appena una cinquantina di chilometri. Anche se manca ancora qualche dettaglio, nelle intenzioni degli amministratori il Castello deve diventare il polo culturale di Novara, motivo per il quale è fondamentale – è stato detto durante la presentazione alla stampa – l’interlocuzione con la Soprintendenza (per esempio per rendere più bello e accogliente il cortile).
Lo stesso obiettivo è alla base della collaborazione nella bigliettazione tra le mostre al Castello e la Cupola di San Gaudenzio. È il caso di segnalare che oggi si può salire in tutta sicurezza sulla Cupola antonelliana fino a un’altezza di 100 metri, mentre prima ci si fermava a meno della metà, ovvero a 45 metri.
Il percorso espositivo
Ma torniamo alla mostra: “Milano. Da Romantica a Scapigliata” permette di conoscere una parte della storia di Milano andando a Novara. Presenta al pubblico oltre settanta opere di venticinque artisti, squadernate lungo un percorso espositivo che si articola in otto sezioni, precedute da un prologo affidato al pennello di Francesco Hayez.
Ad accogliere i visitatori, infatti, c’è la tela Imelda de Lambertazzi dipinta nel 1853. È ispirata al romanzo storico I Lambertazzi e i Geremei di Defendente Sacchi, opera che ebbe diverse edizioni e conobbe un grande successo di pubblico. Altri autori si erano cimentati con questa tragica vicenda ambientata nella Bologna dilaniata dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini, una trama così avvincente che lo stesso Hayez aveva già usato la storia come fonte ben due volte: nel 1822 e nel 1829.

Questi i titoli delle sezioni:
- “Pittura urbana” nella Milano romantica
- I protagonisti
- Milano, da austriaca a liberata
- La Storia narrata dalla parte del popolo
- Verso il rinnovamento del linguaggio: dal disegno al colore
- “Il sistema di Filippo Carcano. La pittura scombiccherata e impiastricciata”
- Verso la Scapigliatura
- L’affermazione e il trionfo del linguaggio scapigliato
Racconto per immagini
La curatrice ha tenuto a sottolineare che non si tratta di un “viaggio”, bensì di un “racconto per immagini” di Milano, attraverso opere che – appunto – raccontano il suo spazio fisico e i personaggi, di tutte le estrazioni sociali e professioni, che lo abitano.

È la Milano del popolo, della gente comune, dei pittori, alcuni dei quali – è bene ricordarlo – furono anche combattenti, come Baldassare Verazzi, di cui sono presenti due opere: Episodio delle Cinque Giornate. Combattimento a Palazzo Litta (il personaggio ferito in primo piano è probabilmente un autoritratto del pittore) ed Episodio di saccheggio durante le Cinque Giornate di Milano.
Ma è anche la Milano degli emarginati: si vedano La scioperatella di Gerolamo Induno (patriota, oltre che pittore; in mostra ci sono opere anche del fratello maggiore Domenico) e La giovane mendicante di Giuseppe Molteni. Quest’ultimo, uno dei protagonisti della Milano romantica, oltre che pittore, fu anche restauratore: nel 1858 intervenne sia sul supporto che sulla superficie pittorica della pala dello Sposalizio della Vergine di Raffaello, dal 1805 a Brera.
L’arco temporale preso in esame dalla mostra si estende nel settantennio che va dal 1817 al 1886. Alla prima data risale L’arrivo della processione nel Duomo di Milano di Giovanni Migliara, mentre l’estremo temporale opposto è toccato dal Ritratto di Antonietta Tzikos di Saint Leger di Daniele Ranzoni.

Numerosi i prestiti da collezionisti privati, come il Ritratto di Alessandro Manzoni del Molteni, seconda versione di questo celebre ritratto, distinguibile a colpo d’occhio dalla prima, realizzata a quattro mani con Massimo D’Azeglio, perché priva dello sfondo del Lago di Lecco. O come la Veduta di piazza del Duomo con il Coperto dei Figini di Angelo Inganni o come la testa in bronzo di Ulisse di Giuseppe Grandi, una delle tre sole sculture in mostra.
La mia selezione
Le opere esposte sono state selezionate per dare un’idea della vitalità di Milano in un secolo – l’Ottocento – particolarmente turbolento che si srotola da un Regno d’Italia all’altro, intendendo per il primo quello che aveva per sovrano Napoleone e per il secondo quello sabaudo, senza tralasciare la dominazione austriaca e le rivolte popolari.
Della settantina di lavori voglio qui menzionare quelli che più mi hanno colpito:
- Angelo Inganni, La Colonna di San Martiniano al Verziere sotto la neve
- Francesco Hayez, Ritratto della Contessa Teresa Zumali Marsili col figlio Giuseppe
- Giovanni Carnovali detto Il Piccio, Autoritratto giovanile
- Gerolamo Induno, La scioperatella
- Domenico Induno, Pane e lagrime
- Filippo Carcano, Autoritratto
- Mosè Bianchi, Un giorno di parata
- Daniele Ranzoni, Giovinetta inglese
- Giuseppe Grandi, Beethoven giovinetto (scultura in gesso)
- Tranquillo Cremona, Ritratto di Nicola Massa Gazzino
Quest’ultima è forse la mia preferita tra tutte quelle esposte. Così ne scrive nella relativa scheda a catalogo Francesca Porreca, Conservatore e responsabile della didattica ai Musei Civici di Pavia, dalla cui Quadreria dell’Ottocento proviene quest’olio su tela dall’inconsueto formato ovale:
Non particolarmente interessato alla descrizione dei particolari ambientali e decorativi – suggeriti più che costruiti – Tranquillo Cremona è invece molto attento all’indagine della psicologia del personaggio, sospeso in un presente senza tempo”.
Chissà quante e quali altre opere avrebbe ancora dipinto Cremona, se non fosse morto a soli quarantun anni per avvelenamento da piombo. La pessima abitudine di mettersi il colore sulle mani e sulle braccia per verificarne la tonalità gli fu fatale. Si spense il 10 giugno 1878, sei mesi dopo Vittorio Emanuele II.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Angelo Inganni
Veduta del Naviglio di via Vittoria con il ponte di via Olocati (Nevicata ai Navigli), 1852
Olio su tela, 73×90,4 cm
Courtesy Quadreria dell’800, Milano - Francesco Hayez
Imelda de’ Lambertazzi
Olio su tela, 122×126 cm
Collezione privata - Giuseppe Canella
Veduta della Corsia dei Servi a Milano, 1833
Olio su tela, 81,5×64 cm
Collezione Gastaldi Rotelli, Milano - Tranquillo Cremona
In ascolto, 1874-1878 circa
Olio su tela, 112×128 cm
Courtesy Gallerie Maspes, Milano
Milano. Da Romantica a Scapigliata
Informazioni sulla mostraDove
Castello Visconteo SforzescoPiazza Martiri della Libertà 3, Novara
Quando
Dal 22 ottobre 2022 al 12 marzo 2023Orari e prezzi
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 19.00La biglietteria chiude alle 18.00
Biglietti: intero 14 €; ridotto 10 €