Si apre oggi, 17 maggio, al MAST di Bologna la mostra “W. Eugene Smith: Pittsburgh. Ritratto di una città industriale”, curata da Urs Stahel e organizzata dalla Fondazione MAST in collaborazione con il Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, Pennsylvania (USA). Si potrà visitare fino al 16 settembre, con ingresso gratuito.
Espone 170 stampe vintage selezionate dalla ricca collezione del museo americano: Smith realizzò qualcosa come 20 mila negativi nei circa 3 anni e mezzo che spese a fotografare la città dell’acciaio. Non riuscì a portare a compimento l’idea che aveva in mente, ovvero una summa per immagini di Pittsburgh, un atlante completo, un album delle molteplici vite e facce della metropoli che in quegli anni (tra il 1955 e il 1957) era al culmine del boom e aveva già intrapreso la curva discendente della sua parabola.
Una piccolissima parte di quello sterminato materiale venne pubblicata nel numero del 1959 della rivista Photography Annual, in un reportage di 36 pagine intitolato “Pittsburgh. W. Eugene Smith’s Monumental Poem to a City”. E il titolo rende bene il senso del lavoro del fotografo che sempre si considerò allo stesso tempo fotogiornalista e artista: ogni immagine è il verso di un complesso poema epico che ha per protagonista la città dove i fiumi Allegheny e Monongahela confluiscono per dare vita al fiume Ohio che dopo oltre 1500 km sfocia nel Mississippi.
Scrive il curatore Urs Stahel nel catalogo della mostra:
W. Eugene Smith lottava per rappresentare l’assoluto. Ben lungi dall’accontentarsi di documentare il mondo, volava catturare, “afferrare”, almeno in alcune immagini, niente di meno che l’essenza stessa della vita umana.
E nelle foto di Smith (di cui quest’anno ricorrono due anniversari: il centenario della nascita e il quarantennale della morte) Pittsburgh è essenzialmente la città del lavoro, delle acciaierie, degli operai fisicamente provati dalla fatica o fermi per uno sciopero o in attesa di una chiamata che tarda ad arrivare. E poi ci sono le strade, le auto, i ponti e i fiumi, gli edifici – i grattacieli e le casette dei quartieri residenziali – , i politici in consiglio comunale e i bambini che giocano per strada…
Proprio soffermandosi su questi ultimi soggetti ci si accorge di un particolare che a prima vista può sfuggire, tanto è evidente: il bianco e nero delle fotografie di Smith non è un gioco di equilibrio tra il chiaro e lo scuro, quanto piuttosto una virtuosistica ricerca degli effetti del nero e delle gradazioni del grigio.
Nelle opere esposte al MAST non si vede mai un cielo sereno e anche i bambini in maniche corte o addirittura senza maglietta, immortalati dunque in una calda giornata estiva, sono protagonisti di foto scure, come ricoperte da una patina di fuliggine. E allora, per associazione d’idee, viene da pensare a Pompei: l’immenso reportage di Smith è il poema di una città ancora viva ma che sta per scomparire. La stessa professione di fotogiornalista stava allora per spegnersi (o solo per trasformarsi?), così come nel giro di una generazione o poco più avrebbero chiuso le grandi riviste che molto dovevano alla fotografia e molto avevano fatto per diffondere nel mondo gli scatti più belli di autori come W. Eugene Smith.
Smith pubblicò le sue prime foto a 16 anni. A 36 lasciò LIFE che gli aveva dato fama e successo pubblicando i suoi reportage sulla seconda guerra mondiale. L’opus magnum su Pittsburgh lo assorbì completamente per il resto della vita e nei testi riprodotti nelle sale in cui si dipana il percorso espositivo emergono spesso i dubbi, le insicurezze e gli slanci per un lavoro così ambizioso.
Pittsburgh, come ogni città, è un turbolento discutere, un brulicante evolversi entro gli equilibri del paradosso. Un’entità viva, carnale, che adduce come prova del suo battito pulsante ogni vizio e ogni virtù, tutto il ribollire degli umori umani. Perfino nei suoi cliché più ostinati, una città si compone di un numero incalcolabile di frammenti imprevedibili; essi obbligano a mantenere una fedeltà di visione che giunge molto più a fondo e molto al di là delle vacue definizioni stereotipate – “il focolare della Nazione”, “L’arsenale della democrazia”, “La città fumante” – spesso forgiate per adattarsi a quei frammenti. Ritrarre una città è un compito senza fine […].
Negli ultimi anni Pittsburgh ha cambiato pelle ed è riuscita a rispondere alla crisi economica meglio di altre metropoli americane. Il lavoro di Smith rimarrà come imprescindibile testimonianza di un’epoca. E come opera d’arte, naturalmente.
Saul Stucchi
Didascalie:
- W. Eugene Smith
Forgiatore, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 23.49 x 33.34 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of Vira I. Heinz Fund of the Pittsburgh Foundation
© W. Eugene Smith / Magnum Photos - Il curatore Urs Stahel
Foto di Saul Stucchi - W. Eugene Smith
Stabilimento National Tube Company, U.S. Steel Corporation, McKeesport, e ponte ferroviario sul fiume Monongahela, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 22.86 x 34.29 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection.
© W. Eugene Smith / Magnum Photos - W. Eugene Smith
Bambini che giocano tra Colwell Street e Pride Street, Hill District, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 34.61 x 23.18 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection
© W. Eugene Smith / Magnum Photos
W. Eugene Smith: Pittsburgh. Ritratto di una città industriale
Dal 17 maggio al 16 settembre 2018
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 19.00
Ingresso gratuito
MAST
Via Speranza 42
Bologna
Informazioni: