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Voi siete qui: Teatro & Cinema » Recensione di “Memory of Mankind” al Piccolo Teatro

16 Gennaio 2025

Recensione di “Memory of Mankind” al Piccolo Teatro

Raramente ho preso tanti appunti durante uno spettacolo quanto ieri sera mentre assistevo a Memory of Mankind, scritto e diretto dallo svedese Marcus Lindeen, artista associato del Piccolo Teatro di Milano. Certo, aiutava – per una volta – la luce che illuminava a giorno il cuore dello Studio Melato, ma erano soprattutto le cose dette a fornire spunti di riflessione e considerazioni.

L’idea è venuta a Lindeen durante la recente pandemia del coronavirus, leggendo un articolo del New York Times dedicato all’iniziativa del ceramista Martin Kunze che nel 2012 diede il via a una una collezione di tavolette di ceramica su cui archiviare, con testi e immagini, la “Memoria dell’umanità” (da lì il titolo dello spettacolo), da custodire in una miniera di sale nella località austriaca di Hallstatt. E già la mia mente faceva collegamenti: proprio in quella miniera i Monuments Men degli Alleati ritrovarono molti capolavori trafugati dai nazisti, tra cui il polittico dell’Agnello mistico dipinto dai fratelli Hubert e Jan van Eyck.

Una scena dello spettacolo "Memory of Mankind" di Marcus Lindeen. Foto © Beatrice Borgers

Lavorando con la drammaturga francese Marianne Ségol, Lindeen ha ampliato il raggio di ricerca che rimane però incentrato sul tema della memoria: della sua conservazione e della sua perdita. Quattro gli attori in scena a interpretare (lo spettacolo è in francese con sovratitoli in italiano e inglese) rispettivamente il ceramista Kunze, una coppia in cui lui soffre di una grave forma di amnesia tanto da diventare “una pagina bianca che cammina” quando viene colpito da uno dei suoi terribili attacchi, e infine un giovane ricercatore interessato a una nuova branca dell’archeologia, quella che studia le testimonianze del passato secondo l’ottica queer.

Anche solo da questi rapidi riferimenti il lettore comprenderà che è impossibile – tanto meno in uno spettacolo teatrale di 80 minuti – giungere a conclusioni definitive, da tutti accettate. A parer mio è proprio la ricchezza di spunti e l’accostamento di temi così complessi a rendere debole dalle fondamenta il testo. Ma tutto si tiene, proprio come nella nostra memoria.

E allora accenniamo almeno ad alcune questioni, dall’accumulo di informazioni, all’ansia per la perdita dei dati archiviati nei dischi fissi (è così che comincia lo spettacolo e io già pensavo di tornare a casa per fare una copia di backup…). Cosa salvare su una piastrella di ceramica di 20×20 cm? Come raccontarci alle generazioni che verranno, tra centinaia o migliaia di anni, quando la nostra civiltà sarà scomparsa? E qual è il ruolo dell’archivista Kunze? Cosa merita di essere trasmesso e cosa invece è passibile di censura? La ricetta di un dolce fornita da un oncologo stressato dal lavoro ha lo stesso valore della teoria del Big Bang?

E poi c’è il tema dell’amnesia, strettamente legato a quello dell’identità. A pensarci, siamo quello che ricordiamo di essere, i nostri ricordi. E se li perdiamo?

Un momento dello spettacolo "Memory of Mankind" di Marcus Lindeen. Foto © Beatrice Borgers

Come terzo argomento di riflessione c’è niente meno che la storia delle minoranze, trascurata dalla storiografia mainstream, ovvero – perdonate la banalizzazione – quella frutto delle ricerche, ma anche dei pregiudizi di uomini bianchi occidentali eterosessuali.

Come interpretare le scene dipinte in una tomba egizia della V dinastia, scoperta a metà degli anni Sessanta nella necropoli di Saqqara, datata attorno alla metà del XXV secolo avanti Cristo? Due uomini sono rappresentati in atteggiamenti molto intimi, in pose solitamente tenute da coppie eterosessuali. Sono due amanti gay? Oppure fratelli, come vorrebbero gli egittologi “tradizionalisti”? O addirittura gemelli siamesi, per spiegare in altro modo il toccarsi assai simbolico dei rispettivi gonnellini?

La nostra lettura di quelle scene rischia di tradire la storia, la vicenda umana e il ricordo delle due persone che vi sono raffigurate… (Per approfondire il tema consiglio In bed with the ancient Egyptians di Charlotte Booth, che dedica buona parte del capitolo sull’omosessualità proprio alla tomba di Khnumhotep e Niankhkhnum, questi i nomi dei due manicuristi del faraone!).

Qual è il confine tra ricerca e attivismo politico (anche a sostegno di cause nobilissime, sia chiaro)? Chi seleziona cosa per i futuri storici? L’archivio è un confessionale, un guazzabuglio di informazioni senza alcun ordine né gerarchia, un’arca di dati da conservare per chi sopravviverà al naufragio della nostra civiltà? Verremo ricordati grazie ai frammenti conservati su piastrelle di ceramica, un supporto economico, ma resistentissimo?

E nella mia memoria – è il caso di dire – tornava a galla il racconto I teologi di Borges (nella raccolta L’Aleph). Ecco: lo scrittore argentino saprebbe immaginare un mondo futuro in cui la sala da bagno di un sovrano, o più probabilmente di un bibliotecario, sarebbe decorata da piastrelle di ceramica con disegni e testi incomprensibili…

Saul Stucchi
Foto © Beatrice Borgers

Memory of Mankind

testo e regia Marcus Lindeen
  ideazione Marcus Lindeen e Marianne Ségol
drammaturgia e traduzione Marianne Ségol
  voci Gabriel Dufay, Julien Lewkowicz, Olga Mouak, Nathan Jousni, Marianne Ségol
  musica e progetto sonoro Hans Appelqvist
scene Mathieu Lorry-Dupuy
  luci Diane Guérin
costumi Charlotte Legal
  con Sofia Aouine, Driver, Axel Ravier, Jean-Philippe Uzan
  casting Naelle Dariya
stage manager David Marin
  tecnico del suono Nicolas Brusq
tecnico video e luci Dimitri Blin
  manager di produzione Emanuelle Ossena, Charlotte Pesle Beal, Lison Bellanger | EPOC produzioni
  produzione compagnia Wild Minds
coproduzione T2G-Théâtre de Gennevilliers – CDN, Festival d’Automne à Paris, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, La Comédie de Caen – CDN de Normandie, Le META – CDN Poitiers Nouvelle-Aquitaine, Nouveau Théâtre de Besançon Centre dramatique national, Le Quai ‐ CDN Angers Pays de Loire, Kunstenfestivaldesarts Bruxelles, Wiener Festwochen, Le Grand T Nantes, Le Lieu Unique Nantes, PEP Pays-de-Loire
  con il sostegno di Fondation d’entreprise Hermès
con il supporto di ADAMI
  progetto sostenuto dal Ministero della Cultura – Direzione regionale degli affari culturali dell’Île-de-France
scenografia realizzata dai laboratori scenotecnici del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e del Nouveau Théâtre de Besançon Centre Dramatique National
  Con il patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia e Institut français Italia

Informazioni sullo spettacolo

Dove

Piccolo Teatro Studio Melato
Via Rivoli 6, Milano

Quando

Dal 15 al 18 gennaio 2025

Orari e prezzi

Orari: 19.00 e 21.30
Durata: 80 minuti senza intervallo

Biglietti: intero platea 33 €; intero balconata 26 €

Maggiori informazioni

Sito web ufficiale:

www.piccoloteatro.org

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