Ogni scrittore ha una sua chiave di lettura. Per Proust era lo snobismo; per Alberto Moravia la vita controvoglia e la noia; per Kafka l’ebraismo e la burocrazia. Per capire Thomas Mann c’è il dissidio tra vita e arte.
Almeno così la pensa Hermann Kurzke, storico della letteratura e teologo, fra i massimi esperti dello scrittore, autore del saggio Thomas Mann. La vita come opera d’arte (traduzione di Anna Ruchat per Carocci, 2025), ripubblicato in occasione dei centocinquant’anni dalla nascita e dei settanta dalla morte del Premio Nobel per la letteratura 1929.

Nel volume si ripercorrono le prime prove e l’opera edita, le lettere agli amici e i diari; si citano testi mai tradotti in italiano, ricostruendo così eventi della vita dello scrittore. Dalle pagine dello studioso tedesco si capisce che per comprendere lo scrittore tedesco è necessario considerare il contrasto fra vita e vocazione artistica, riflessione centrale nel romanticismo tedesco, su cui Thomas Mann si è formato.
Il testo di Kurzke tratteggia un uomo e uno scrittore che sente profondamente non solo il contrasto tra la vita e l’arte, ma tra la natura umana e il mondo severo e borghese nel quale è inserito. Alcuni dettagli della vita dello scrittore − l’idea di voler diventare in gioventù un ballerino, i rapporti con il fratello Heinrich (anche lui scrittore), i rapporti con il padre e la famiglia, l’odio per la scuola, le prime prove poetiche, ma anche i dubbi e le difficoltà nel comporre le opere più famose – rendono questo libro importante per comprendere meglio le opere dello scrittore.
Thomas Mann. La vita come opera d’arte fa entrare nel laboratorio dello scrittore per osservarne le contraddizioni. Questa biografia critica non si limita a descrivere fatti o eventi della vita dell’autore, ma permette di confrontarsi con il suo sguardo. Gli episodi raccontati sono scelti con cura. Non si scade mai nel pettegolezzo scandalistico. La vita è un modo per comprendere l’opera e l’opera la vita. Lo stile spartano di Kurzke non lascia spazio a divagazioni o a riflessioni non necessarie.
Il critico tedesco non nasconde gli impulsi erotici e gli istinti primitivi, morbosi, le pulsioni autodistruttive, che abitano Thomas Mann. Si dice, infatti, a un certo punto che il Premio Nobel 1929 non riesce a vivere la propria natura (omosessuale o bisessuale) perché stretto in un mondo che lo avrebbe etichettato e diffidato.
Nel libro non c’è solo questo. Si parla anche delle posizioni che lo scrittore prende durante la Prima guerra mondiale. Diversamente da suo fratello Heinrich, Thomas esalta e vede nella guerra un momento di esplosione di vita. Non considera minimante la violenza, la distruzione o la possibilità che la guerra sia un momento di barbarie collettiva. Si racconta anche di una serie di articoli contro gli ebrei, pur avendo l’autore sposato una donna di origine ebraica.
Si fa luce sul suo esilio ai tempi della Germania di Hitler. Poi ci sono Lubecca, Monaco, la madre che suona Chopin, i primi amori − Williram Timpe − l’odio per la scuola e la rivalità con il fratello Heinrich, l’amicizia con Paul Ehrenberg e la moglie Katia Pringsheim, l’esilio in Svizzera e negli Stati Uniti.
Hermann Kurzke descrive un uomo che esita e che non riesce a prendere una decisione controcorrente.
Claudio Cherin
Hermann Kurzke
Thomas Mann
La vita come opera d’arte
Carocci
Collana Saggi
2025, 672 pagine
64 €