Fino a domenica 5 marzo al Teatro Carcano di Milano sarà in cartellone lo spettacolo Gilgamesh. L’epopea di colui che tutto vide. Ne ha scritto il testo (pubblicato da Sipario) e ne firma la regia Giovanni Calcagno che è in scena insieme a Luigi Lo Cascio e Vincenzo Pirrotta.
Curiosità e timore si mescolavano nella mia mente alla vigilia della prima milanese, dando vita al dubbio: come si può rappresentare a teatro il mito di Gilgamesh? La risposta è stata precisa: mettendo insieme e amalgamandoli tanti bei talenti. Il primo a colpirmi è stato quello di Alessandra Pescetta che ha realizzato le composizione video che scorrono – per buona parte dello spettacolo – come fondale del palcoscenico. Sono bellissime! Incantano con la loro poesia, tanto da meritarsi una sopravvivenza autonoma.

Poi c’è il testo di Calcagno che è riuscito a dare coerenza teatrale al materiale mitico su Gilgamesh. E poi ci sono i tre interpreti: uno più bravo dell’altro (ma consentitemi di riconoscere una menzione speciale a Vincenzo Pirrotta: la sua prova, in particolare il canto sillabato che ne esalta il virtuosismo, mi pare da Premio Ubu).
Non tenterò di raccontare la vicenda di Gilgamesh, signore di Uruk. Mi limiterò invece a segnalare alcuni aspetti di questo allestimento che rimarrà nella memoria degli spettatori, traguardo raggiunto solo da una parte (comunque minoritaria) degli spettacoli che incontrano il favore del pubblico. Calcagno, Lo Cascio e Pirrotta riescono a rendere in scena la potenza del mito e lo fanno utilizzando lo strumento tradizionale: il racconto, a cominciare dall’incipit “il diluvio cancellò ogni cosa” che suona come un invitante “c’era una volta…”
Ciascuno dei tre attori a modo proprio, s’intende. Calcagno, per esempio, pur seduto, riesce a mimare con le mani, i piedi e il resto del corpo i movimenti del protagonista. Pirrotta e Lo Cascio (ammirati insieme anni fa – all’inizio del 2015 – in Otello) percorrono, invece, due strade opposte tra loro. Quanto il primo pesta e picchia con violenza e intensità, tanto il secondo lavora da scultore in levare. Ma le prove attoriali danno lo stesso, straordinario, risultato, premiato con calorosi applausi dal pubblico.

Gilgamesh e il suo doppio, l’uomo nuovo Enkidu, compiono imprese appunto “mitiche”, tra sogni, prostitute che hanno un ruolo civilizzatore e marteddi che indefessamente battono per forgiare le armi degli eroi, in un tempo in cui uomini e dei parlavano tra loro senza intermediari. Purtroppo per i primi non sempre con il dovuto rispetto verso le divinità, colleriche e vendicative all’ennesima potenza.
Pagherà cara la sua tracotanza Enkidu ma la tragica fine darà il la a un emozionante epicedio sul povero compagno. Poco più fortunato Gilgamesh, destinato come tutti gli uomini – eccezion fatta per Utnapishtim – a veder svanire il sogno dell’immortalità per il quale ha intrapreso un lunghissimo e assai periglioso viaggio.
Quanta epica e quanta Sicilia nella Mesopotamia messa in scena: ci sono perfino i burattini! Ma si può cogliere anche una strizzata d’occhio all’Amleto in quella testa messa lì per terra. Il mito si fa teatro e ne esce una rappresentazione mitica, da tramandare con il racconto. Anche attraverso queste modeste righe che avete appena letto.
Saul Stucchi
Foto di Luca Del Pia
Gilgamesh. L’epopea di colui che tutto vide
Testo e regia Giovanni CalcagnoCon Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta e Giovanni Calcagno
Composizioni video Alessandra Pescetta
Musiche originali Andrea Rocca
Disegno luci Vincenzo Bonaffini
Consulenza scientifica Luca Peyronel
Produzione Emila Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Teatro CarcanoCorso di Porta Romana 63, Milano
Quando
Dal 28 febbraio al 5 marzo 2023Orari e prezzi
Orari: martedì, mercoledì e giovedì 19.30venerdì e sabato 20.30
domenica 16.30
lunedì riposo
Durata: 1 ora e 40 minuti senza intervallo
Biglietti: posto unico venerdì, sabato e domenica 38 €
posto unico martedì, mercoledì e giovedì 27 €