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Voi siete qui: Teatro & Cinema » “Mezzogiorno di fuoco” di Fred Zinnemann

21 Giugno 2025

“Mezzogiorno di fuoco” di Fred Zinnemann

Qualche mese fa parlai di Ombre rosse, dicendo che non amavo il genere western. Ripensandoci, ho trovato che molti di quei film mi avevano interessato e ho anche concluso che alcuni discorsi anche profondi erano possibili solamente in quel preciso contesto.

Ad esempio, il problema della legge e della giustizia: nella nostra società “democratica” abbiamo fin troppi gradi di processo prima di arrivare alla sentenza; nel “selvaggio” West (almeno da come ce lo raccontano), vigeva il ”fai da te”. Con tutte le possibili aberrazioni che questo comportava. Quindi, nei film o nelle saghe di eroi, il buono era di solito vincitore e applicava la legge in modo equo: nella realtà non saprei, sempre a quanto ci tramandano.

A livello personale, mi torna sempre in mente il fumetto Tex Willer, ormai in edicola da molto più di mezzo secolo e che ha accompagnato varie fasi della mia vita: Tex applica (spesso a suon di Colt) la sua legge e non mi risulta abbia mai fatto ingiustizie né con i bianchi né con i pellerossa.

Una ennesima dimostrazione di questo discorso è anche, in Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann (1952), lo sceriffo Willy Kane: dimissionario, in procinto di cambiare vita sposandosi, da solo deve rimettere a posto le cose nella sua cittadina.

“Non posso andarmene. Non posso.” (lo sceriffo Kane)

La prima cosa da dire riguardo Mezzogiorno di fuoco è che la storia è ispirata al racconto La stella di latta di John W. Cunningham; la sceneggiatura è opera di Carl Foreman. Prima di proseguire, a questo punto è necessario che parli del maccartismo.

Si tratta di un atteggiamento politico diffuso negli USA tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Cinquanta del Novecento. Prende il nome dal senatore Joseph McCarthy, che diresse una commissione per la repressione delle attività antiamericane, sottoponendo a vigilanza centinaia di persone e operando attacchi verso funzionari governativi, uomini di spettacolo o di cultura. L’accusa era di essere comunisti e in quanto tali di minare i fondamenti politici e ideologici della società americana. Il termine è rimasto in uso soprattutto quando si vuole indicare un clima di sospetto generalizzato o di “caccia alle streghe”.

Adesso posso tornare a Foreman. Finito nella lista nera, si rifiuta di dichiarare se sia stato o meno membro del Partito comunista (in realtà lo era stato tra il 1938 e il 1942) ed è costretto ad emigrare in Inghilterra.

Come conseguenza sul film, però, si giunge, (tra le tante che vengono proposte) a una interpretazione che può richiamare il comportamento di Foreman davanti alla commissione: un individuo che da solo si oppone a un sopruso, mentre tutti intorno a lui sono preda di un’isteria collettiva.

“Questo è solamente uno sporco e piccolo villaggio nel bel mezzo del nulla. Niente di ciò che succede qui è davvero importante.” (giudice Mettrick)

La pellicola di Zinnemann è una delle prime a essere girate in tempo reale: l’intera vicenda si svolge negli 85 minuti che separano il paese di Hadleyville dall’arrivo del treno di mezzogiorno. Più volte ricorre l’immagine dell’orologio (sono state contate 30 inquadrature) che scandisce il passare del tempo, come mezzo per accrescere la tensione della storia.

E, visto che sono passato agli aspetti tecnici, prendo velocemente in rassegna i punti di forza di Mezzogiorno di fuoco.

Essendo un film strutturato essenzialmente sull’attesa, un ruolo rilevante ha il montaggio (Elmo Williams ed Harry Gerstad e, secondo alcuni, con l’apporto determinante del produttore Stanley Kramer).
Altri elementi importanti, sono la fotografia (Floyd Crosby) volutamente in bianco e nero e la musica di Dimitri Tiomkin.

“Non abbandonarmi o mia cara, in questo nostro giorno di nozze / non abbandonarmi, aspetta. / Il treno di mezzogiorno porterà Frank Miller / se sono un uomo devo essere coraggioso e fronteggiare quel killer mortale / o giacerà un codardo, un vile codardo, o giacerà un codardo nella mia tomba…” (inizio della canzone di Tromkin/Washington, cantata da Tex Ritter)

Ma il tocco veramente decisivo è dato dal regista e dalle sue scelte nelle inquadrature. Lo spazio è bipolare, equamente diviso tra esterno e interno: il primo è composto da strade assolate e vuote in cui si muove Kane: il secondo, invece, è rappresentato dai vari luoghi nei quali sono radunati i cittadini.

“Sei un bel ragazzo: hai delle spalle grandi e larghe. Ma lui è un uomo. E ci vogliono ben più di due spalle larghe per fare un uomo.” (Helen Ramirez al vicesceriffo Harvey)

Al box office, Mezzogiorno di fuoco ha un saldo nettamente positivo: a fronte dei 750.000 dollari investiti, la pellicola ha incassato 3,8 milioni in patria e 18 milioni nel resto del mondo. Ha anche ricevuto quattro Oscar, ma non quello per il miglior film.

Alfred Zinnemann, detto Fred (Rzeszów, 1907/Londra, 1997) ottiene il suo primo grande successo alla prima incursione nel genere western. Di lui possiamo ricordare altri eccellenti lavori come La settima croce (1944), Da qui all’eternità (1953), Un cappello pieno di pioggia (1957), Un uomo per tutte le stagioni (1966).

Note e osservazioni

Il titolo originale del film è High Noon ma, per una volta, quello scelto per il mercato italiano non solo è pertinente, ma si è prestato nel tempo a innumerevoli citazioni in tutti i campi. A me piace ricordare, solo per questioni di età (e un plauso a chi lo ha ancora in mente) un carosello televisivo, targato 1966 della carne Montana: “…il sole nel cielo è tornato da poco, sarà mezzogiorno, mezzogiorno di cuoco! E vedendo la carne Montana che stringo, alé vengon tutti a mangiare con Gringo!”.

Molti critici si sono sbizzarriti nel cercare una precisa collocazione temporale al film. Basandosi su elementi lasciati in giro dagli autori, possiamo con certezza dire che la vicenda si svolge il 26 giugno del 1898.

Più facile trovare le location: anche se il paese di Hadleyville è immaginario, i luoghi in cui Mezzogiorno di fuoco è stato girato sono tutti in California, anche per le sequenze girate negli studios.

Per l’ultima nota ritorno al maccartismo. Agli americani duri e puri, l’ultima scena, quella in cui Kane, prima di allontanarsi con la moglie, getta a terra la stella di sceriffo, non è andata giù. In particolare, mi basta citare quanto dichiarò John Wayne: “Il film più antiamericano che abbia visto in tutta la mia vita”.

“Che bella vita! Si rischia la pelle per acciuffare degli assassini, i giurati li mandano assolti, quelli tornano e ti fanno la festa. Sei onesto, resti povero per tutta la vita, e finisci per morire assassinato come un cane in un angolo di strada. E perché? Per niente, per un distintivo.” (Willy Kane)

L S D
L’immagine è presa da Wikipedia

Mezzogiorno di fuoco

  • Regia: Fred Zinnemann
  • Soggetto: John W. Cunningham
  • Sceneggiatura: Carl Foreman
  • Interpreti: Gary Cooper, Grace Kelly, Katy Jurado, Lee Van Cleef, Thomas Mitchell
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