Fritz Lang: “M – Il mostro di Düsseldorf” (1931)
C’è una mia amica (una delle 19 che mi legge), la quale sostiene che dalle mie notarelle si potrebbe ricavare un piccolo trattato sulla storia del cinema. In effetti, pur non seguendo un filo cronologico, ho comunque approfittato di alcune pellicole per parlare di un certo movimento artistico o per affrontare un periodo particolarmente interessante. Se qualcuno volesse prendersi la bega di andare a scartabellare tra i miei articoli, potrebbe incontrare, tra gli altri, la “Nouvelle Vague” francese, il “Neorealismo” italiano, il cinema giapponese di Ozu e quello successivo di Kitano, così come gli “Young angry men” inglesi o la “Nuova Hollywood”.
E, proprio a proposito di Hollywood, oggi colmo una lacuna. Vado a parlare di uno dei grandi maestri della settima arte e della sua capacità nel far diventare Los Angeles, “La Mecca del cinema”: Fritz Lang.
La carriera di Lang
Il maestro arriva dalla Germania e, prima di diventare uno dei registi di punta del cinema yankee, ha già firmato in patria alcuni capolavori. Come lui, sono tanti i registi che, nel periodo nazista, decidono di lasciare la loro terra d’origine: Lubitsch, Murnau, Wiene, Wilder, Preminger, Siodmark, Zinnemann, von Sternberg, Ophüls. Di Billy Wilder ho già parlato [vedi “A qualcuno piace caldo”], di altri tratterò in seguito.
Ma torno a Lang. Il suo vero nome è Friedrich Christian Anton Lang; nasce a Vienna da una agiata famiglia della buona borghesia (padre architetto), nel 1890, e muore a Beverly Hills nel 1976. Inizia la sua carriera nella Germania della repubblica di Weimar e, con l’ascesa al potere di Hitler, preferisce lasciare la patria. Breve parentesi in Francia e poi Hollywood. Torna in Europa solo nell’ultimo periodo della sua vita. Prima di varcare l’oceano, aveva firmato il fantascientifico “Metropolis”, alcuni film sul Dottor Mabuse e il suo primo lungometraggio sonoro, appunto “M – Il mostro di Düsseldorf”.

Arriva negli Stati Uniti nel 1934 e diventa cittadino americano nel 1939. Mantiene una certa indipendenza dalle case di produzione e questo gli permette di avere un margine di autonomia per portare a compimento i suoi progetti. Ottiene diversi successi, attraversando molti generi cinematografici, sempre tenendo presente il tema della colpa e dell’ambigua giustizia umana. Legato a una doppia ispirazione, figurativa (è stato anche pittore) e letteraria (sceneggiatore dei suoi film, in coppia con la seconda moglie Thea von Harbou), Lang è passato alla storia del cinema per il controllo totale che mantiene sul mezzo che usa.
“Lo stile di Fritz Lang? In una sola parola: inesorabile. Ogni inquadratura, ogni movimento di macchina, ogni immagine, ogni spostamento d’attore, ogni gesto ha qualcosa di decisivo e di inimitabile” (François Truffaut, “I film della mia vita”).
Il film
“M – Il mostro di Düsseldorf” si ispira alle figure di serial killer che hanno insanguinato la Germania degli anni Venti (Fritz Haarmann, Peter Kürten). La pellicola passa per essere una delle prime del genere noir. La precisione e la meticolosità che Lang usa nella costruzione della storia, trasmettono tensione e immagini visive di grande intensità; oltre queste – per la prima volta per il regista tedesco – il sonoro, utile per introdurre nuove scene o per anticipare allo spettatore il corso degli eventi. E, fondamentale per un giallo, l’uso della luce (fotografia di Fritz Arno Wagner) e il montaggio (Paul Falkenberg).
“Quando… quando cammino per le strade ho sempre… la sensazione che qualcuno mi stia seguendo. Ma sono io che inseguo me stesso. Silenzioso, ma lo sento. Sì, spesso ho l’impressione di correre dietro a me stesso” (Hans Beckert, il mostro).
Una nota particolare la devo dedicare a Peter Lorre, l’attore protagonista. Il suo vero nome era László Löwenstein (di origine ungherese): con il suo volto espressivo e lo sguardo sfuggente, rappresenta alla perfezione il prototipo del paranoico, del criminale, dell’essere abietto.
Della pellicola di Lang resta comunque impressa nella memoria della spettatore il processo finale e la conclusione aperta del film. Le parole di Beckert riportano all’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht e nel corso del suo svolgimento viene messa in discussione l’idea stessa di giustizia.
“Ma chi sei tu? Ma cosa dici tu? Chi sei tu che vuoi giudicarmi? E chi siete voi? Un branco di assassini, di malviventi. Ma chi credete di essere? […] Ma io, che posso fare? Che altro posso fare? Non ho forse questa maledizione in me? Questo fuoco, questa voce, questa pena?” (Hans Beckert, il mostro).
Note e curiosità
Il film “Metropolis” è considerato da molti critici, il capolavoro di Lang (la curiosità è che era anche il film preferito da Hitler). La versione originale (di oltre due ore) è andata perduta durante la Seconda guerra mondiale. Della pellicola esistono però diverse altre versioni che differiscono per la durata e il montaggio. A me piace ricordare che anni fa ho assistito in una sala cinematografica a una versione di 87 minuti a colori, con la colonna sonora rock a opera di Giorgio Moroder. Ho scoperto poi che Moroder non è stato l’unico a musicare il film (che è senza sonoro): lo hanno fatto anche Philip Glass e Jeff Mills.
A proposito della vita privata di Lang, riporto un fatto curioso. La prima moglie, dopo averlo sorpreso insieme con la Harbou (che poi sposerà), si suicida con un colpo di pistola al cuore. Sembra che la polizia abbia sospettato che il regista non avesse voluto soccorrere in tempo la moglie: da questo episodio, l’ossessione per gli orologi e i calendari, presenti in quasi tutti i film del regista tedesco.
A dispetto del titolo, la pellicola è stata girata a Staaken, Spandau, Berlino.
Il motivetto che fischietta “il mostro” è il tema del IV movimento della suite “Peer Gynt” op. 46 di Edvard Grieg. A fischiare il motivetto, in realtà, è lo stesso regista, poiché Peter Lorre non ne era capace.
La pellicola in Italia non ebbe il visto della censura né negli anni Trenta, né nel primo dopoguerra. È uscita nelle nostre sale solo nel 1960, con 29 anni di ritardo.
L S D
L’immagine è presa da Wikipedia
M – Il mostro di Düsseldorf
Regia: Fritz Lang
Sceneggiatura: Thea von Harbou, Fritz Lang
Fotografia: Fritz Arno Wagner
Montaggio: Paul Falkenberg
Interpreti: Peter Lorre, Inge Landgut, Ellen Widmann, Gustaf Gründgens, Friedrich Gnaß, Fritz Odemar