Ho rivisto “Lanterne rosse” di Zhang Yimou a quasi trent’anni dall’uscita (1991). Anche questa volta sono rimasto affascinato, non tanto dalla storia, quanto dall’ambientazione.
In una mia recensione non troppo lontana, dicevo che era necessario seguire le tracce di Clio per comprendere “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica e l’Italia del dopoguerra. Con Zhang, mi sembra invece di ripercorrere il Milione di Marco Polo, quasi come se con la fantasia mi figurassi lontani orienti esotici. Perché, se è sicuro che da spettatore scorrono davanti ai miei occhi delle immagini, è altrettanto vero che la fantasia oltrepassa la realtà (seppure fittizia del cinema) e mi conduce per mano verso luoghi “sconosciuti”.
Questa premessa è per dire che la maestria del regista cinese risiede proprio nella ricostruzione di un piccolo mondo, delle sue strane architetture, dei suoi usi e costumi.
La storia di Songlian, che per motivi economici deve accettare di diventare la quarta moglie di un ricco cinese (di cui non ci viene detto nulla e che non appare quasi mai nel film), si presta bene per raccontare di un periodo lontano (siamo negli anni Venti del secolo scorso), ma serve anche a Zhang per criticare la società in cui vive e lavora.
All’interno del grande palazzo ogni cosa è falsa; la vita che si conduce è vuota e la protagonista più volte si lamenta di trovarsi tra persone e oggetti che non hanno un’anima.
…Bene o male, tutto è rappresentazione. Se reciti bene, inganni gli altri; se reciti male, inganni te stessa. Se non sai ingannare neppure te stessa, non ti restano che i fantasmi…
Con la sua opera Zhang probabilmente aveva in animo di mettere in dubbio l’evoluzione della Cina all’inizio degli anni Novanta. Infatti “Lanterne rosse” fu proibito in patria, dove uscì soltanto alcuni anni dopo. Nella storia di un padre padrone, di donne che non hanno alcun diritto e di una società, sotto certi aspetti, ancora feudale, non è difficile leggere un giudizio negativo rispetto a tanti problemi che non gli sembravano ancora risolti.
Ma, al di là delle analisi sociologiche o esistenziali, questa pellicola è un capolavoro dal punto di vista formale. Zhang Yimou dimostra di essere un esperto d’arte e di fotografia (prima di diventare regista era stato direttore della fotografia), utilizzando per le sue riprese tinte pastello con soluzioni cromatiche sempre suggestive: a tratti il film sembra quasi in bianco e nero.
Tutte le inquadrature presentano un’estrema pulizia: la composizione delle immagini riflette una precisa simmetria e domina il rigore tanto nei primi piani che nei piani sequenza. Straordinarie, infine, le scenografie e i costumi.
Nonostante la difficoltà per noi occidentali ad apprezzare un’opera così complessa e così lontana dalla nostra cultura, il film conquistò il “Leone d’argento” a Venezia e fece conoscere Zhang in Europa e in America. Anzi, aggiungo che “Lanterne rosse” – non proprio un film per le masse – in Italia risultò essere il quarto incasso al botteghino nella stagione 1991/92.
Dopo varie esperienze registiche anche in campo operistico (famosa una sua “Turandot” di Puccini a Firenze nel 1998), Zhang Yimou nel 2007 ha presieduto la giuria del Festival di Venezia e, nel 2008, ha diretto la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Pechino.
Note e curiosità
Nel film c’è la tradizione di accendere le lanterne rosse davanti alla casa della moglie prescelta dal padrone per la notte. Questa è una pura invenzione del regista e degli sceneggiatori, visto che l’usanza non appartiene alla cultura cinese e non compare neppure nel libro (“Mogli e concubine” di Su Tong) da cui la pellicola è tratta.
La casa ove la storia è ambientata esiste ancora. Casa Qiao fu costruita circa duecento anni fa ed è stata più volte rimodernata. All’interno si contano trecentotredici stanze, con sei cortili maggiori e diciannove minori. La piccola fortezza è cinta da un muro in mattoni alto dieci metri ed è visitata ogni giorno da molti turisti che accorrono per ammirare il piccolo cortile e le stanze della quarta moglie, ancora arredate come nel film.
La splendida protagonista di “Lanterne rosse” è Gong Li. Quando gira la pellicola ha 26 anni, pochi più del suo personaggio (Songlian). Aveva esordito nel 1987 con “Sorgo rosso”, sempre di Zhang Yimou. La loro relazione artistica, proseguita con altri titoli, era anche una relazione sentimentale, scandalosa, perché il regista era sposato.
L S D
Lanterne rosse
- Regia: Zhang Yimou
- Interpreti: Gong Li, Caifei He, Cuiferi Cao, Lin Kong, Jingwu Ma, Qi Zhao, Jin Shuyuan