“If you dream it, you can do it” (“Se puoi sognarlo, puoi farlo”: Walt Disney)
Questa è la storia di una scommessa. Ma, a pensarci bene, tutte le volte che qualche geniaccio ha voluto superare i suoi tempi, si è sempre avventurato in rischiose scommesse. E rischiose non solo da un punto di vista economico, ma, spesso, sociale, culturale o personale. Dunque, siamo nel 1940 (giusto ottanta anni fa) e Walt Disney è il visionario in questione.
Decide di realizzare un film in cui sequenze animate accompagnino celebri opere musicali. Ottenuti i diritti per la musica nel 1937, pensa di utilizzare un noto direttore d’orchestra per la registrazione dei brani. L’incontro fortunato è quello con Leopold Stokowski (direttore dell’orchestra di Filadelfia) che, subito entusiasta dell’idea, si offre di collaborare al progetto.

A questo punto parte la “scommessa”. In primo luogo, perché l’opera è davvero titanica dal punto di vista tecnico, e poi, perché siamo nel 1940 ed è scoppiata la Seconda guerra mondiale. La conseguenza più grossa legata alla guerra è che il film non può conoscere altri mercati se non quello statunitense: probabilmente, se l’anno successivo, Disney non avesse sfornato un grande successo (“Dumbo – L’elefante volante”), gli introiti di “Fantasia” non avrebbero coperto le spese.
Sette opere musicali
Il film è composto da sette segmenti musicali eseguiti dall’orchestra di Filadelfia diretta da Stokowski, mentre il critico musicale e compositore Deems Taylor introduce brevemente ciascuno dei brani.
“Come state? Mi chiamo Deems Taylor ed è con enorme piacere che sono qui a darvi il benvenuto a nome di Walt Disney, Leopold Stokowski e tutti i musicisti e gli artisti il cui talento ha portato alla creazione di questa nuova forma di intrattenimento”.
Le opere musicali scelte sono: “La toccata e fuga in Re minore” di Johann Sebastian Bach; “Lo schiaccianoci” di Pëtr Il’ič Čajkovskij; “La sagra della primavera” di Igor’ Fëdorovič Stravinskij; “L’entrée des petits faunes” di Gabriel Pierné; “La danza delle ore” di Amilcare Ponchielli; “Una notte sul Monte Calvo” di Modest Petrovič Musorgskij e “L’ave Maria” di Franz Schubert.
A queste si accompagna “L’apprendista stregone”, basato su una novella di Wolfgang Goethe e musicata da Paul Dukas [vedi Nota]. Per la realizzazione di “Fantasia” vennero utilizzati più di mille fra artisti e tecnici.
I segmenti vennero colorati scena per scena, in modo tale che i colori di una ripresa si armonizzassero con i precedenti e i successivi. Ci fu anche uno speciale staff che scolpì modelli tridimensionali in argilla perché gli animatori potessero osservare il modello da ogni angolazione. Per la prima volta, inoltre, furono impiegate speciali cineprese che dessero profondità al disegno.
Il Fantasound
Ma la vera novità del progetto riguarda il suono. Disney non era contento dell’audio diffuso nei cinema e spese tempo e denaro per creare un complesso sistema di registrazione (il “Fantasound”) che desse l’illusione di una vera orchestra sinfonica che stesse suonando. Questo permise a “Fantasia” di essere il primo film commerciale riprodotto in stereofonia.
Il problema fu che non esistevano sale cinematografiche adatte per quel sistema e Walt dovette occuparsi di predisporre in ogni cinema gli strumenti necessari, sobbarcandosi di volta in volta i costi. Finalmente, il 13 novembre 1940, il film debuttò nelle sale, precisamente al Broadway Theatre di New York.
Nel linguaggio c’è una figura retorica (la sinestesia) che mette insieme due sensazioni appartenenti ad ambiti sensoriali diversi: “Fantasia” può a buon diritto essere considerata un’opera sinestetica, poiché unisce quello che è astratto e uditivo con delle immagini visive.
Detto per inciso, all’alba del XX secolo, la sinestesia era un tema dibattuto sia nei circoli scientifici che negli ambienti dell’Avanguardia: posso ricordare almeno Vasilij Kandinskij e alcuni suoi lavori, tra cui un frame di “Fantasia”.
Infine, inutile aggiungere che, dopo critiche negative (“Disney ha fatto il passo più lungo della gamba”) e dopo un quasi flop al botteghino, col tempo (e con la possibilità di esportare il film in Europa e nel mondo), “Fantasia” è ormai considerato una pietra miliare nella storia della Settima Arte e anche i suoi incassi sono saliti alle stelle.
Note e curiosità
Su Walt Disney si potrebbe parlare per giorni e giorni. Lascio per un’altra occasione quanto ha fatto nel campo dei fumetti e dell’animazione. Mi riferisco solo al cinema e aggiungo che “Fantasia” è il suo terzo lungometraggio dopo “Biancaneve e i sette nani” (1937) e “Pinocchio” (1940) e che una delle scommesse vincenti fu anche quella di lasciare per il momento i grandi “classici” per famiglia e intraprendere una nuova strada.
A proposito di questa “nuova strada”, oltre commenti negativi o curiosi (“È un musical per capelloni”, vent’anni prima della cultura hippie!), voglio ricordare che diversi genitori scrissero a Walt per lamentarsi delle immagini nell’episodio “Una notte sul Monte Calvo” che, secondo loro, spaventavano troppo i figli. Anche lo stregone de “L’apprendista stregone” somigliava troppo a Disney e portava il nome di Yen Sid (cioè Disney letto al contrario).
“Fantasia”, grazie alla casa di produzione Disney, ha avuto un seguito con “Fantasia 2000” e molte sono anche le citazioni o gli omaggi all’originale. Tra questi voglio ricordare il divertente “Allegro ma non troppo” di Bruno Bozzetto (1976).
In chiusura, la lunga genesi che ha portato alla realizzazione di questo film. Occorre tornare indietro di molti anni: dal 1929 al 1939 Disney aveva esplorato le possibilità del cinema di animazione con le sue “Silly Simphonies” (75 cortometraggi).
A questo va aggiunto che alla fine degli anni Trenta la popolarità di Topolino era in declino, per cui pensò di renderlo protagonista di un cortometraggio tratto da “L’apprendista stregone”. Dopo averne parlato con Stokowski , si decise di far rientrare l’episodio di Mickey Mouse in un progetto più ampio e da qui partì l’idea di “Fantasia”.
L S D
L’immagine è presa da Wikipedia