Oggi parlerà di Emilia Pérez di Jacques Audiard (del 2024, distribuito in Italia dal 2025). E poi non venitemi a dire che recensisco solo film vecchiotti…
Avevo l’intenzione di parlare di Audiard e pensavo di scegliere Il profeta. Poi mi è successo di vedere questo sua ultima fatica e, anche se non credo sia un capolavoro, secondo me si presta a molte riflessioni.
Sorprendente. L’aggettivo che mi viene alla mente quando penso a Emilia Pérez è questo. D’altra parte, io sono sempre stato attratto dalle pellicole che cercano di proporre qualcosa di nuovo, anche a costo di risultare magari imperfette.
Tornando al lontano 2017, una delle mie prime recensioni era dedicata a Romeo + Giulietta, discutibile sotto molti punti di vista, ma sicuramente nuovo rispetto al panorama circolante. Anzi, anche per il lavoro di Audiard potrei riprendere quanto scrivevo allora: “Un film che spacca. Spacca a metà la critica e il pubblico”.

L’aspetto più rilevante di questa pellicola è appunto che lo spettatore viene spiazzato: man mano che vai avanti nella visione, non sai cosa ti aspetta e ignori l’evoluzione della storia.
Senza considerare il modo in cui il racconto viene presentato. Come ho già scritto diverse volte, non amo etichettare le pellicole in base al genere, ma qui in modo particolare si potrebbero spendere tante parole a vanvera: un musical, un thriller, una commedia, o chissà che altro?
Intanto, comincio col dire che il film è stato concepito da Audiard durante la pandemia come un’opera lirica in quattro atti: a sua volta il regista aveva tratto la stesura dal romanzo Écoute di Boris Razon. La sceneggiatura è opera di Audiard, Thomas Bidegain, Léa Mysius e Nicholas Livecchi.
La location, per questione di budget, è cambiata e, anziché il Messico (solo per pochi giorni), le riprese si sono svolte in un teatro di posa nei pressi di Parigi.
Trattandosi (anche) di un musical, fondamentale risulta l’apporto di Damien Jalet, coreografo e di Clément Ducol, autore della colonna sonora. I brani del film sono stati composti dalla cantante Camille; i testi sono di Ducol, Camille e di Audiard.
“Questa non è una fuga, è una rinascita.” (Emilia)
Cerco allora di spiegare come mai Emilia Pérez sia così divisivo. A parte il fatto che mescola continuamente i generi e lo svolgimento della storia (e questo per me è un pregio), i detrattori si sono accaniti su altri aspetti.
Introdurre problemi molto seri, senza poi andare a fondo nell’analisi è l’accusa principale. Secondo molti critici, il regista francese strizza l’occhio un po’ al pubblico, un po’ alle élites culturali, ma resta sempre a un livello superficiale. Come succede, ad esempio, con l’immagine stereotipata del Messico: c’è un uso sbagliato della lingua spagnola, un’eccessiva banalizzazione della violenza dei cartelli della droga e nel cast, una sola attrice di origine messicana. Il tema poi dei desaparecidos, che ha riguardato più di 120 mila vittime, viene affrontato con un approccio semplicistico, irrispettoso verso le famiglie che ancora oggi cercano tracce dei propri cari scomparsi.
Quando è stato chiesto a Jacques Audiard quanto avesse approfondito la realtà del Paese nord americano, il regista ha risposto con disarmante semplicità: «Non ho studiato molto, quello che dovevo capire già lo conoscevo un po’». Inutile aggiungere che in Messico il film è stato oggetto di forti critiche negative. E lo stesso discorso vale, ma in modo più grave, per il problema dei trans.
Non sono certo un esperto di LGBTQ+, ma molti membri di questa comunità hanno espresso pareri estremamente negativi per come viene rappresentato il mondo transgender. La sintesi è che non basta trattare un tema per ergersi a bandiera: in questo modo non si porta avanti il concetto di inclusività.
Qualche altra curiosità, nelle note.
“Se il corpo cambia, cambia la cultura e se cambia la cultura, cambia la società.” (Rita)
Comunque, al di là delle critiche che in gran parte condivido, resta indubbiamente il fatto che Audiard sia riuscito a intercettare l’aria dei tempi e a proporre al grande pubblico spunti di riflessione nuovi e stimolanti.
A proposito di Audiard, ricordo che è nato a Parigi nel 1952 e in Francia sia come sceneggiatore che come regista ha vinto numerosi premi: solo a Cannes, Palma d’oro per Dheepan – Una nuova vita (2015); Grand Prix speciale della giuria per Il profeta (2009) e premio della giuria per Emilia Pérez.
Figlio di un famoso sceneggiatore (Michel), sarebbe diventato insegnante, se – durante l’università – non avesse scoperto la passione per il cinema. Lavora come assistente di Roman Polanski e poi come montatore. Il suo debutto come regista è del 1984, con il noir Regarde les hommes tomber. Ricordo poi, oltre ai già citati, almeno Sulle mie labbra (2001) e Un sapore di ruggine e di ossa (2012).
“Se vivessimo attraverso gli occhi e i giudizi delle persone, saremmo già morti interiormente, sorretti da una banale quanto dignitosa carcassa che a fatica governerebbe i nostri movimenti.” (Jacques Audiard)
La sua tematica è tutta nel rapporto tra anima e corpo: l’oppressione viene avvertita prima nel fisico e poi nella mente e i personaggi delle sue storie sono spesso vittime di handicap o straniamenti psichici, in cerca di una possibilità che li possa riammettere alla vita.
“Il cinema, molto presto, ha provato che era meglio nascondere che mostrare.” (Jacques Audiard)
Note e osservazioni
Mi resta poco spazio e quindi mi limito a un paio di considerazioni. Tornando al discorso sul gender, Karla Sofía Gascón (prima attrice transgender a essere nominata per l’Oscar) ha pubblicato su X una serie di tweet quanto meno discutibili e razzisti. “L’islam è un’infezione per l’umanità; le migrazioni in Spagna sono un’invasione pianificata. George Floyd, ucciso dalla polizia americana era un truffatore tossicodipendente”.
Chiudo allora con una nota di speranza. In un famoso brano dei REM, tratto dall’album Collapse into Now, ricorre la frase “Hey now, don’t forget that the change will save you” (Ora, dai, non dimenticare che il cambiamento ti salverà): per quanto possa sembrare banale, è perfetta per Emilia Pérez.
L S D
Emilia Pérez
- Regia: Jacques Audiard
- Soggetto: dal romanzo “Écoute” di Boris Razon
- Sceneggiatura: Jacques Audiard, con la collaborazione di Thomas Bidegain
- Interpreti: Karla Sofía Gascón, Zoe Saldana, Selena Gomez, Édgar Ramírez, Adriana Paz, Mark Ivanir