L’editore Crocetti ha da poco mandato in libreria il romanzo Contadini e signori di Theodor Kallifatides, scrittore greco purtroppo ancora poco noto in Italia. Nato a Molaoi – a pochi chilometri dalla Monemvasìa di Ritsos – nel 1938, dunque una generazione dopo quella del poeta, emigrò in Svezia nel 1964, dedicandosi alla letteratura e alla traduzione, in entrambe le direzioni (tra gli altri autori ha tradotto anche lo stesso Ritsos).
Contadini e signori, tradotto dallo svedese da Andrea Berardini, fu pubblicato nel 1973. È il primo titolo di una trilogia composta nel corso di quel decennio, insieme ai successivi L’aratro e la spada (1975) e Una pace crudele (1977).
Che il libro sia ancorato a quell’epoca lo rivelano alcuni “fossili” come il riferimento iniziale all’«attuale dittatura» – quella dei Colonnelli che sarebbe finita con il ripristino della democrazia nell’anno seguente – e quello, a due terzi del libro, all’esilio sovietico di alcuni capi della resistenza.

Il romanzo è la versione personale – «la mia versione della realtà» come scrive l’autore nella breve prefazione – di anni drammatici della storia greca, i primi della Seconda guerra mondiale, vissuti in un paesino della Laconia che è metonimia e metafora dell’intera Grecia (e a ben guardare, non solo).
Ialos, con i suoi tre bar in cui si dividono gli abitanti (gli uomini, s’intende), è la rappresentazione della società greca di allora, una versione in miniatura, un teatrino in cui i personaggi recitano – anzi, vivono – la parte a loro assegnata. Il lettore entra subito in confidenza con ciascuno di loro, grazie all’abilità di Kallifatides di rappresentare una personalità in poche righe.
E gli basta mezza pagina per creare un racconto. Come, per esempio, la 124 in cui ci presenta il matto del paese che fornisce carta da giornale ai clienti della latrina pubblica, leggendo qualche brano dalle pagine sportive a chi non è in grado di farlo da sé, anche se lui stesso è analfabeta! Ma Lalos non è il più strano dei personaggi che vivono – e muoiono – in queste pagine che si leggono con grande piacere.
Il microcosmo di Ialos ci diventa subito familiare, anche perché un po’ ricorda i paesi siciliani immortalati da Sciascia e Camilleri. C’è il prete alcolizzato e donnaiolo, con il cantore di destra e quello di sinistra, diversi tra loro quanto più non potrebbero. Mousouris è il contadino più facoltoso ma, come Giobbe, vedrà andare in fumo tutta la sua ricchezza.
C’è zio Stelios che fa da interprete per gli occupanti tedeschi a modo suo. E poi il lustrascarpe Poulos; Kolonis, l’emigrante più in vista, tornato a Ialos dopo essere stato un campione di lotta negli Stati Uniti; il maestro di scuola e David Kalin, l’unico ebreo, con i suoi tre figli, tra cui Reveka; la bella Karina contesa dal fabbro e dal macellaio; lo stagnaio e la sua seconda moglie; Babis il “testone”; Maria, lontana discendente di Niobe, che sfida la morte codarda; il pasticciere accusato di essere omosessuale e i suoi figli che finiranno nella fortezza di Palamidi a Nauplia, dove scopriranno che la brutalità può avere una funzione positiva…
«Gli ialiti erano riusciti nella straordinaria impresa di coltivare al contempo l’individualismo e il conformismo: ogni uomo era un mondo a sé, ma tutti i mondi erano identici, e guai a chi non ambiva a essere o effettivamente non era uguale agli altri.»
Per quanto riguarda i tedeschi, invece, soltanto il caporale Josef “il cane” ha (quasi) la statura di personaggio. E l’unica occasione in cui occupanti e occupati in qualche modo familiarizzano è il pranzo di Natale, una sorta di baccanale che degenererà in ulteriori violenze…
Ialos, come altri paesi, ha una struttura rampicante e la sua società è rigidamente divisa tra i ricchi che stanno in alto e i poveri che stanno in basso. Sono però tenuti insieme dalla passione per il pettegolezzo e dall’ossessione per il sesso, molto più parlato che praticato peraltro, tra catalogazioni degli organi maschili (principe ereditario o gamba di legno è la categoria più ambita) e femminili, senza trascurare i finocchi di Patrasso e i dolcetti loukoumi, per non parlare dell’apertura del bordello con l’arrivo di alcune prostitute…
Del resto, «per quanto un villaggio sia piccolo, per continuare a essere chiamato tale deve poter vantare uno scemo, un santo e una puttana». E a Ialos il santo non mancava.
Invidie e gelosie, amori appassionati (magari tra i rami del castagno che fa da palestra erotica per i giovani) e odi altrettanto intensi segnvaano la vita della comunità già prima dell’occupazione tedesca, a cui gli ialiti si adeguano tra compromessi, accettazione e, per qualcuno almeno, una qualche forma di resistenza.
Contadini e signori ci racconta il travaglio della società greca alle prese con il fascismo, d’importazione e casalingo, la cui definizione da parte di Kallifatides è ancora validissima a distanza di cinquant’anni: «doppia morale, finto coraggio, patriottismo, disprezzo per i deboli, paranoie sessuali e fede nell’autorità».
Kallifatides non fa sconti: né ai greci, né ai tedeschi (e nemmeno a Churchill). Mette a nudo le false promesse dei politici (a proposito di ponti…), la crudeltà dei bambini, la miopia degli intellettuali marxisti, il cancro della guerra civile e l’infamia dei battaglioni di sicurezza, la velocità con cui si perde la memoria e gli orrori del passato vengono obliati, la creazione di nuovi miti da parte dei partigiani, il fastidio per le “vedove rosse” dopo l’iniziale solidarietà…
A tutto questo materiale ancora incandescente (ribadiamo: nel 1973; ma non lo è forse anche oggi?), Kallifatides mette mano solo dopo essere riuscito a superare due sentimenti altrettanto sciocchi, confessa nella prefazione: l’orgoglio e la vergogna di essere greco.
E quando – siamo a pagina 79 – parla degli emigrati, comprendiamo che racconta anche di sé: «La nostalgia gli affondava nel midollo, perché non era nostalgia, ma una ferita che bruciava se stessa insieme a chi la portava».
Anche dalla lontana Svezia Kallifatides deve aver continuato a riflettere, nei decenni, sulla società greca e a domandarsi quale sia il «baricentro dello spirito greco»: la morte, l’amore o l’amicizia? Fatevi la vostra opinione leggendo Contadini e signori. In attesa degli altri due capitoli della trilogia che, speriamo, Crocetti vorrà pubblicare prossimamente.
Saul Stucchi
Theodor Kallifatides
Contadini e signori
Traduzione di Andrea Berardini
Crocetti
Collana Mediterranea
2025, 272 pagine
18 €