“L’ALIBI della domenica” è dedicato ad “Amleto, una questione privata”: che spettacolo!
Ho visto numerosi allestimenti del Macbeth, del Giulio Cesare e del Riccardo III di Shakespeare (potete trovarne le recensioni qui su ALIBI). Pochi, invece, quelli dell’Amleto. La ragione non può essere il puro caso, perché non esiste. Forse, più semplicemente, Amleto mette soggezione. Fossi un regista teatrale, mi tremerebbero i polsi a maneggiare il classico dei classici, l’opera che, insieme all’Edipo re di Sofocle, sta alla base del teatro occidentale.
Ma se anche ne avessi visti molti di più, sono sicuro che questo “Amleto, una questione personale” mi avrebbe fatto lo stesso effetto che mi ha procurato venerdì sera al Festival Il Giardino delle Esperidi a Campsirago: quello di una rivelazione. Mi ha lasciato il segno e sono sicuro che me lo ricorderò, anche quando altre decine di spettacoli andranno a sovrapporglisi, richiedendo spazio alla mia memoria. Sarà difficile che l’otterranno a spese di questo allestimento.

Tanto per cominciare è un Amleto “itinerante”. Lo apre un prologo nel piccolo teatro all’aperto con vista sulla Brianza e, ancora più in là, su Milano. Al centro del palcoscenico una gabbia di ferro; sullo sfondo due altissimi troni “alla Giacometti”. “La Danimarca è una galera”, esordisce Amleto (uno straordinario Sebastiano Sicurezza che da ora in poi sarà il “mio” Amleto, insieme al catalano Pol López, ammirato da remoto nello spettacolo “Hamlet” del Teatre Lliure di Barcellona, diretto da Pau Carrió).
Elsinore, Brianza
Il vecchio re è morto da poco ma alla corte si festeggia l’unione della regina con l’ex cognato. Lo si fa al ritmo di musica da club pompata dagli altoparlanti. Il baccano infernale non spegne però le domande del principe. Tutt’altro. Le riversa invece sugli spettatori: “Chi sei quando nessuno ti guarda? Qual è il tuo dubbio? Guardati dentro: hai fatto la tua scelta?”. Fino all’invito: “Andiamo a dubitare”.
Ecco che il pubblico viene diviso in tre gruppi (non vi dirò in base a quali criteri!) per seguire altrettante guide. Compiranno tre percorsi distinti con alcune tappe in comune. La tragedia di Elsinore viene sezionata e ricomposta secondo una ricetta alchimistica originale: all’Amleto di Shakespeare si intrecciano i testi dei partecipanti al laboratorio di alta formazione di teatro nel paesaggio. La versatile regia di Anna Fascendini, Michele Losi e Giulietta De Bernardi (“non ce l’ho fatta a rimanere fuori: recito anch’io!” mi ha detto con un largo sorriso un’ora prima dello spettacolo, quando mi è stata presentata) tiene insieme con sapienza e misura questo materiale.

Ci si inoltra nel bosco in fila indiana, con le cuffie sulle orecchie per ascoltare brani, commenti, riflessioni. Poi, all’indicazione della guida, ci si ferma in quelle che possono essere considerate stazioni della via crucis di Amleto. Qui si incontrano visioni e fantasmi. Ciascuno di essi è un quadro, un mini-spettacolo a sé, quasi autonomo. Non posso dire quale mi sia piaciuto di più tra quelli a cui ho assistito lungo il mio cammino, dall’angosciata e angosciante Gertrude (“Sorridi, Amleto!”) al buffone di Danimarca Yorick che appare come una creatura di Bosch. La sua televendita è irresistibile, ma poi t’inchioda con la domanda: “E tu, dov’eri quand’ero solo?”.
Profumo di morte
Ma la scena che più di tutte mi ha commosso è stata il seppellimento di Ofelia. Preannunciato – e bilanciato emotivamente – dallo spassoso sketch dei due becchini (“Quizzino, quizzetto: chi verrà sepolto nel campetto?”), la processione con il cadavere dell’infelice tocca il cuore. È vero: “c’è profumo di morte” mentre sul Colle Brianza il sole si infila tra i rami degli alberi e una nenia in spagnolo si perde per la valle.

Mentre faccio attenzione a dove metto i piedi per non inciampare nelle radici e scosto i rami con le mani, rifletto che sto assistendo a quello che uno spettacolo teatrale dovrebbe essere sempre, ma raramente è: un rito collettivo. E ho la sensazione che tutto quanto mi circonda faccia parte dello spettacolo, come le bambine che salutano gli spettatori al ritorno verso il parcheggio, o i clienti del bar. Ma anche la signora – visibilmente scocciata – che si ferma con i suoi levrieri per far passare la fila di noi spettatori.
Mi sto appuntando questa nota su un foglietto, quando mi sorpassa Amleto, con la testa bassa, concentrato, perso nei suoi pensieri più che nel bosco. Anticipando di secoli Thoreau, il principe di Brianza (pardon: di Danimarca) potrebbe dire: “Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto”.
Sulle note di Arvo Pärt (se non erro) gli spettatori chiudono l’anello del percorso tornando ad Elsinore. Hanno trovato risposte alle domande di Amleto? Senza dubbio, è il caso di dire, hanno apprezzato “Amleto, una questione personale”. Lo dimostrano i calorosi applausi con cui hanno salutato gli interpreti.
Saul Stucchi
Foto di Alvise Crovato
Amleto, una questione personale
testi dei partecipanti al laboratorio di alta formazione di teatro nel paesaggio e dall’Amleto di Shakespeareregia: Anna Fascendini, Giulietta de Bernardi, Michele Losi
con: Anna Fascendini Barbara Mattavelli, Benedetta Brambilla, Giulietta de Bernardi, Liliana Benini, Marialice Tagliavini, Michele Losi, Sara Milani, Sebastiano Sicurezza, Sofia Bolognini, Stefania Ventura, Stefano Pirovano
costumi: Stefania Coretti
musiche: Diego Dioguardi, Luca Maria Baldini
dramaturg: Sofia Bolognini
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Campsirago Residenzavia San Bernardo 2, Colle Brianza (LC)
Quando
25, 26 e 27 giugno 2021Orari e prezzi
Orari: ore 19.00Durata: 100 minuti
Biglietti: intero ?; ridotto ?